lunedì 7 ottobre 2024

Per le altrui difficoltà.


            Ho notato che ci ha girato un po’ intorno, quando mi ha visto da solo lungo il corridoio delle elementari di via delle Matite, così mi ha chiesto come mi andavano ultimamente le cose con gli altri compagni, se con la maestra avevo trovato la maniera per andare più d’accordo, ed anche altre faccende del genere; ma infine è arrivato al punto che forse aveva in mente fin dall’inizio, il custode della scuola, lo stesso che con la sua spolverina azzurra certe volte si ferma a parlarmi, probabilmente per un moto di pena verso di me, o magari soltanto perché desidera alleviare la mia evidente solitudine. <<Non dovresti più portare le figurine dei calciatori con te, quando vieni a scuola>>, mi ha detto alla fine guardandomi diritto, mentre teneva la sua immancabile scopa tra le mani. <<Sarebbe molto meglio che le lasciassi a casa tua, in qualche cassetto, anche se sono solamente dei doppioni senza grande importanza>>. Ho pensato che sicuramente sapesse qualcosa in più di quel che potevo sapere io, e forse aveva anche sentito parlare qualche studente delle proprie intenzioni di sottrarmele, magari mentre c’era un compagno-complice a cercare di distrarre la mia attenzione. Ho annuito, come sempre quando Aldo trovandomi da solo mi propone dei consigli lungo i corridoi o davanti ai bagni per gli alunni. Certo, ha delle ragioni da vendere nel dirmi queste cose, anche se io ho già affrontato questo argomento con me stesso, ed ho deciso una volta per tutte che le figurine dei calciatori sono per me l’unico vantaggio che riesco ad avere nei confronti degli altri, la sola condizione per un eventuale beneficio, ed anche se a mostrarla con noncuranza mi lascia spesso piovere addosso le invidie di molti, alla fine è l’unica maniera che possiedo per farmi avvicinare da qualcuno.

            Quindi sono rientrato nella mia classe, mi sono seduto al banco senza fare troppo rumore, ed ho subito cercato di scomparire come sempre dalla visuale dei miei compagni. L’insegnante ha fatto una pausa, mi ha osservato per un attimo, poi ha detto forte il mio nome, quasi come fosse un’offesa. Ho sollevato lo sguardo, sono rimasto in attesa del seguito, assumendo l’espressione di chi si attende dei rimproveri, un brutto voto, una sgridata sonora, o anche di peggio. <<Qualcuno, mentre ero voltata verso la lavagna, credo abbia spostato qualcosa nel tuo banco>>, mi ha detto con determinazione, anche se io ho compreso immediatamente che questa frase non era rivolta direttamente a me, ma a quel qualcuno che aveva cercato di rovistare tra le mie figurine sistemate in buon ordine dentro la mia cartella. <<Non importa>>, ho detto allora a voce bassa; <<nel mio banco ci sono soltanto dei doppioni di alcune vecchie figurine per una raccolta neppure aggiornata, che oramai non servono proprio a nessuno>>. È seguito un silenzio di tomba, quasi avessi dato individualmente del cretino ad ognuno tra tutti coloro che avevano anche solo desiderato mettere le mani sulla mia collezione. Nessuno, ovviamente, si è voluto scoprire, e la maestra ha detto che il gesto compiuto dietro le sue spalle era in ogni caso deprecabile, e che ci sarebbero forzatamente state delle conseguenze.

            Nella pausa della ricreazione, in due o tre sono venuti davanti al mio banco per spiegarmi che quello accaduto era stato solo un banale scherzo, e che le mie figurine sarebbero ricomparse al proprio posto nello stesso momento in cui io fossi uscito per qualche minuto dalla classe per andarmene nel bagno. Ho sorriso, ed ho pensato che sarei stato comunque incolpato dai ragazzi di qualsiasi cosa, se solo la nostra insegnante avesse dato seguito alle minacce avanzate da dietro la sua cattedra, così sono uscito dall’aula, ho atteso il momento in cui la maestra è rientrata per riprendere il suo solito posto, ed avvicinandomi a lei le ho detto che non era successo niente, che le mie cose erano ancora al proprio posto, che non mi mancava proprio nulla, e che se avesse dato seguito alle sue intenzioni probabilmente qualcuno se la sarebbe presa solo con me. Lei mi ha guardato, mi ha detto con calma di sedermi al mio banco, poi ha fatto una tirata d’orecchi a tutti quanti, spiegando che ogni studente ha il diritto di comportarsi a scuola come meglio desidera, sempre che tutto questo non vada a ledere la libertà di qualcun altro. Ho annuito, ed ho pensato subito che Aldo avesse avuto piena ragione, ma ho riguardato, in un momento di pausa, le mie figurine, ed alla fine ho deciso di regalarle una per una ai miei compagni: così, prima di avviarci tutti verso l’uscita, ho distribuito i miei doppioni a coloro che desideravano averli, ed un paio di questi hanno addirittura detto: <<grazie>>, pur sottovoce.

            In fondo questo gesto non mi è costato un bel niente, ho pensato, e in questa maniera mi sono tolto da qualsiasi preoccupazione. E poi, magari, c’è qualcuno tra questi miei compagni di classe che  probabilmente non ha proprio i mezzi materiali per andare in cartoleria a comprare delle nuove bustine dei calciatori, perciò sono contento di fargli avere qualcosa, e a me in fondo fa veramente piacere rendermi solidale nei confronti delle sue poco evidenti difficoltà economiche.

 

            Bruno Magnolfi     

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