Mi sento sereno, dice il secondo mentre tutt’e due camminano velocemente
verso la barca. Il piccolo molo ricoperto di legno marino scricchiola
leggermente mentre raggiungono l’attracco giusto; la giornata è bella, c’è
calma di vento. Il primo procede in silenzio, poi sale in barca, l’altro lo
segue, lui accende il motore, molla l'ormeggio. C'è una debolissima onda lunga
mentre si allontanano dal piccolo porto, che assieme al ronzio del motore sembra
calmare i pensieri e rendere tutto più facile. Solcano senza fretta un paio di
miglia di mare, prendono le mire su alcuni punti fermi che ancora si vedono a
terra, poi dopo circa mezz'ora riescono a triangolare sul giusto braccio di
mare, quello precedentemente deciso. Calano l’ancora, e poco dopo anche le
lenze, pur restando quasi in un religioso silenzio, scambiandosi appena qualche
gesto, ed infine, mentre lo scafo ha finito di posizionarsi con la prua contro
quella leggera bava di vento, loro due si mettono seduti e in attesa.
Si dicono ancora qualcosa sulla bella giornata, poi il secondo, dopo un
altro lasso di tempo, avverte una vibrazione, ed il primo lo incita a stare
calmo e ad avere pazienza. Alla fine il pesce sembra tornargli all'attacco dell'esca,
ed il secondo gli assesta un leggero strattone, quindi tira su recuperando con
calma la lenza e tenendo sapientemente il filo in tensione.
Loro due vanno avanti ancora per un paio d'ore in questa maniera, ed in
tutto tirano fuori dall’acqua appena cinque o sei tra spigole e orate, tutte di
taglio piuttosto piccolo, quindi decidono che non è la giornata giusta, ne
hanno abbastanza e che forse è ora di rientrare. Si è messo un po' più di vento
adesso, la barca si muove su qualche onda più alta. Il primo, mentre passano sullo
specchio di mare davanti al molo, dice che tutto sommato si è stufato di
giornate come quella, il secondo annuisce, anche se sembra aver conservato
ancora qualche entusiasmo rispetto all'altro.
Ormeggiano al solito attracco, spengono il motore e controllano che tutto
sia a posto, poi mettono i piedi sul molo. Il primo dice al secondo di
prendersi lui quel poco di pesce che hanno pescato, l’altro annuisce, quindi si
separano al parcheggio nei pressi delle auto, e se ne vanno ognuno per conto
proprio.
Qualcuno li ha seguiti, sin dal momento in cui sono usciti in mare,
osservandoli con attenzione mediante anche un grosso binocolo, ed adesso che
sono rientrati si è segnato sopra un quaderno gli orari e tutto quanto ha
potuto esaminare, quasi come fossero quelli degli appunti preziosi. Qualsiasi
cosa si può analizzare, pensa adesso. Ogni più piccolo dettaglio risulta sempre
scomponibile in altri elementi più piccoli, fino a perdersi in risultati che
presumibilmente non riescono neanche più a tenere conto di un’intera vicenda.
Poi si alza dalla sedia accanto alla vetrata su cui è stato seduto fino ad
allora, mette via i suoi appunti, ed infine esce dalla saletta del locale dove
è rimasto per tutto il tempo. Camminando riflette che la realtà è qualcosa che
non sta per forza dentro alle cose che si riescono a vedere, quanto negli
interstizi, nella maniera come si strutturano gli eventi, pur essendo qualche
volta minuti ed ininfluenti come quelli a cui ha appena assistito.
Scriverà un articolo su quella semplice battuta di pesca, pensa ancora; ed
analizzando quello che ha visto giungerà forse a capire e a spiegare i motivi
per cui il primo ed il secondo pescatore probabilmente non usciranno più
insieme per mare. Ma quello a cui si dovrà arrendere è il fatto che nella sua
ricostruzione metterà per forza anche qualcosa di sé, della sua interiore
maniera di concepire tutte le cose, e magari starà forse proprio in questo
aspetto il tratto più convincente.
Bruno Magnolfi
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