Sono
trascorsi ormai ben più di dieci anni da quando Monica ha affrontato con dolore
la fine del suo matrimonio e la separazione definitiva da Giuseppe, e comunque ringrazia
ancora in cuor suo i propri genitori che le sono stati vicini in quei momenti difficili,
e le hanno intestato quel piccolo appartamento dove lei è andata subito dopo ad
abitare, chiudendo rapidamente la fase del suo fallito matrimonio. Forse anche
per questo adesso si impegna particolarmente a fondo nel rendere quelle stanze che
ha avuto in regalo sempre in ordine e soprattutto pulite, al limite quasi della
mania, proprio per mostrare a sé stessa ancora ogni volta la propria
gratitudine verso di loro, che da qualche anno purtroppo sono venuti a mancare.
Anche la loro scomparsa, peraltro a distanza di poco tempo l’uno dall’altra, ha
accentuato in Monica la profonda solitudine che si è trovata improvvisamente a
provare, anche se adesso il suo cruccio più grande, per lei che è stata nei
loro confronti l’unica figlia, sta nell’essere rimasta la sola della propria
famiglia, e di non avere più alcun parente in vita, se non dei cugini di
secondo grado con cui ormai non tiene alcun rapporto. Forse per questo si ferma
tante volte a guardare i bambini che vede vicino a lei, specialmente quelli più
piccoli, proprio quell’infanzia che durante il pomeriggio gioca trotterellando al
parco, quando lei va a sedersi su una panchina per leggere qualche pagina di un
libro. Osserva quelle mamme con invidia, guarda quei paffutelli che si
divertano con niente e che si sentono tranquilli e beati, insieme a quelle madri
brave e attente.
Poi, mentre
è intenta al suo lavoro, si ritrova nel corridoio con dei fogli in mano a
parlare con Renato, un suo collega che si occupa dei servizi sociali, al piano
superiore dell’edificio comunale, e lui, parlando di un progetto per l’infanzia
in corso di realizzazione, si lascia andare ad un’espressione di dolcezza
parlando dei bambini, tanto che Monica ne rimane un po’ colpita. Scopre così che
lui ha quasi la sua stessa età, e che non sembra sia sposato, forse anche
perché mostra sempre una grande timidezza, anche con lei, che d’improvviso si
sente attratta da quei suoi modi garbati, comprensivi, quasi teneri, tanto da allungare
il più possibile i propri discorsi. In seguito, con una scusa data da pratiche d’ufficio,
sale al piano superiore per scoprire quale sia esattamente la stanza dove
lavora, e se abbia ancora voglia di mostrare, tra i suoi colleghi di lavoro, la
stessa indole che ha appena scoperto. Vanno assieme a prendere un caffè, e lui
appare restio a parlare di sé, anche se Monica cerca di metterlo il più
possibile a suo agio. <<Che buffo>>, gli dice; <<Sono anni
che lavoro al piano inferiore di questo palazzetto, e non ti avevo mai notato,
forse perché pensavo che in questi uffici lavorassero soltanto impiegate un po’
pettegole e piene di pregiudizi>>. Lui la guarda con un sorriso stentato
e un’espressione quasi di assenzo, come se almeno in parte fosse d’accordo con
quello che ha ascoltato, poi però confessa che è stato trasferito in quel
settore da poco tempo, e che pur non trovandosi benissimo, riesce comunque a
sopravvivere abbastanza bene.
Monica annota
mentalmente il numero telefonico interno di Renato, decisa a chiamarlo qualche
volta, magari appena trova una scusa buona e plausibile, e dar corso così alla
loro reciproca simpatia. Sono trascorsi molti anni, dopo il suo matrimonio,
senza che lei si sia fatta avvicinare da qualcuno tra quei ragazzoni che anche
senza volere si incociano spesso nei locali, oppure vengono presentati come
conoscenti da qualche amica con la quale lei trascorre volentieri qualche
serata. Prova una leggera repulsione, quasi una mancanza di necessità per
entrare in contatto con questo tipo d’uomini. Forse sbaglia, lo ha fatto
presente certe volte anche qualcuna delle sue compagne, ma Monica si sente
così, bloccata, quasi che ognuno di quei maschi incarnasse in sé la delusione
provata quando fu costretta a separarsi da suo marito. <<Non mi
interessa>>, dice alla sua amica più vicina, <<credo di riuscire a
vivere benissimo senza intrecciare nessun rapporto intimo con individui che
rappresentano quell’altro sesso>>. Poi ride, come per alleggerire le sue
parole, anche se dentro sé stessa prova sempre un sentimento amaro, come qualcosa
di incompiuto, che qualche volta, quando resta in solitudine, si fa sentire anche
maggiormente.
Renato
parla sempre sottovoce, tratta ogni argomento con parole adatte, è sempre il
primo a sorridere e a salutare ogni suo collaboratore, e poi con Monica si
comporta bene, senza far correre troppo la loro conoscenza. Risponde fedelmente
ai piccoli segnali di simpatia che lei gli invia, anche se non prende mai l’iniziativa,
e lascia che sia la sua collega di lavoro a chiedergli alla fine di vedersi un
pomeriggio, per sorseggiare qualcosa assieme dentro un locale, dopo la fine
dell’orario di lavoro. <<Ma certo>>, le risponde lui con
entusiasmo; <<Così possiamo parlare un po’ senza la preoccupazione che ci
sia sempre qualcuno vicino ad ascoltarci>>.
Bruno
Magnolfi
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