Il
cameriere del caffè nel quale, forse solo per abitudine, mi reco ultimamente
piuttosto spesso soprattutto per scambiare le solite due chiacchiere con lui
mentre sta dietro al suo bancone, oggi mi ha detto ridendo, in mezzo a tante
altre affermazioni, che io in fondo dico sempre un po' le stesse cose. Ho
sorriso senza ribattere, ma poi ho iniziato a riflettere meglio su queste
parole. Potrebbe avere pienamente ragione, il cameriere, perché senza neppure
rendermene conto potrei essermi fissato su alcune cose che proseguono
incessantemente a girarmi dentro la testa, quasi annullando tutto il resto.
Sono uscito dal locale con la netta sensazione di dover cambiare tutto
nell'impostazione dei miei pensieri. Ho anche meditato sul fatto che compiendo
sempre gli stessi gesti, percorrendo i medesimi itinerari, rispettando i soliti
orari durante la giornata, non posso certo pretendere che certi stimoli a
cambiare modo di riflettere siano per me del tutto a portata di mano. Così,
mentre tornavo verso casa, ho iniziato a cercare intorno a me qualcosa di
diverso dal solito, almeno un’idea, oppure un’opinione, un ragionamento
qualsiasi, insomma qualcosa che riuscisse a farmi fare una deviazione dai miei
soliti passi cadenzati. Poi sono giunto di fronte al condominio dove abito, e
sono stato attratto da altre cose.
Non
c’è niente di male, credo, nel trascinare in avanti le mie giornate così come
faccio: sono una persona sola, che abita da solo e che svolge un tipo di
mestiere in cui mi trovo quasi sempre senza alcuna compagnia. Certe volte mi
prende la voglia di lasciare tutto e andarmene in qualche lontano paese dove la
vita costa poco, e con qualche lavoretto si riesce bene o male a tirare avanti,
immerso in un ambiente completamente nuovo dove poter ricominciare tutto
daccapo. La fuga ha sempre avuto per me un fascino e un’attrazione forti, e
magari non essere mai stato capace di metterla in atto mi fa sentire un pavido,
quasi un incapace. Mentre metto il primo piede sulla scala per raggiungere il
mio appartamento, avverto alcuni piccoli rumori dietro di me, ed anche se non
mi volto so che c’è qualcuno alle mie spalle. Infine, rapidamente mi giro,
guardo dappertutto, ma purtroppo sono solo, forse è stata soltanto
un’impressione quella che ho avuto, nient’altro. Anche quando salivo la rampa
di scale della scuola elementare ricordo che certe volte mi sentivo solo, anche
se attorno a me c’erano tanti altri compagni che parlavano e ridevano.
<<Paolo>>, dicevo a me stesso in quei casi; <<la tua presenza
sarà sempre sufficiente, non hai bisogno di nessuno per mostrare chi sei e che
cosa vali>>.
In
cima alla rampa delle scale adesso quel ragazzo sta fermo, e poi mi guarda,
attende che io lo raggiunga, e magari che gli chieda qualcosa di personale.
Cerco nella tasca la chiave per aprire la porta del mio appartamento, e intanto
lo ignoro, questo ragazzetto privo di qualsiasi capacità relazionale, uno che
neppure ti saluta se ti incontra per caso o per sbaglio, che non ti racconta mai
niente di sé, che non ti chiede un consiglio, che non ha mai niente da dire di
essenziale. Entro in casa e lui mi segue, tolgo la giacca, mi verso un
bicchiere pieno d’acqua e poi mi siedo. <<È la monotonia il vero cruccio
di tutto questo tempo>>, dico con voce calma ma piuttosto risoluta. Paolo
non mi guarda, sta in piedi appoggiato ad un mobile, sembra cerchi qualcosa da
riferirmi senza decidersi da dove cominciare a farlo. <<Non mi sono mai
accorto di una cosa del genere>>, dice alla fine, rovesciando su di me
tutto il problema. Lo guardo per un attimo, mi alzo dopo aver appoggiato il
bicchiere, giro attorno al tavolo, e poi dico: <<Eppure non mi sembra che
il tuo periodo scolastico sia stato particolarmente pieno di attrattive e di novità>>.
Quando torno a voltarmi però lui non c’è più, forse si è sentito offeso dalle
mie parole, penso, oppure poteva rimanere con me soltanto pochi minuti, non
saprei. Però dopo un po' sento la sua voce giungere da un angolo:
<<Nessuno mi ha mai incolpato di dire sempre le medesime cose, quindi il
problema è tuo, ed è un modo che hai maturato in un’età molto più avanzata
della mia>>. Sorrido, forse mi aspettavo già una risposta di quel genere,
così non sto a ribattere niente, visto che anche la sua voce svanisce nel
niente come tutto il resto. Difficile fare i conti con il proprio passato,
rifletto, specialmente se questo prende la forma di un ragazzetto in età
scolastica senza mai la voglia di farsi carico di qualche piccolo o grande
errore che sia. Mi sento distante anche da lui, ultimamente, e forse quel che
appare ancora peggio è che lui stesso sembra prendere le distanze da quello che
sono diventato io, con l’andare degli anni.
Bruno
Magnolfi
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