martedì 8 settembre 2009

Il tempo sospeso.

           

            L’incendio era stato appiccato nel terreno più in basso, pressappoco nella piccola radura dove si trovava il suo orto, ma divorando cespugli e sterpaglie e spinto dal vento, si era velocemente avvicinato alla casa del vecchio Giovanni, aveva incenerito una decina di alberi sul ciglio della strada sterrata che immetteva al cortile, e poi si era estinto quasi da sé, forse aiutato dalla poca acqua rovesciata col secchio sui margini delle fiamme più forti. Gli animali erano come impazziti, assediati dal fumo e dal grande calore, e la fuliggine nera si era depositata un po’ dappertutto. Precedentemente c’erano stati dei giorni in cui il vecchio Giovanni si era sentito sfinito dei soprusi di cui era vittima da tantissimo tempo, ma fino a due anni prima era ancora in vita sua moglie, e lui aveva sempre superato le cose dando loro poca importanza. Ogni dispetto era sempre avvenuto a distanza di tempo, di mesi, qualche volta anche di un anno, ma ogni volta si poteva stare sicuri che si sarebbe verificato qualcosa di nuovo. Fino a quel giorno erano sempre state cose da poco, qualche palo della recinzione divelto, una gallina sgozzata, il suo orto in parte sciupato, e quasi come un tormento ineliminabile, chiunque di divertiva a giocare quegli scherzi di pessimo gusto, tornava per farne di nuovi. Ma adesso era diverso. Il fuoco poteva benissimo aver divorato la casa con dentro il vecchio Giovanni, se si era arrestato era quasi un miracolo, lui adesso non poteva restare indifferente ancora una volta. Si era chiuso in casa e aveva pensato. Poi aveva preso la sua bicicletta e aveva fatto il giro di tutti coloro che avevano la casa nelle sue vicinanze, senza scoprire un bel niente; infine si era spinto fino in paese, era entrato dentro alla stazione dei carabinieri e aveva denunciato tutto quanto era accaduto in quasi vent’anni. Quindi era tornato a casa sua, aveva caricato un fucile, e lo aveva sistemato nella posizione più comoda per essere velocemente imbracciato. Continuava a guardare dalla finestra, come aspettandosi di vedere qualcuno che venisse da lui a dirgli qualcosa, a dargli una spiegazione qualsiasi, ma non venne nessuno. Passarono due, forse tre mesi, e un giorno, lungo la strada sterrata, vide una donna lontana, ferma, che guardava la casa. Il vecchio Giovanni non si fece vedere, aspettò che la donna salisse sopra la sua bicicletta e si allontanasse per andarle subito dietro, anche lui in bicicletta. La raggiunse quando oramai erano prossimi al fiume, e i grandi alberi sopra la sponda lasciavano muovere tutte le foglie dal vento leggero che spirava a folate. “Ehi!”, disse il vecchio Giovanni alla donna, e quella fermandosi si era voltata verso di lui senza mostrare sorpresa. Non la conosceva, il vecchio Giovanni, però capiva da quella espressione che lei doveva sapere qualcosa. “Sto cercando qualcuno che sappia chi ha dato fuoco al mio orto e agli alberi davanti al cortile”, disse, senza aspettarsi una vera e propria risposta. La donna si tolse il fazzoletto che le teneva legati i capelli, lo osservò per un lungo momento, poi disse: “Sono Clara, tu neanche ti ricordi di me, ma io ho trascorso la vita a cercare di liberarmi del tuo ricordo. Avevamo vent’anni, forse di meno, e tu quella sera di giugno mi avevi come stregata, ed io sono rimasta fedele a quel giorno, come a un amore che si ha nella vita solo una volta. Dopo poco tu ti sposasti. Poi, tanti anni fa, ho conosciuto un uomo che non era di qui, gli ho raccontato la mia storia e lui si è mostrato colpito, triste per me. Non mi ha chiesto più niente, non l‘ho più neppure rivisto, ma sono sicura che sia stato lui a cercare di farti pagare qualcosa di cui tu in fondo non hai neanche colpa. Mi dispiace, non ti avrei mai cercato, ma so che quell’uomo può farti del male, ed io fino adesso non ho saputo fermarlo.” Il vecchio Giovanni era rimasto esterrefatto, era davvero Clara quella che gli stava parlando, gli pareva ora di riconoscere qualcosa nell’espressione del viso, nella sua voce, era passato non sapeva neanche lui quanto tempo. Non si erano più visti in tutti quegli anni, ma anche lui adesso, guardandola meglio, si ricordava di lei, era ancora bella, pur con cinquant’anni di più. “E’ quasi incredibile”, disse il vecchio Giovanni; “però bisogna fermare quell’uomo, prima che succeda qualcosa di brutto”. “Si”, disse Clara asciugandosi una lacrima come togliendosi una mosca noiosa dal viso, “proverò a scrivergli una lettera. Non ho più visto neanche lui, ma so la città dove abita, e da qualche parte ho il suo indirizzo”. “Vieni”, disse Giovanni, “andiamo a casa mia a scriverla adesso, quella lettera che hai in mente, dobbiamo impedirgli di mettersi ancora tra noi, a quell’uomo, e noi dobbiamo parlare di un sacco di cose, spiegarci tutto quello che non ci siamo mai detti fino ad ora, dobbiamo capire che cosa è successo di te e di me dopo quell’ultima volta: forse io sono vecchio, forse molte cose non le ho capite nella mia vita, forse ho fatto degli sbagli di cui devo pagare, ma ho ancora un cuore, forse  per me ancora c’è tempo per capire qualcosa…”.


            Bruno Magnolfi

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