giovedì 24 ottobre 2024

Normali preoccupazioni.


            Sono trascorsi ormai ben più di dieci anni da quando Monica ha affrontato con dolore la fine del suo matrimonio e la separazione definitiva da Giuseppe, e comunque ringrazia ancora in cuor suo i propri genitori che le sono stati vicini in quei momenti difficili, e le hanno intestato quel piccolo appartamento dove lei è andata subito dopo ad abitare, chiudendo rapidamente la fase del suo fallito matrimonio. Forse anche per questo adesso si impegna particolarmente a fondo nel rendere quelle stanze che ha avuto in regalo sempre in ordine e soprattutto pulite, al limite quasi della mania, proprio per mostrare a sé stessa ancora ogni volta la propria gratitudine verso di loro, che da qualche anno purtroppo sono venuti a mancare. Anche la loro scomparsa, peraltro a distanza di poco tempo l’uno dall’altra, ha accentuato in Monica la profonda solitudine che si è trovata improvvisamente a provare, anche se adesso il suo cruccio più grande, per lei che è stata nei loro confronti l’unica figlia, sta nell’essere rimasta la sola della propria famiglia, e di non avere più alcun parente in vita, se non dei cugini di secondo grado con cui ormai non tiene alcun rapporto. Forse per questo si ferma tante volte a guardare i bambini che vede vicino a lei, specialmente quelli più piccoli, proprio quell’infanzia che durante il pomeriggio gioca trotterellando al parco, quando lei va a sedersi su una panchina per leggere qualche pagina di un libro. Osserva quelle mamme con invidia, guarda quei paffutelli che si divertano con niente e che si sentono tranquilli e beati, insieme a quelle madri brave e attente.

            Poi, mentre è intenta al suo lavoro, si ritrova nel corridoio con dei fogli in mano a parlare con Renato, un suo collega che si occupa dei servizi sociali, al piano superiore dell’edificio comunale, e lui, parlando di un progetto per l’infanzia in corso di realizzazione, si lascia andare ad un’espressione di dolcezza parlando dei bambini, tanto che Monica ne rimane un po’ colpita. Scopre così che lui ha quasi la sua stessa età, e che non sembra sia sposato, forse anche perché mostra sempre una grande timidezza, anche con lei, che d’improvviso si sente attratta da quei suoi modi garbati, comprensivi, quasi teneri, tanto da allungare il più possibile i propri discorsi. In seguito, con una scusa data da pratiche d’ufficio, sale al piano superiore per scoprire quale sia esattamente la stanza dove lavora, e se abbia ancora voglia di mostrare, tra i suoi colleghi di lavoro, la stessa indole che ha appena scoperto. Vanno assieme a prendere un caffè, e lui appare restio a parlare di sé, anche se Monica cerca di metterlo il più possibile a suo agio. <<Che buffo>>, gli dice; <<Sono anni che lavoro al piano inferiore di questo palazzetto, e non ti avevo mai notato, forse perché pensavo che in questi uffici lavorassero soltanto impiegate un po’ pettegole e piene di pregiudizi>>. Lui la guarda con un sorriso stentato e un’espressione quasi di assenzo, come se almeno in parte fosse d’accordo con quello che ha ascoltato, poi però confessa che è stato trasferito in quel settore da poco tempo, e che pur non trovandosi benissimo, riesce comunque a sopravvivere abbastanza bene.

            Monica annota mentalmente il numero telefonico interno di Renato, decisa a chiamarlo qualche volta, magari appena trova una scusa buona e plausibile, e dar corso così alla loro reciproca simpatia. Sono trascorsi molti anni, dopo il suo matrimonio, senza che lei si sia fatta avvicinare da qualcuno tra quei ragazzoni che anche senza volere si incociano spesso nei locali, oppure vengono presentati come conoscenti da qualche amica con la quale lei trascorre volentieri qualche serata. Prova una leggera repulsione, quasi una mancanza di necessità per entrare in contatto con questo tipo d’uomini. Forse sbaglia, lo ha fatto presente certe volte anche qualcuna delle sue compagne, ma Monica si sente così, bloccata, quasi che ognuno di quei maschi incarnasse in sé la delusione provata quando fu costretta a separarsi da suo marito. <<Non mi interessa>>, dice alla sua amica più vicina, <<credo di riuscire a vivere benissimo senza intrecciare nessun rapporto intimo con individui che rappresentano quell’altro sesso>>. Poi ride, come per alleggerire le sue parole, anche se dentro sé stessa prova sempre un sentimento amaro, come qualcosa di incompiuto, che qualche volta, quando resta in solitudine, si fa sentire anche maggiormente.        

            Renato parla sempre sottovoce, tratta ogni argomento con parole adatte, è sempre il primo a sorridere e a salutare ogni suo collaboratore, e poi con Monica si comporta bene, senza far correre troppo la loro conoscenza. Risponde fedelmente ai piccoli segnali di simpatia che lei gli invia, anche se non prende mai l’iniziativa, e lascia che sia la sua collega di lavoro a chiedergli alla fine di vedersi un pomeriggio, per sorseggiare qualcosa assieme dentro un locale, dopo la fine dell’orario di lavoro. <<Ma certo>>, le risponde lui con entusiasmo; <<Così possiamo parlare un po’ senza la preoccupazione che ci sia sempre qualcuno vicino ad ascoltarci>>.

 

            Bruno Magnolfi

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