Stamani
il negozio di generi alimentari appare chiuso. Nessun cartello sulla serranda
abbassata segnala questa anomalia, e lungo la strada e sui marciapiedi non c’è
quasi nessuno, neppure il solito gruppo di anziani seduti sulle panchine in
fondo alla via. Un ragazzo, che avrà circa vent’anni, passa da solo sopra la
sua bicicletta, pedala lentamente, come cercando qualcosa, osservando sui muri
i numeri civici di queste case di tre o quattro piani, infine si ferma davanti
a un portone, estrae un grosso pezzo di gesso colorato e scrive sulla parete lì
accanto: VATTENE ! Poi risale sopra al sellino con calma e sparisce alla vista.
Tutti
coloro che abitano in questa strada sanno perfettamente cosa significhi quel
senso angoscioso che opprime le persone. Una donna esce di casa con il suo
cagnolino, si guarda attorno, arriva fino al giardinetto vicino, si trattiene
pochi minuti, infine rientra. Io continuo ad osservare tutto dalla mia
finestra, nascosto dietro la tenda: so perfettamente che verranno a cercarmi,
prima o poi, che busseranno al portone, entreranno, in qualche maniera, e mi
obbligheranno a seguirli. Non ho paura, il loro comportamento mi appare
ridicolo, e in fondo non avrei mai immaginato di attirare tanto interesse.
Decido
di uscire tanto per movimentare le cose, in fondo, anche se la giornata appare
grigia, una passeggiata si può sempre affrontare, penso tra me. Indosso un
vecchio cappotto e un cappello che non ho più messo da anni, poi, con passo
solerte, arrivo sul marciapiede e decido di recarmi verso il centro della
città. Qualcuno mi ha visto, ne sono sicuro, una persona socchiude un portone
per osservarmi dall’andito buio, io mi soffermo, sorrido, sollevo il cappello per
fargli un saluto, proseguo nel mio camminare spedito.
Percorro
alcune vie senza quasi incontrare nessuno, infine vedo un bar dove non sono mai
stato, così entro dentro e mi siedo. Il cameriere mi porta un caffè, c’è un
giornale sul tavolino vicino, così lo prendo e lo sfoglio. Pare non ci sia
niente di nuovo, tutto sembra tranquillo, ordinario, eppure qualcosa si muove
nell’ombra, sono sicuro che prima di sera qualcosa dovrà senz’altro accadere.
Dal telefono pubblico del bar chiamo un amico, gli chiedo di raggiungermi, gli
spiego che qualcuno mi sta minacciando.
Lo
attendo per poco più di un’ora, poi mi convinco che non verrà, e se cerco di
telefonargli di nuovo sono sicuro che avrà già trovato una scusa. Mi rimetto in
cammino, percorro alcuni marciapiedi e infine mi ritrovo ad imboccare la strada
in cui abito. Davanti al portone di casa mia c’è un capannello di gente, mi
accosto, tutti all’improvviso fanno silenzio e mi osservano. Un vicino che
conosco di vista mi dice: non si preoccupi, noi siamo con lei; questi facinorosi
seguaci del pensiero unico devono finirla di seminare il terrore. Dobbiamo
farci vedere compatti, convinti di quello che siamo, sono sicuro che è questa
l’unica maniera per combattere la nostra battaglia: da ora in avanti tutti
dovranno saperlo, non ci abbasseremo mai a vivere in silenzio lasciandoli
padroni del campo; ci sono tante realtà a questo mondo, la nostra sicuramente ha
il valore di tutte le altre.
Bruno
Magnolfi
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