Marta mi ha
guardato, in silenzio, come se le sue opinioni passassero in secondo piano nei
confronti dei pensieri che sembrano continuamente correre nelle nostre menti.
Per un attimo mi sono sentito bene, compreso nella mia solitudine, ma lei
d’improvviso si è sollevata da quel gradino su cui c’eravamo seduti, e senza
più guardarmi ha detto che adesso doveva proprio andarsene. Non so perché, ma
mi sono sentito ferito, come se in una frase di poche parole ci stesse tutto il
crollo dei miei desideri, così ho risposto nella stessa maniera:
<<Certo>>, le ho detto con modo impersonale: <<anche io ho
sciupato persino troppo tempo questo pomeriggio>>. Quasi non ci siamo
salutati, ed ognuno ha preso per una direzione diversa, anche se io non avevo neppure
un posto dove dirigermi, se non a casa, dove però c’era mia madre ad occuparsi
delle proprie cose e a mostrare il desiderio di non essere disturbata. Così ho
compiuto uno dei mei giri senza una vera meta, rasentando le case grigie a due
piani del paese, spesso soltanto intonacate e mai completate, in certi casi
lasciate per anni con ancora i mattoni a vista. Sono andato a sedermi in un
piccolo cantiere rimasto fermo da sempre, con le tavole di legno marcio e
l’erba alta e secca tra i ferri arrugginiti, e sono rimasto lì a riflettere.
Anche Marta è come gli altri, ho pensato. Incapace di stare davvero vicino a
qualcuno, e se per qualche momento è riuscita a fingere di incuriosirsi magari
per qualche particolare che non aveva mai riscontrato in qualcuno fino ad ora,
in realtà il suo mondo è fatto d’altro, praticamente quasi lo stesso di tutti
gli altri miei compagni di classe. A questo pensiero la mia volontà si è subito
fortificata, e quando sono tornato ad alzarmi in piedi, la mia sicurezza mi ha
fatto lasciare alle spalle ogni altro desiderio, conservando soltanto
l’orgoglio della mia solitudine.
Per certi
versi era stato meglio il periodo della scuola elementare, quando almeno ci
comportavamo tutti in un modo più istintivo, meno riflettuto ed elaborato dalla
mente; perché adesso che siamo alle scuole medie la nostra inevitabile crescita
ci ha naturalmente portato ad essere combattuti tra mille continue scelte
possibili, e all’improvviso anche le parole, i nostri gesti, e le espressioni
persino appena accennate, sono divenute in qualche caso delle vere lacerazioni
dello spirito. Mi sono spinto di nuovo quarant’anni più avanti allora, proprio
per rendermi conto una volta di più della trasformazione che il tempo ha
elaborato dentro di me, ed ho rapidamente incontrato il mio me stesso mentre
stava camminando lungo una strada, semplicemente. Gli sono andato vicino, l’ho
persino affiancato, e poi gli ho preso con delicatezza una mano, come a
mostrare che comprendevo perfettamente il suo stato d’animo, e mi rendevo conto
della radice, della vera origine degli errori commessi in tutto questo tempo.
Lui non ha detto niente, ma si è sicuramente sentito bene per questa mia
solidarietà inaspettata, e in questo modo abbiamo compiuto un intero tratto
insieme.
<<Non mi chiedo mai se sono
contento di quello che sono>>, ha detto lui alla fine.
<<Probabilmente, se cerco qualcosa nelle cose che mi circondano, non è
certo la felicità o il sentirmi a mio agio. Mi accontento, anche se questa
parola mi pare persino offensiva al giorno d’oggi>>. Io gli ho sfilato la
mia mano dalla sua, mi sono fermato sul marciapiede, e poi ho lasciato che
quest’uomo di mezza età scorresse avanti, come rassegnato in sé e nelle proprie
parole. Avrei voluto parlargli di Marta, del suo comportamento, ma non sono del
tutto sicuro che lui mi avrebbe fornito le risposte a me necessarie. Una
persona da sola è capace di sentire il mondo nelle proprie mani, nel momento in
cui pensa alle proprie cose, e nessuno di noi due, anche se siamo lo stesso
individuo in tempi differenti, è disposto a concedere l’evidenza di un errore
commesso, se non è stato il primo a rendersene conto. Marta è sicuramente
scomparsa dalla sua memoria, non c’è stato alcun motivo per trattenerne neppure
il ricordo o una semplice impressione, forse soltanto perché io mi sono rapidamente
disinteressato di lei quando ho compreso che per starle vicino avrei dovuto
accettare anche dei compromessi con tutti gli altri ragazzini della mia stessa
età.
Davanti a me, ancora fermo sopra
al marciapiede, lui ad un tratto si ferma, si volta, forse si rende conto
soltanto adesso che non sono più insieme a lui, e poi di colpo dice:
<<Forse Marta non valeva niente, non era il tipo di ragazza adatta per
noi>>. Lo guardo mentre provo il desiderio di non dare importanza a
queste parole, ma lui continua: <<Per qualche tempo ha funzionato da
specchio con i suoi atteggiamenti, ma la sua personalità non collimava con la
richiesta impellente di vicinanza che le veniva avanzata, e forse le giungeva una
semplice impressione ogni tanto, ma in un modo dal quale riusciva facilmente a
districarsi rapidamente, come se alla fine troppo sforzo le fosse richiesto per
un ben misero risultato>>.
Bruno Magnolfi
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