Silenziosa, con calma, anche oggi lei parcheggia
la sua auto davanti al supermercato, così mescolando la sua alle decine di
altre macchine che sostano normalmente in questo enorme piazzale, ognuna entro
il confine delle apposite strisce bianche, spegnendo il motore e lasciando
accesa la radio, ma ad un volume il più possibile attenuato. Questa utilitaria,
insieme alla sofferenza per una separazione non voluta da lei, praticamente è
tutto ciò che le ha lasciato il marito, e lei comunque gli rimane grata ancora
adesso per averla spinta, in anni più giovanili, ad acquisire la patente per
poterla almeno guidare.
Sta qui, anche se non sempre scende dall’auto per
fare delle spese. Guarda quelle persone che si muovono tutt’intorno con le loro
buste e i carrelli, ben attenta a non farsi troppo notare. Finge di leggere
qualcosa, generalmente, ascolta i notiziari della radio, perde tempo, senza
stare a preoccuparsi quasi di niente. Le piace quel senso di normalità che si
respira da queste parti, le piace sapere di essere una come tutte le altre,
tanto da perdersi volentieri nel mucchio. Certe volte pensa che potrebbe fare
qualcosa, imporsi degli scopi da perseguire. Ma in fondo le piace più di ogni
altra cosa sonnecchiare con le mani sopra al volante in questo parcheggio,
stare qui come pronta a fare chissà che cos’altro, senza preoccuparsi davvero
di che possa essere.
I clienti del supermercato vanno e vengono, forse
qualcuno addirittura la vede mentre se ne sta qui a scaldarsi al sole. Uno di
loro poi si avvicina, le bussa sul vetro, dice che deve uscire dal parcheggio a
fianco, e se lei con la sua auto potesse andare due metri più avanti renderebbe
la sua manovra più facile. Certo, niente di male, dice lei, che avvia il motore
ed immediatamente si sposta. L’uomo che le ha parlato adesso sorride mentre va
via, la saluta con un semplice gesto, una forma di ringraziamento, o forse la
conosce, magari l'ha già incrociata da queste parti.
Lei non ci tiene al saluto di qualcuno, preferisce
che tutti la scambino per una persona indaffarata che viene a fare spese per la
sua famiglia, anche se in verità abita da sola. In fondo anche lei è una
famiglia, pensa talvolta: si deve preoccupare sempre di tutto, pagare le
bollette, fare gli acquisti. Certe volte si chiede se davvero abbia senso la
vita che manda avanti, poi in altri casi riprende ad interrogarsi sui suoi errori,
ammesso che ce ne siano. Ma alla fine, più di tutto le piace proprio stare qui,
senza pensare niente, in questo parcheggio, dove nessuno può sostenere davvero che
non si stia preoccupando di niente.
Dopo poco torna il signore di prima, è a piedi
stavolta, le bussa al vetro, proprio come aveva fatto precedentemente, e quando
lei abbassa il finestrino, le dice che se le va vorrebbe offrirle un caffè, qui
vicino, in questo locale subito di fronte. Lei cerca di darsi un contegno,
adesso dovrebbe andare a far spese, anzi, prima cercare la lista delle compere
che ha preparato e che adesso non trova, ma alla fine, dopo essersi mossa varie
volte sul seggiolino, risponde di si, sorridendo: può permettersi addirittura di
perdere dieci minuti.
Scende, chiude l'auto, l'uomo si presenta, dice
che l'ha già notata altre volte ferma dentro la macchina, come aspettasse
sempre qualcuno. E' vero, dice subito lei, mio marito lavora al supermercato,
così spesso vengo a prenderlo a fine turno. L'uomo annuisce, ma comprende che
la donna stia inventando qualcosa per coprire la sua solitudine. Insieme
prendono il caffè, parlano del più e del meno e poco dopo si salutano, stringendosi
la mano. Domani tornerò qui, dice lui mentre sta andando via. La cercherò di
nuovo: se fosse in zona magari potremmo prendere un altro caffè.
Bruno Magnolfi
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