giovedì 19 marzo 2015

Inevitabile digestione.



La vecchia è caduta sul marciapiede, proprio lì, davanti a tutti. Forse si è rotta le costole oppure un femore, non è molto chiaro. Tutti sono corsi da lei, hanno cercato di aiutarla, di rialzarla, di rendere meno pesante e dolorosa la sua situazione. Qualcuno ha detto che ci sono dappertutto sconnessioni dei piani stradali, altri hanno spiegato che per certe persone purtroppo ci vorrebbero dei perfetti biliardi per riuscire a non farle cadere. L’ambulanza ci ha impiegato un minuto di troppo ad intervenire; per altri invece è stata persino troppo solerte. La donna anziana si guarda attorno spaurita. La gente le parla, qualcuno le dice stia ferma, uno muova le mani, qualcun altro le spiega delle banalità che lei forse ascolta soltanto perché è stata sempre una donna cortese, oppure addirittura fa così solo perché spaventata.
La sistemano sulla barella, infine, la portano via, ma non si sa ancora cosa abbia davvero. Lei fa un segno veloce con una mano, gli inservienti si fermano un attimo, la lasciano guardarsi ancora attorno per un lungo momento: forse la vita della vecchia non sarà più la stessa da ora in avanti. Lei lo sa, ne ha coscienza, magari lo sanno anche due o tre persone intorno a quel piccolo assembramento che si è formato. Qualcuno dice che la sua vita ormai l’ha vissuta, altri annuiscono a quelle parole, ma soltanto perché non sanno proprio cos’altro pensare.
Forse non c'è neppure tutta questa fretta, dice un uomo vestito piuttosto male, noto in tutto il quartiere. L'ambulanza prosegue a stazionare accanto al marciapiede, creando con le luci girevoli quel senso di dramma urbano che in breve si sta consumando, per qualcuno forse un fatto del tutto ordinario, abituale, e per altri invece una situazione limite, naturalmente, quasi assurda. La vecchia piange, è disperata, alcuni dicono che qualcuno si preoccuperà senza alcun dubbio di avvertire i parenti di quanto successo, ma lei non sta affatto pensando quello; anzi, al contrario, non vorrebbe mai essere di peso a nessuno, né amici e né parenti, le dispiace persino per quei barellieri che stanno lì solo per lei, quei bei ragazzi che potrebbero fare chissà quali cose, invece di starsene attorno ad una donnetta senza futuro.
L'autista dell'ambulanza è nervoso: vorrebbe che tutto si svolgesse più in fretta: ha ansia di guidare veloce tra le macchine ed il traffico, con le luci e le sirene spiegate, per mostrare quanto la sua attività sia quasi superiore a tutte le altre. La vecchia improvvisamente dice che adesso non vuole andare da alcuna parte, ed al contrario vuol rimanere lì, e morire sul marciapiede, per non dare fastidio a nessuno. Pensa adesso alle lunghe giornate magari nel letto dell'ospedale, agli infermieri che continuano a girarla sui fianchi per evitarle le piaghe, al suo sentirsi sempre più oggetto, senza volontà, forse senz'anima, rannicchiata per forza nel proprio egoismo, e sorretta da quell’ultimo attaccamento alla vita, pur surrogata, certo, pur di altro ordine. Qualcuno lì attorno forse vorrebbe piangere con lei per qualcosa che crede di avere intuito, ma tutti in fondo hanno altro da fare, e alla fine alcuni se ne vanno un po’ alla spicciolata, anche se vengono immediatamente sostituiti da altri curiosi, da perdigiorno che volentieri si accostano, immancabilmente chiedendo qualcosa, spalancando gli occhi, indicando un punto, una cosa laggiù, forse la direzione che dovremmo tutti tenere, chissà verso dove.
Infine la vecchia è caricata, e pur lentamente l'ambulanza riparte: è stato inevitabile, pensano alcuni, mentre tutti gli altri se ne vanno via, ed ogni cosa torna ad essere com’è sempre stata. Ognuno adesso riprende la propria attività, i propri compiti, meno che lui, proprio l'uomo più strano, quello vestito piuttosto male che tutti conoscono; lui resta, rimane ancora qualche momento in quell’angolo, sul marciapiede, fermo esattamente dov’era prima, ma forse soltanto perché di fatto non ha proprio nient’altro da fare.


Bruno Magnolfi

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