Le due
cugine, di età quasi uguale, non avevano mai avuto una gran simpatia tra di
loro, anche se erano coscienti di nutrire, fin da quando erano piccole, dei
sentimenti indotti dalle loro famiglie, iniziati per una assurda competizione
spesso priva completamente di senso. Erano cresciute perciò con un
atteggiamento ostile e un po’ rancoroso l’una nei confronti dell’altra, e per
questo si erano sempre evitate, fatte salve le volte in cui le loro famiglie si
erano riunite per qualche rara occasione.
La notizia della morte
improvvisa di uno zio di ambedue, fratello dei loro papà, in una cittadina un
po’ fuori mano dove aveva sempre abitato, le aveva colte in città, mentre
seguivano i loro corsi universitari, nelle loro differenti facoltà di lettere e
di biologia, così avevano deciso di affrontare il viaggio per l’ultimo saluto
al defunto in macchina assieme. All’inizio avevano parlato un po’ dello zio,
poi degli studi, infine erano rimaste in silenzio. Poi, dopo una pausa
infinita, Cristina, che guidava la macchina, aveva detto a Valeria: “Vorrei
dirti la verità: i pregiudizi che ho avuto fino ad oggi su te, vorrei
dimenticarli del tutto. Ci conosciamo da sempre, tra qualche anno la nostra
vita prenderà per ognuna di noi un proprio corso, non trovo adeguato continuare
ad essere ostili…”. Ci fu un silenzio riempito solo dal motore dell’auto; poi
dopo qualche minuto: “…e questo bel discorsetto lo tenevi in serbo per un momento
del genere, immagino…”, aveva detto Valeria. “Non provo nessuna ostilità nei
tuoi confronti, puoi credermi, è solo che tu hai sempre cercato di metterti in
mostra con tutti i parenti, come se fossi la grande risorsa di tutta la nostra
famiglia, e questo è sempre stato mal digeribile, almeno per me, ne converrai…”
“Va bene”, aveva ripreso
Cristina, “forse ho accettato un po’ troppo alla lettera il confronto tra noi
di quando eravamo bambine, ma adesso mi pare tutto diverso, e comunque cambierà
tra non molto, direi che potremo chiudere un’epoca…”. “Forse hai ragione”, aveva
ripreso Valeria con modi più amabili, “però sappi che con ciò che certe volte
ho sofferto, adesso non è affatto facile, almeno per me…”.
Fermarono la macchina in un autogrill per la benzina e un
caffè, poi, quando tornarono a rimettersi in moto, si accorsero che era stata
rubata una borsa che Valeria aveva lasciato sul sedile posteriore dell’auto.
“Perché non avevi chiuso a chiave la macchina?”, disse Valeria quasi urlando.
“Non lo so,” rispose Cristina, “me ne sono dimenticata, tutto qui, mi
dispiace…”. “Non ci credo per niente che ti dispiaccia”, riprese Valeria, con
tutti i discorsi che hai fatto, sembra quasi che tu abbia orchestrato le cose
per farmi stare più male!” “Cosa dici”, riprese l’altra, “non puoi pensare una
cosa del genere. Piuttosto c’era qualcosa di prezioso dentro la borsa?”. “No,
solo dei libri, un po’ di vestiario, nient’altro”. “Facciamo così”, riprese
Cristina, “ricompro io tutto quello che manca, compresa la borsa, ti va?”. “Va
bene”, disse Valeria visibilmente indispettita, pensando tra sé che in quella
maniera si sarebbe lavata anche la coscienza dalla sua responsabilità; poi,
quando Cristina rimise in moto la macchina, tutto apparentemente sembrò tornare
tra loro com’era sempre stato, ed il viaggio restante, se non fu decisamente
sereno, non scorse via neppure in maniera troppo pesante.
Arrivarono al paese che oramai
si sentivano stanche, e davanti alla casa, quasi fossero lì ad aspettarle
perché mancavano oramai solo loro, c’erano tanti dei loro parenti strinti in
quel comune dolore, compresi i loro papà vicini ed uniti, e all’improvviso,
senza che nient’altro ci fosse da aggiungere, a Valeria le parve di essere
stata una sciocca, le rimbalzarono dentro alla testa le parole che aveva usato
Cristina, e sentì dentro di sé che forse c’era qualcosa che stava sbagliando.
D’istinto abbracciò sua cugina, mormorandole solo: “…scusa, hai ragione…” che l’altra
comprese e apprezzò in maniera completa; continuarono a restare abbracciate,
salutarono tutti come se fossero loro due una sola persona, e quando entrarono
dentro alla casa, i loro parenti le andarono dietro, come se una nuova immagine
di forza e di unione di tutta quella grande famiglia arrivasse da quel loro
gesto, unione che forse era mancata per tanti, persino troppi anni.
Bruno
Magnolfi
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