venerdì 14 novembre 2014

Luci della città.

           

Ci sono dei giorni in cui camminando per strada ho notato con la coda degli occhi alcune piccole luci intorno al mio campo visivo, e di queste presenze in me si è spesso manifestato tutto lo stupore che potevo provare, accompagnato dalla mia assoluta attenzione. Poi però certe volte quelle luci si spengono, anche se in genere soltanto poco per volta, e peraltro non lasciano mai dietro di loro delle tracce visibili. Quando ci sono, se fingo di non guardarle, quelle insistono a brillare ed a muoversi nervosamente da qualche parte, magari sul margine delle mie percezioni, spesso in una allocazione della quale, anche riflettendoci, non saprei definire bene neppure direzione e distanza. Ma in questi casi allora tolgo gli occhiali con stizza, e spesso in questa maniera qualsiasi loro riflesso si annulla, ed è cosi che la serata appare improvvisamente più calma, serena, quasi noiosa per certi versi, senza più alcuna distrazione rispetto alla mia voglia di camminare e di curiosare lungo le strade di questo quartiere.
Ho chiesto ad un amico, una sera per caso a passeggio con me, che cosa riuscisse a vedere in mezzo a degli alberi scuri di un giardinetto che avevamo di fronte, vicino ad un palazzo in fondo alla strada, e lui mi ha garantito che non notava niente di strano, e che i miei nervi probabilmente erano forse sovraeccitati, o magari che avevo bevuto un po’ troppo. Probabilmente aveva pure ragione, penso adesso, anche se non mi è piaciuta la risata con cui ha accompagnato le sue parole, perché per me è come se quelle luci fossero vive, tanto che se ogni volta non mostro con determinatezza di averle notate, quelle sembra quasi che riescano a correre subito da qualche altra parte, nascondendosi rapidamente alla mia vista, magari comportandosi così soltanto per farmi un vero e proprio dispetto.
Il mio amico, in seguito, mostrando maggiore serietà, mi ha detto di non preoccuparmi, e che tutte le cose col tempo in qualche maniera si aggiusteranno, ma al contrario di lui a me pare che i miei problemi ultimamente tendano quasi costantemente ad aumentare. Ogni sera affronto la mia solita girata digestiva dopo l'ora di cena; l’itinerario che compio è addirittura quasi sempre il medesimo: ed ecco che alcune di quelle luci si fanno avanti e paiono di nuovo inseguirmi, anzi, addirittura precedermi. Se poi le guardo fisse quelle spariscono, si vanno a nascondere chissà dove. Ma se cerco di preoccuparmi di altro, ecco che quelle mi inseguono, si infiltrano nelle lenti dei miei occhiali, reclamano in qualche modo tutta la mia possibile attenzione.
Allora inizio a correre, vorrei sfuggire alle loro lusinghe, così svolto in un angolo, entro dentro la nicchia di un oscuro portone, mi volto a cercarle e loro eccole lì, quasi si burlassero di me. Le ignoro, per qualche altra decina di metri, ma poi sbuffo, sono stufo, vado verso di loro, cerco di prenderle, mi tuffo a capofitto in mezzo ad alcuni cespugli lungo il viale. Mi rialzo dopo che sono caduto, ce l'avevo quasi fatta stavolta, penso con convinzione, ed è sicuramente questo il sistema, devo dapprima ignorarle e poi buttarmi su di loro quando meno se lo aspettano, per poi catturarle, riuscire a prenderne almeno una o due direttamente con le mie mani nude, oppure con l’aiuto di un sacco, magari di una busta di plastica.
La mia fronte è sudata, devo calmarmi, penso; forse è meglio per il momento rimandare tutto quanto a domani: verrò da queste parti già ben attrezzato, rifletto; pronto per questo inseguimento che ormai devo per forza affrontare, e non mi farò gabbare stavolta, starò attento ad ogni movimento da fare, e le prenderò, ne sono sicuro, riuscirò a catturarle ed a metterle in gabbia, proprio per mostrare che avevo ragione stavolta, a tutti quanti, anche al mio amico; per convincerlo proprio che insomma, non c’era proprio niente da prendere in giro.


            Bruno Magnolfi

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