sabato 21 settembre 2024

Stessa indifferenza.


Un giorno, mi sono trovato a percorrere una strada che non conoscevo, e quando mi sono fermato per rendermi conto di dove mi trovassi, ho avuto una sensazione netta, cioè come se qualcuno mi stesse osservando. Mi sono guardato attorno, ho voltato la faccia da ogni parte, ed alla fine ho intravisto solo un bambino piccolo che da dietro un angolo scappava via. Quando questo sogno si è interrotto e mi sono svegliato, ho capito che quel bambino semplicemente ero io stesso, mentre già all’età di cinque o sei anni iniziavo a fuggire da tutti, alla ricerca di una meravigliosa solitudine purtroppo mai raggiunta in modo davvero completo. <<Non mi va di stare a casa>>, aveva poi detto il bambino. <<È molto meglio cercare degli angoli tra le case da cui osservare quanto succede>>. Ecco, questo comportamento sembra sia stato esattamente ciò che mi ha caratterizzato più o meno fino ad oggi. Però non è una vera mancanza di socialità la mia, piuttosto la chiamerei incapacità a comunicare, praticamente il bisogno costante di rinchiudermi, piuttosto che dover spiegare a qualcun altro che cosa mi stia passando per la testa. Svolgere il mestiere di portiere di notte in un albergo, perciò, ha risposto pienamente alle mie aspettative, lasciandomi praticamente da solo a controllare una portineria sempre quasi deserta e comunque poco trafficata.

Ma adesso sembra che le cose abbiano iniziato rapidamente a cambiare, e tutte queste ombre che mi appaiono quando sono qui, non fanno altro che stuzzicare la mia sensibilità nel comprendere le cose, nel tentativo di spiegare, per me stesso ed anche per tutti gli altri, quali siano i motivi che sembrano spingermi, insieme alle persone attorno, a fare o a non fare certe cose. Ha iniziato il ragazzetto della scuola elementare con i suoi problemi a scansare tutti i compagni, e poi ha proseguito Marta, con le sue inquietanti apparizioni praticamente senza alcuno scopo. Poi sono arrivate le ombre di altre persone conosciute nel passato a strisciare sopra ai muri dell’albergo e anche di casa mia, ed io non mi sono più sentito solo, ma circondato da un sacco di gente con il loro carico di domande e di richieste continue per delle ulteriori spiegazioni. Non lo so per quale motivo nella scuola di via delle Matite non avessi alcun compagno a cui riferirmi, ma per me era naturale dimostrarmi distaccato da tutti, e non ho neppure mai pensato di poter essere diverso, anche se qualche volta ho incolpato quel ragazzetto che apparivo allora di aver invalidato con quel comportamento tutto il mio futuro.

<<Non ha importanza>>, dice Marta; <<ognuno è fatto alla propria maniera>>, e poi resta in silenzio, sorseggiando il suo caffè quando passa dall’albergo a notte fonda. Lei è una persona del tutto incomprensibile, già così com’era negli anni della scuola di via delle Matite, ma per me cercare di seguire i suoi pensieri viene naturale, anche se spesso mi disorienta con degli spudorati luoghi comuni. Però mi basta la sua presenza, le poche volte che la vedo, per rendermi conto che siamo ancora fatti, proprio come tanti anni fa, di una medesima pasta comune. Ho cercato di parlare con lei, una sera, del suo portachiavi che mi aveva regalato, quel piccolo pinguino di plastica che da quel momento mi sono portato dietro per un sacco di tempo, ma lei si è limitata a sollevare una spalla, come se il suo dono non fosse stato un gesto di qualche rilevanza, oppure se non ricordasse affatto quel momento. Invece, una volta, ha tirato fuori un pesciolino intagliato nel legno, e mi ha chiesto se lo ricordassi. Mi sono sentito attraversare da forti brividi immaginando i significati possibili dietro quella sua domanda, ma anche io ho cercato di nascondere l’importanza della cosa, e Marta non si è certo prodigata ad insistere. Anzi, subito dopo se n’è andata, lasciando dietro di sé un’aura di stregoneria nell’intercettare con semplicità i miei ricordi e i miei pensieri.

Anche lei fa parte di tutte quelle ombre che scivolano accanto a me insistendo nel farmi presente qualcosa della mia vita, penso, ed io certe volte non so neppure più distinguere se tutto quanto sia la realtà oppure solo un sogno, magari un surrogato della verità creata da una mente ormai annebbiata come la mia. Poi penso che vorrei fare qualcosa per Marta, qualcosa che non apparisse minimamente banale, ma presto devo smettere con questo pensiero, perché mi perdo nel cercare di comprendere cosa mai potrebbe davvero farle piacere. Già, perché Marta è enigmatica, sfuggente, una donna per certi versi incomprensibile, e nonostante io sia affezionato a questa persona, lei non dimostra minimamente di esserlo nei miei confronti. In ogni caso, pur avvertendo costantemente la freddezza del suo rapporto verso di me, non posso certo dire che il suo modo di comportarsi sia diverso da quello che usava ai tempi della scuola. A quell’epoca sembrava indifferente quasi a tutto, e visto che io non desideravo in alcun modo dimostrare di essere da meno verso di lei, le usavo quasi sempre con naturalezza la medesima totale indifferenza.

 

Bruno Magnolfi

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