La tosse mi
lascia senza fiato. Camminando sul marciapiede, certe volte mi trovo a sbandare
da un lato all’altro, tanto mi sento disabilitato. Ma non è solo quello: è che
ogni giorno scopro di non trovare più dentro di me l’entusiasmo che avevo un
tempo e che servirebbe adesso per tirare avanti con tutte queste piccole cose
che vorrei affrontare. La mia alimentazione è forse eccessiva e disordinata,
spesso ho male allo stomaco, e poi a furia di tossire sento dei dolori sotto ai
polmoni ed anche alla schiena.
Sulla metro
incontro un tizio che conosco di vista e che mi dice delle cose senza chiedermi
niente. Sorrido; bravo, penso dentro di me: non dobbiamo far la fine di chi sta
sempre ad annoiare tutti a morte con domande banali ed altre cose del genere.
Scendo ad una fermata, a un certo punto, una qualsiasi, anche se non è la mia,
pur di liberarmi di questo scocciatore: ho anche voglia di camminare, di
svagarmi, però nell’aria serale quasi subito mi riprende la tosse. Qualcuno mi
guarda come se avessi una malattia contagiosa. Qualche volta ho pensato di
portare con me un fazzoletto macchiato di rosso, tanto per vedere quale faccia
farebbero gli altri sopra i mezzi pubblici o negli uffici aperti alla gente.
Sto male,
questo è il punto di sostanza. Male perché non riesco ad essere come vorrei,
fare le cose che devo, affrontare quello su cui ho riflettuto per tanto tempo.
Vivo soltanto un blando surrogato di ciò che mi immagino, ed ogni giorno mi
accorgo che tutti vanno avanti, si spingono in fuori, raggiungono dei risultati
e degli obiettivi che si erano prefissati, lasciando me sempre più indietro.
Forse lo merito quanto sta accadendo, penso; probabilmente avrei dovuto fare
scelte molto più radicali qualche anno fa. Però non ero pronto, mi dico; ho
avuto bisogno di tutto questo tempo per riuscire a comprendere che cos'era
davvero importante per la mia persona.
Mi siedo sopra
una panchina, lascio scivolare nella bocca l'ennesima caramella calmante per l’infiammazione
delle vie orali, poi scendo di nuovo nella metro per andarmene a casa. Chissà
come vanno queste cose, penso; poi all’improvviso ritrovo lo stesso tizio di
poco prima, e rifletto subito che adesso tocca a me stare a parlargli, sta a me
dire qualcosa, ed è così che lo affronto subito nella ricerca di spiegargli
almeno la maggior parte di tutti i miei problemi. Quello mi ascolta sorpreso
per lunghi minuti, quindi inizia a guardarmi con attenzione, ma sempre più
allibito. Alla fine mi riprende un attacco di tosse senza che possa neppure farci
niente: quello si allontana da me, e senza neppure salutarmi alla fine scende
ad una fermata, forse neppure la sua.
Attorno mi
guardano: quello che ho detto non è passato affatto inosservato; forse c’è
addirittura qualcuno che si ritrova in quello che ho cercato di spiegare.
Alcuni scendono, altri passando davanti a me mi salutano. Uno poi mi stringe la
mano: le porgo tutta la mia solidarietà, mi dice; poi se ne va. Alla fine
riprendo a tossire, e quando scendo non mi accorgo quasi di niente. Devo andare
dal medico, penso, non posso più continuare in questa maniera. Ma fuori dalla
metro adesso l’aria improvvisamente mi sembra più fresca, così la inspiro a
pieni polmoni, mi guardo attorno, sento che qualcosa in qualche maniera si sta come
assestando dentro di me. Va molto meglio, penso; in fondo ci voleva ben poco.
Bruno Magnolfi
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