martedì 27 maggio 2014

Distillati solidali.

           

Questa cuccia è proprio quello che ci vuole per me. A due passi dalla sotterranea e dalle fermate degli autobus, quasi all'incrocio nevralgico della gente che va e viene dalla stazione ferroviaria, mi permette di controllare tutta la situazione da una posizione assolutamente privilegiata. Poi mi basta girare dietro questi magazzini dove non viene mai nessuno, ed eccolo qua il mio angolo ben riparato da questa vecchia tettoia.
Sto qui a godermela da qualche giorno senza neppure l'ombra di un qualsiasi problema, ed ecco d'improvviso che arriva questo tizio. Mi guarda da sette o otto metri di distanza, e non dice niente: sporco marocchino, penso, anche se per quanto ne so magari potrebbe essere turco o anche pakistano. Lui fiuta il mio posto, la mia invidiabile cuccia, mi guarda, poi senza darmi importanza si volta e va via. Ha notato sicuramente che zoppico, che non posso correre, avrà la metà dei miei anni, può fare di me quello che vuole, penso. Sto ancora qui a godermi il mio angolo, poi do una bella sistemata alle mie poche cose e vado a farmene un giro in mezzo alla gente, giusto per una sigaretta o qualche spicciolo.
Più tardi lo rivedo, il bastardo, mi osserva da lontano e non dice niente, deve essere arrivato da poco tempo da queste parti, penso, magari non sa neanche parlare. Lo ignoro, proprio come è giusto, e lui se ne va. Quando torna però ha qualcosa sotto ad un braccio, un involto indecifrabile, forse è soltanto la sua coperta dove passa la notte, penso, forse vuol sistemarsi anche lui da qualche parte sotto a questa tettoia.
Via, gli fo con una mano, devi andartene e basta, non c'è posto per te. Lui si siede a terra lontano, con le spalle nel muro, neppure mi guarda adesso, non me lo toglierò facilmente di torno, penso. Più tardi fo un giro per rimediare la cena, quando torno uso tutta la circospezione che ci vuole per non farmi notare dalla polfer, e lui è ancora lì, proprio come se non desse noia a nessuno. Vai via marocchino di merda, gli fo, ma quello si scrolla senza far altro, e così io vado a prendere l'acqua della fontanella con una vecchia bottiglia e gliela tiro, tanto per bagnargli un po' la sua coperta pulciosa.
Lui si tira su, dice qualcosa probabilmente imprecando, io me ne frego, devi andartene, penso, ma poi lascio che stia ancora un po' lì a piagnucolare e a dire cose stupide nella sua lingua di merda. Sistemo tutto quanto e mi sdraio: me ne frego di te, è come se dicessi, non sto certo dietro ai tuoi stupidi problemi.
La mattina mi sveglio e lui non c'è più. Giro lì attorno e del marocchino non è rimasta neppure la puzza. Sistemo le cose in modo che la polfer non veda niente, poi vado a cercarlo. Alla fine lo trovo, è lì nella sotterranea, non sta facendo niente, sta là sotto con le mani dentro le tasche e nient’altro. Così gli dico in malo modo che se vuole può ritornare sotto alla tettoia, ma lui fa un gesto di odio e sembra non gli importi di nulla. Allora con pazienza mi avvicino e gli dico che anche se è un marocchino di merda può sempre venire fin sotto alla mia tettoia. Lui forse capisce, ma non si muove, così gli strappo di mano la coperta mentre lui mi guarda. Aspetta ancora, forse per vedere cosa succede, poi mi viene dietro, quasi senza una sua volontà propria. Infine arriviamo alla tettoia, uno dietro l’altro, io gli metto la coperta nel posto secondo me più adatto per lui, e vado a sistemarmi nella mia cuccia, senza neanche tornare a guardarlo.
Lui si siede, mi guarda, non cerca neppure di dirmi grazie. È un marocchino di merda o che so io, penso, però è come me, avrà forse la metà dei miei anni, e poi c'è posto per tutt'e due sotto questa tettoia. Puoi rimanere, penso, marocchino di merda, forse domani sarò anche tuo amico.


Bruno Magnolfi

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