sabato 5 settembre 2009

Conoscenze occasionali.

            

            Non avevo avuto del tutto voglia di orinare, lì in quella sala di attesa del medico che avrebbe dovuto visitarmi. Però mi era sembrata una buona occasione, quella, per mettere in mostra la mia capacità di indifferenza nei confronti del luogo dove io mi trovavo. In più erano presenti diverse donnette con i capelli ben sistemati sopra la testa, sedute nella loro poltroncina di stoffa con le riviste di attualità da sfogliare, le espressioni seriose, i vestiti decorosi ed in ordine, tutte cose che ovviamente mi facevano venire il disgusto.
Si era formata quasi un’aria da salottino, lì in quella stanza con le file di sedie, mancava giusto che qualcuna di loro offrisse del tè coi biscotti e le tazze del servito migliore. Contro gli uomini personalmente avevo in genere meno da dire, se proprio non mi imbattevo  in qualcuno che veniva ad osservare da vicino le mie smorfie o le mie espressioni da matto, ma c’era stato qualcuno, anche in questi casi, che aveva buffamente superato la situazione uscendosene con una battuta azzeccata o mostrandosi assolutamente al di sopra di certe ironie.
Quelle donnette benpensanti invece mi facevano schifo. Ti appiccicavano addosso la loro etichetta in un attimo e non la toglievano più, qualsiasi cosa accadesse. In quella sala d’attesa ne avevo trovate diverse, tutte speciali, come solo in certe occasioni ti capitano. Una parte di queste senz’altro andava dal medico solo per parlare un po’ con qualcuno dei loro malesseri, visto che oramai non trovavano più alcun volontario che avesse voglia di ascoltare i loro discorsi monotoni. Con pazienza aspettavano il loro turno di visita, e ogni volta che una di loro si alzava per entrare nella stanza del medico, fingeva di non essersi resa conto fino ad un attimo prima che era proprio il suo nome quello che veniva chiamato dall’infermiera.
Ce n’era una, poi, con i capelli celesti, ovviamente vedova, ben sistemata sopra la sedia con le ginocchia unite e la schiena diritta,  come a voler dimostrare di essere capace di stare con gli altri, di non abusare dello spazio che le era stato concesso, e di far parte della schiera delle persone perbene. Conservando la sua borsetta sopra le gambe, osservava le altre persone presenti con il margine del suo campo visivo, pronta a registrare qualsiasi anomalia si potesse verificare là dentro, ma di fatto sfogliando  il primo giornale che aveva trovato sopra a quel ridicolo tavolinetto da fumo in mezzo alla stanza, fingendo interesse per pagine e articoli. Era pronta a salutare chiunque l’avesse salutata per primo, quella vecchia imbecille, regalando però un’immagine di indifferenza verso chiunque.
Non mi aveva guardato al mio arrivo, mi aveva soltanto dato un’occhiata veloce, mostrando la maggior indifferenza possibile. Quando si accorse che stavo pisciando, si alzò in piedi per prima, con gesto di disgusto e allontanandosi il più possibile da dove io mi trovavo, come a sottolineare il profondo disagio che aveva nel trovarsi nello stesso locale con una persona che si permettesse una cosa del genere.
I miei pantaloni si bagnarono tutti, ovviamente, mentre io continuavo a guardare le espressioni di quelle persone, ed una piccola pozza per terra si era velocemente allargata, non lasciando alcun dubbio. Mi venne da ridere, in fondo ero anziano, con la faccia da matto, sarei stato capace di tutto; quando arrivò l’infermiera per accompagnarmi nel bagno, subito chiamata da qualcuna delle presenti, avrei avuto voglia di battere i piedi per terra sopra la pozza, di schizzare chi capitava con il mio piscio, ma non lo feci, sarebbe stato troppo il contatto tra noi: in fondo, con tutte quelle signore, non ci conoscevamo neppure.   


            Bruno Magnolfi

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