martedì 17 aprile 2012

La forma della realtà.


            
            Colmo di monotonia ero uscito da casa, ma fuori non c’era niente di diverso rispetto a qualsiasi altro giorno. Avevo girato a caso lungo le strade, poi mi ero accostato alla vetrina di un negozio di bigiotteria, ad osservare qualcosa che a dire la verità non mi interessava neppure. Gli oggetti esposti parevano addirittura incapaci di attrarre realmente l’attenzione di qualcuno, ma a ben guardare c’era una scatola mezza aperta, al cui interno si intravedeva qualcosa di curioso.
            Sembrava come se qualcuno si fosse dimenticato una cartaccia appallottolata dentro una confezione piuttosto elegante, della spazzatura infilata di forza in un involucro bello e curato, ed era stato evidenziato un prezzo piuttosto alto, forse a mostrare, quasi con ironia, la preziosità dell’oggetto. Forse era una dimenticanza, pensavo, forse una qualsiasi sbadataggine di chi aveva curato quella vetrina, ma tutto il resto appariva posizionato con attenzione, addirittura con metodo, tanto da far pensare, in ultima analisi, ad una provocazione nei confronti di chi si soffermava a guardare.
            Mi ero voltato, in fondo non mi interessava per niente quel tipo di esercizio, ma tutto quanto intorno, lungo la strada, mi era sembrato composto dalle solite sciocchezze, così ero tornato per un attimo ad osservare la scatola. Una commessa mi aveva notato mentre guardavo nella vetrina, e dall’interno del suo negozio aveva sorriso, come a sottolineare che era uno scherzo, qualcosa a cui non dare troppa importanza. Io, invece di contraccambiare il sorriso e disinteressarmi di quanto veduto, avevo proseguito ad appuntare lo sguardo, mi ero sistemato addirittura gli occhiali sul naso, e avevo mostrato quanto fossi interessato all’oggetto, tanto, forse, da prendere fortemente in considerazione l’idea di acquistarlo.
            Avevo spinto la porta vetrata, a quel punto, ed ero entrato dentro al negozio, con l’espressione del viso più seria che mi riusciva di avere. La commessa alla fine non era parsa neppure troppo sorpresa, ed alla mia richiesta aveva subito preso in mano la scatola, mi aveva fatto vedere il suo contenuto, e si era prodigata a spiegarmi che qualcuno aveva sottratto qualcosa, una grossa collana di vetro multicolore, senza che fosse stato possibile capire come ci fosse riuscito. Così era nata l’idea di lasciare comunque la confezione ed il prezzo nella vetrina, quasi una sfida nei confronti del ladro, e questo sembrava fosse diventato in pochi giorni un elemento di curiosità per parecchie persone.
            Decisi di acquistare la scatola vuota, o meglio piena di quella cartaccia, ed alle rimostranze della commessa, mi lasciai andare addirittura ad un’offerta di prezzo superiore a quanto era esposto. A quel punto la ragazza aveva messo insieme la confezione in piena serietà, appoggiato la scatola in un grande foglio di carta, e impacchettato con precisione tutto quanto, consegnandomi quell’acquisto perfetto. Tornai sui miei passi convinto di aver compiuto solo un’altra delle mie scelte assurde, e quando arrivai al giardinetto nei pressi della mia abitazione, senza farmi notare, appoggiai il pacchetto su una panchina dove non si era seduto nessuno. Mi allontanai con naturalezza, e appostato a diverse decine di metri coperto da qualche cespuglio, potei vedere, dopo appena dieci minuti, che qualcuno si era già incuriosito della mia scatola. In fondo era così quasi per tutte le cose, pensavo tra me rincasando; dentro ad una confezione pur accattivante, spesso non c’era nulla che avesse un vero valore.  

            Bruno Magnolfi

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