Non avevo avuto del tutto voglia di
orinare, lì in quella sala di attesa del medico che avrebbe dovuto visitarmi.
Però mi era sembrata una buona occasione, quella, per mettere in mostra la mia
capacità di indifferenza nei confronti del luogo dove io mi trovavo. In più
erano presenti diverse donnette con i capelli ben sistemati sopra la testa,
sedute nella loro poltroncina di stoffa con le riviste di attualità da
sfogliare, le espressioni seriose, i vestiti decorosi ed in ordine, tutte cose
che ovviamente mi facevano venire il disgusto.
Si era formata quasi un’aria da salottino, lì in quella
stanza con le file di sedie, mancava giusto che qualcuna di loro offrisse del
tè coi biscotti e le tazze del servito migliore. Contro gli uomini
personalmente avevo in genere meno da dire, se proprio non mi imbattevo in qualcuno che veniva ad osservare da vicino
le mie smorfie o le mie espressioni da matto, ma c’era stato qualcuno, anche in
questi casi, che aveva buffamente superato la situazione uscendosene con una
battuta azzeccata o mostrandosi assolutamente al di sopra di certe ironie.
Quelle donnette benpensanti invece mi facevano schifo. Ti
appiccicavano addosso la loro etichetta in un attimo e non la toglievano più,
qualsiasi cosa accadesse. In quella sala d’attesa ne avevo trovate diverse,
tutte speciali, come solo in certe occasioni ti capitano. Una parte di queste
senz’altro andava dal medico solo per parlare un po’ con qualcuno dei loro
malesseri, visto che oramai non trovavano più alcun volontario che avesse
voglia di ascoltare i loro discorsi monotoni. Con pazienza aspettavano il loro
turno di visita, e ogni volta che una di loro si alzava per entrare nella
stanza del medico, fingeva di non essersi resa conto fino ad un attimo prima
che era proprio il suo nome quello che veniva chiamato dall’infermiera.
Ce n’era una, poi, con i capelli celesti, ovviamente vedova,
ben sistemata sopra la sedia con le ginocchia unite e la schiena diritta, come a voler dimostrare di essere capace di
stare con gli altri, di non abusare dello spazio che le era stato concesso, e
di far parte della schiera delle persone perbene. Conservando la sua borsetta
sopra le gambe, osservava le altre persone presenti con il margine del suo
campo visivo, pronta a registrare qualsiasi anomalia si potesse verificare là
dentro, ma di fatto sfogliando il primo
giornale che aveva trovato sopra a quel ridicolo tavolinetto da fumo in mezzo
alla stanza, fingendo interesse per pagine e articoli. Era pronta a salutare
chiunque l’avesse salutata per primo, quella vecchia imbecille, regalando però
un’immagine di indifferenza verso chiunque.
Non mi aveva guardato al mio arrivo, mi aveva soltanto dato
un’occhiata veloce, mostrando la maggior indifferenza possibile. Quando si
accorse che stavo pisciando, si alzò in piedi per prima, con gesto di disgusto
e allontanandosi il più possibile da dove io mi trovavo, come a sottolineare il
profondo disagio che aveva nel trovarsi nello stesso locale con una persona che
si permettesse una cosa del genere.
I miei pantaloni si bagnarono tutti, ovviamente, mentre io
continuavo a guardare le espressioni di quelle persone, ed una piccola pozza
per terra si era velocemente allargata, non lasciando alcun dubbio. Mi venne da
ridere, in fondo ero anziano, con la faccia da matto, sarei stato capace di
tutto; quando arrivò l’infermiera per accompagnarmi nel bagno, subito chiamata
da qualcuna delle presenti, avrei avuto voglia di battere i piedi per terra
sopra la pozza, di schizzare chi capitava con il mio piscio, ma non lo feci,
sarebbe stato troppo il contatto tra noi: in fondo, con tutte quelle signore,
non ci conoscevamo neppure.
Bruno Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento