<<Marta!>>,
grido di colpo verso Marta mentre ci troviamo nel vasto e affollato cortile
della Scuola Media di via delle Matite, durante i minuti di pausa di mezza
mattina. Ovviamente tutti i ragazzi presenti si voltano immediatamente verso di
me, e forse qualcuno dopo qualche secondo inizia anche a ridere, visto che
sarebbe stato sufficiente per me avvicinarmi a lei invece di chiamarla da
lontano. Dopo un paio di minuti, Marta, come speravo, si fa vedere: cammina
lentamente, quasi senza averne alcun desiderio, e probabilmente si è mossa soltanto
per evitare che io torni di nuovo a gridare il suo nome. Si ferma ad un paio di
metri dalla mia faccia ed osserva distrattamente le mie scarpe, forse per non guardarmi
negli occhi, tanto che io adesso non so bene neppure che cosa dirle, e rifletto
che in fondo è già sufficiente che mi abbia raggiunto. Non c’è niente di male,
credo, nel fatto che io oramai intendo riferirmi soltanto a lei tra tutti i
compagni che affollano la scuola, anche se non desidero assolutamente che Marta
immagini di essere una ragazza importante per me. Vorrei che mi considerasse un
suo amico, un suo confidente, anche se non mi interessa che venga da me per
parlare di chissà che cosa. A dire la verità Marta difficilmente parla con gli
altri, ed anche con me perlopiù si limita qualche volta soltanto ad annuire o a
scuotere la testa in senso negativo, e poi a starsene ferma, in silenzio,
lasciando agli altri ogni iniziativa. Però la sua presenza per me è già più che
sufficiente, e sono convinto che esista una specie di similitudine tra noi due,
una base comune che anche se non si manifesta in fatti del tutto concreti,
sicuramente ad ambedue ci fa sentire meglio, come per una sincera comprensione
reciproca, e poi vicini, quasi complici nei nostri comportamenti, pur senza mai
dirci niente di particolare che possa dimostrare una particolare solidarietà.
Lei adesso
tira fuori da una tasca un piccolo pinguino di plastica con un anello, forse un
portachiavi, e lo muove tra le sue dita mentre probabilmente attende con
pazienza che io le dica qualcosa, o almeno che le spieghi il motivo per cui ho
detto il suo nome a voce alta, anche se a me, in questo momento, non interessa
altro che sapere cosa rappresenti per Marta quel piccolo animale di plastica
che tiene tra le mani, quasi come potessi sentirmi geloso di un oggetto del
genere. <<Che cos’è?>>, le chiedo; e lei pur restando praticamente
immobile dove si trova, sicuramente sta cercando dentro di sé una spiegazione
adeguata alla mia richiesta. <<È un portafortuna>>, mi dice, e poi
non pronuncia nessun’altra parola. Osservo le sue mani, poi il pinguino, ed
infine mi rendo conto che Marta tiene molto a questo animaletto bianco e nero,
forse perché le ricorda qualcuno che le ha fatto questo regalo, oppure le
rammenta un momento preciso a cui lei si è affezionata. <<Potresti donarlo
a me>>, le spiego adesso con voce bassa. <<Potrebbe essere proprio
quell’amuleto di cui sento la mancanza>>. Lei mi guarda in faccia per due
secondi, senza cambiare espressione, quindi torna ad osservarmi le scarpe,
senza neppure provare a rispondere. Mi volto leggermente, come se non mi
interessassi troppo della sua possibile risposta. Forse vorrei sorridere, ma
non mi riesce.
Ci passa
vicino una sua compagna di classe: <<Vieni?>>, le dice, forse per
aiutarla a liberarsi di me, oppure per smuovere una situazione ai suoi occhi un
po' ingessata e antipatica. <<Fra un attimo>>, dice Marta con tutta
la sua calma, lasciandomi tirare un sospiro di sollievo. Tra poco so che suonerà
la campanella per chiamarci a riprendere posto ognuno dentro al banco della
propria classe, e ricominciare così a seguire le lezioni degli insegnanti.
Torno ad osservare Marta, e forse mi muovo leggermente verso di lei, mentre
sposto il peso del mio corpo da una gamba a quell'altra. Non ho niente con me
da mostrare o regalare a lei a mia volta, se anche fossi il tipo di persona che
fa cose del genere, così come lei non mi ha mai dato niente di suo da tenere.
Vorrei avere molti più anni di quelli che in questo momento mi ritrovo, ed
essere anche in grado di dire a questa ragazza qualcosa di veramente incisivo,
qualcosa che magari le possa far piacere davvero, come una frase impegnativa
per me, una parola adeguata ad una situazione del genere, non saprei, forse persino
fare un gesto talmente esplicativo da risultare indelebile per anni, ma adesso
ho soltanto un'età scolastica, penso, e in queste condizioni non sono
assolutamente in grado di spiegare a nessuno che cosa mi passa davvero dentro
la mente. Forse anche perché neppure io lo so. Sento che tra un attimo Marta si
volterà e tornerà tra i suoi compagni di classe, oppure salirà i gradini per
rientrare da sola dentro l’edificio scolastico, ma lei desidera meravigliarmi,
probabilmente: <<Tieni>>, mi dice, mettendomi tra le mani il suo
pinguino; poi se ne va davvero.
Bruno
Magnolfi
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