Probabilmente dirai che sto sbagliando tutto. Allora cercherò di darti la
migliore spiegazione del mio comportamento, ma tu sorriderai quasi senza
commentare, lasciandomi perplesso a chiedermi dove si sia annidato quello
sbaglio. Ad un certo punto metteremo in mezzo una pausa opportuna, forse, che
lentamente si stempererà nel nulla, proprio come fosse la sensazione derivante
dal nostro semplice parlare.
Stiamo fermi sulla piazza, ogni tanto arriva un po’ di vento, le nuvole
sopra i palazzi corrono veloci. Se acuisco la sensibilità forse riesco ad
immaginare quello che stai per dirmi, ma tutto questo non è niente,
considerando che vorrei pensare ad altro, essere in un altro luogo, occuparmi
di elementi che in questo momento non sono per nulla rappresentati in questo
posto.
Inutile, potremo dire ambedue se i pensieri fossero parole; eppure adesso
tireremo avanti, in qualche modo, e ci sentiremo simpaticamente ancora vivi,
parlando e giustificando qualsiasi comportamento che abbiamo avuto fino ad ora.
Bisogna spazzare via tutto, dici provocatoriamente senza credere fino in
fondo a quello che sostieni. Te lo lascio dire, però è chiaro ad ambedue che
dovremo invece fare i conti con tutto quanto esiste ed è reale.
Poi accade qualcosa, tu ti volti per osservare qualcuno che credi di
conoscere, io provo una leggera invidia della tua capacità di stare a proprio
agio, così mi volto dalla parte opposta per non concedere importanza alle tue
azioni. Quando torno a girarmi non ci sei più, ed è sparito anche il vento, le
nuvole, la piazza, i palazzi immobili. Anche per te non ci sono più, siamo
ambedue altrove, ma in luoghi differenti, persi dietro altri pensieri.
Dico il tuo nome a voce alta, probabilmente tu fai la stessa cosa, ma non
serve a niente, siamo estranei, forse proprio come siamo sempre stati.
Questo tratto di città appare monotono, penso; dovrò dirtelo una volta o
l'altra, ma sarà facile che tu non voglia affatto crederlo.
Bruno Magnolfi
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