Salgo
senza fretta le larghe scale di marmo bianco fino al primo piano, dopo aver
salutato il portiere che mi ha lanciato anche oggi una smorfia sorridente dalla
sua postazione, proprio come fa di solito; quindi, cerco rapidamente, tra le
tante cose che tengo dentro alla mia borsa tracolla, la chiave del portone
massiccio dell’appartamento dove abito, e poi entro in casa.
<<Ciao>>, dico dopo un attimo alla mamma che sta parlando
pacatamente con la cameriera, così lei mi guarda velocemente, capisce al volo
dalla mia espressione che qualcosa non sta andando come al solito, e mentre mi
dirigo verso la mia camera per appoggiare le cose che ho con me, mi raggiunge,
giusto dopo qualche attimo. <<Tutto a posto?>>, mi fa, tanto per
vedere che cosa intendo risponderle. <<Non proprio>>, dico io
appoggiando la mia borsa sul piano dello scrittoio. <<Ci sono delle
persone che certe volte riescono a sorprendermi, anche se spesso credo di
sapere ormai abbastanza bene quali siano i loro comportamenti abituali>>.
Lei mi guarda con curiosità nell’attesa che mi spieghi meglio, ed io aggiungo
soltanto che mi delude sempre riscontrare in qualcuno, tra le persone che
frequento, dei comportamenti ostili a qualcun altro, chiunque esso sia. La
mamma non insiste a chiedermi di più, ed io mi siedo mostrando di non avere voglia
al momento di dare ulteriori spiegazioni. Più tardi però la raggiungo nel
soggiorno, e mi sistemo in una delle comode poltrone davanti alla larga vetrata
luminosa, mentre lei finge di non notare la mia presenza e prosegue con impegno
a leggere qualcosa di un volume che sostiene aperto ed appoggiato sulle gambe,
sottolineando qua e là qualche riga con un lapis che stringe tra le mani.
<<Non riesco proprio a comprendere come, tra due fratelli, sia andata
maturando poco per volta un’ostilità che persino a loro stessi a questo punto
deve apparire per forza senza senso, ma che adesso non riescono più
assolutamente neanche a gestire, tanto da trovare degli aspri contrasti oramai
per qualsiasi cosa, divergendo persino per delle sciocchezze su cui normalmente
forse potrebbero persino essere sostanzialmente d’accordo. Immagino che forse
tutto sia dato dal fatto di dover abitare insieme, e dividere così la stessa
stanza, e i pochi spazi a loro disposizione, oppure per un sentimento di
avversione naturale trasmesso ai due direttamente dai propri genitori, e che
quindi si può dire abbiano covato da sempre dentro loro stessi, anche se la mia
è soltanto una supposizione>>.
Mia mamma mi
osserva adesso, senza però decidersi a manifestare se sia il caso di
impicciarsi o meno delle mie amicizie, anche se con la sua proverbiale capacità
intuitiva, credo già abbia facilmente compreso che io stia parlando di Federico
e di suo fratello. Difatti dice: <<Tu, Cristina, purtroppo hai fiducia di
riuscire molto spesso ad avere una decisa influenza positiva su certe
questioni, e soprattutto su certe persone a cui dimostri indubbiamente di voler
bene davvero, nonostante certe volte le cose sembrano andare avanti in una
maniera differente da come tu le avresti desiderate>>. Annuisco, non è
esattamente di questo che desideravo parlare con lei adesso, però sono
consapevole che probabilmente mia mamma ha piena ragione, tanto che riconosco
quanto in questo modo le mie aspettative molte volte restino del tutto deluse.
Non la guardo, e probabilmente mostro un’espressione seria, anche se quasi
distante, affine al mio sguardo, così perso nel cercare dentro di me e forse
sulla fila di alberi fuori dai vetri dell’appartamento, delle parole capaci di
spiegare qualcosa in più. <<Hai ragione>>, dico dopo un po';
<<ci tengo a questo ragazzo, quando sta con me è piacevole, gentile,
addirittura premuroso, ma con lui è impossibile parlare di suo fratello e di
tutto ciò che lo riguarda, a costo di peggiorare le cose tra di loro,
riattivando in un attimo il suo spirito avverso.>>. Mia mamma sbuffa
leggermente, chiude il libro conservando le sue dita tra le pagine, poi si
alza, mostrando una certa insofferenza nel digerire certe persone che non le
piacciono troppo, anche se in questo caso non conosce affatto Federico o suo
fratello, e quindi non può avere una reale opinione su di loro, se non data da
ciò che le racconto io.
<<Il fatto
è che ogni argomento in Federico diviene così uno stratagemma per sottolineare
e dimostrare queste grandi differenze, anche se tutto quanto invece appare
addirittura ridicolo, tanto le sue parole si dimostrano semplicemente simili a
quelle di suo fratello, anche se usate in modo da apparire
contrastanti>>. Poi mi alzo, getto uno sguardo fuori, e infine torno
verso la mia stanza. Improvvisamente provo imbarazzo: non so cosa pensare, non
so cosa decidere. Se in un primo tempo mi pareva insolubile il divario che
provavo nei confronti degli atteggiamenti di Federico, adesso, forse soltanto
perché lui non è qui con me, ne provo pena, tenerezza, voglia di spiegare
sottovoce direttamente alle sue orecchie quello che, secondo me, non va nei
suoi comportamenti. Mi piace, penso ancora, non posso fingere qualcosa di
diverso, anche se per nessun motivo al mondo vorrei essere mescolata ai suoi
problemi esistenziali.
Bruno Magnolfi
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