Ho notato
che ci ha girato un po’ intorno, quando mi ha visto da solo lungo il corridoio
delle elementari di via delle Matite, così mi ha chiesto come mi andavano ultimamente
le cose con gli altri compagni, se con la maestra avevo trovato la maniera per
andare più d’accordo, ed anche altre faccende del genere; ma infine è arrivato
al punto che forse aveva in mente fin dall’inizio, il custode della scuola, lo
stesso che con la sua spolverina azzurra certe volte si ferma a parlarmi, probabilmente
per un moto di pena verso di me, o magari soltanto perché desidera alleviare la
mia evidente solitudine. <<Non dovresti più portare le figurine dei
calciatori con te, quando vieni a scuola>>, mi ha detto alla fine guardandomi
diritto, mentre teneva la sua immancabile scopa tra le mani. <<Sarebbe
molto meglio che le lasciassi a casa tua, in qualche cassetto, anche se sono
solamente dei doppioni senza grande importanza>>. Ho pensato che sicuramente
sapesse qualcosa in più di quel che potevo sapere io, e forse aveva anche sentito
parlare qualche studente delle proprie intenzioni di sottrarmele, magari mentre
c’era un compagno-complice a cercare di distrarre la mia attenzione. Ho
annuito, come sempre quando Aldo trovandomi da solo mi propone dei consigli
lungo i corridoi o davanti ai bagni per gli alunni. Certo, ha delle ragioni da
vendere nel dirmi queste cose, anche se io ho già affrontato questo argomento
con me stesso, ed ho deciso una volta per tutte che le figurine dei calciatori
sono per me l’unico vantaggio che riesco ad avere nei confronti degli altri, la
sola condizione per un eventuale beneficio, ed anche se a mostrarla con
noncuranza mi lascia spesso piovere addosso le invidie di molti, alla fine è
l’unica maniera che possiedo per farmi avvicinare da qualcuno.
Quindi sono
rientrato nella mia classe, mi sono seduto al banco senza fare troppo rumore,
ed ho subito cercato di scomparire come sempre dalla visuale dei miei compagni.
L’insegnante ha fatto una pausa, mi ha osservato per un attimo, poi ha detto
forte il mio nome, quasi come fosse un’offesa. Ho sollevato lo sguardo, sono
rimasto in attesa del seguito, assumendo l’espressione di chi si attende dei
rimproveri, un brutto voto, una sgridata sonora, o anche di peggio.
<<Qualcuno, mentre ero voltata verso la lavagna, credo abbia spostato
qualcosa nel tuo banco>>, mi ha detto con determinazione, anche se io ho
compreso immediatamente che questa frase non era rivolta direttamente a me, ma
a quel qualcuno che aveva cercato di rovistare tra le mie figurine sistemate in
buon ordine dentro la mia cartella. <<Non importa>>, ho detto
allora a voce bassa; <<nel mio banco ci sono soltanto dei doppioni di
alcune vecchie figurine per una raccolta neppure aggiornata, che oramai non
servono proprio a nessuno>>. È seguito un silenzio di tomba, quasi avessi
dato individualmente del cretino ad ognuno tra tutti coloro che avevano anche
solo desiderato mettere le mani sulla mia collezione. Nessuno, ovviamente, si è
voluto scoprire, e la maestra ha detto che il gesto compiuto dietro le sue
spalle era in ogni caso deprecabile, e che ci sarebbero forzatamente state
delle conseguenze.
Nella pausa
della ricreazione, in due o tre sono venuti davanti al mio banco per spiegarmi
che quello accaduto era stato solo un banale scherzo, e che le mie figurine sarebbero
ricomparse al proprio posto nello stesso momento in cui io fossi uscito per qualche
minuto dalla classe per andarmene nel bagno. Ho sorriso, ed ho pensato che
sarei stato comunque incolpato dai ragazzi di qualsiasi cosa, se solo la nostra
insegnante avesse dato seguito alle minacce avanzate da dietro la sua cattedra,
così sono uscito dall’aula, ho atteso il momento in cui la maestra è rientrata
per riprendere il suo solito posto, ed avvicinandomi a lei le ho detto che non
era successo niente, che le mie cose erano ancora al proprio posto, che non mi
mancava proprio nulla, e che se avesse dato seguito alle sue intenzioni
probabilmente qualcuno se la sarebbe presa solo con me. Lei mi ha guardato, mi
ha detto con calma di sedermi al mio banco, poi ha fatto una tirata d’orecchi a
tutti quanti, spiegando che ogni studente ha il diritto di comportarsi a scuola
come meglio desidera, sempre che tutto questo non vada a ledere la libertà di
qualcun altro. Ho annuito, ed ho pensato subito che Aldo avesse avuto piena
ragione, ma ho riguardato, in un momento di pausa, le mie figurine, ed alla
fine ho deciso di regalarle una per una ai miei compagni: così, prima di avviarci
tutti verso l’uscita, ho distribuito i miei doppioni a coloro che desideravano
averli, ed un paio di questi hanno addirittura detto: <<grazie>>,
pur sottovoce.
In fondo
questo gesto non mi è costato un bel niente, ho pensato, e in questa maniera mi
sono tolto da qualsiasi preoccupazione. E poi, magari, c’è qualcuno tra questi miei
compagni di classe che probabilmente non
ha proprio i mezzi materiali per andare in cartoleria a comprare delle nuove bustine
dei calciatori, perciò sono contento di fargli avere qualcosa, e a me in fondo fa
veramente piacere rendermi solidale nei confronti delle sue poco evidenti difficoltà
economiche.
Bruno
Magnolfi
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