Oggi tutto è difficile. I ragazzi stanno seduti, qualcuno scomposto, e
quasi non parlano mentre con le facce lunghe si mostrano annoiati, o fingono di
essere stanchi, svogliati, senza neppure la forza di parlare di un argomento
diverso dalle solite stupidaggini. Il barista scuote la testa quando getta
un'occhiata verso di loro in quell'angolo della saletta, e prosegue a sistemare
tazze e bicchieri.
Non c’è niente di male, si dice, nello starsene immobili cercando di non
cambiare una virgola di quello che siamo. Lui sta insieme con gli altri, e in
serate così vorrebbe quasi andarsene da quel solito posto, tanto gli sembra
ottuso perdere tempo in questa maniera. Ma il senso di appartenenza a quel
gruppo fa in modo che proprio in quell’esatto momento in cui il suo pensiero è
così negativo, lui si alzi, si scuota, dica: dobbiamo assolutamente fare
qualcosa, ragazzi.
Gli altri lo guardano, lo valutano, poi lentamente, quasi rispondendo al
richiamo ma per una specie di inerzia, iniziano ad alzarsi dalle sedie di
plastica. Fuori la serata non è niente di speciale, da un lato della strada ci
sono tutte le luci accese del loro paese, e dall'altro soltanto la campagna aperta
con qualche casa isolata. Accendono i motorini e gli scooters, fanno tra loro
qualche battuta, poi tutti in gruppo si avviano e finiscono in piazza, la
piazza principale di quell’agglomerato di case, con le panchine e qualche
cespuglio dentro le aiuole, e dove a quell’ora della serata si incrociano
soltanto alcuni anziani che generalmente non hanno niente da fare.
Dobbiamo trovare uno scopo che ci porti fuori da questa palude, fa lui. Ci
sarà pure qualcosa che ci fa schifo, contro la quale scagliarsi con tutte le
forze che abbiamo. Dobbiamo scovare l'elemento che ci renda degli attori, dei personaggi
della commedia, invece di subire tutto in questo stupido modo. Alcuni ridono, qualcuno
accenna di sì con la testa, ma nessuno sa neppure vagamente dove quei discorsi
possono andare a parare. Poi uno dice che è la politica la cosa peggiore di
tutte, e gli altri dicono subito che è vero, che è così, e mentre molti sembrano
essere d'accordo, lui dice soltanto che quello che devono fare adesso è
inventarsi una semplice corrente d'opinione che faccia diventare vecchio e
sorpassato quasi tutto il resto.
Si trova carta e matita, e si incomincia a scrivere e progettare cosa sia
meglio fare nell’immediato. Una manifestazione, ecco quel che ci vuole, dice
qualcuno. Scuotere questo paese senza spina dorsale, inventarsi una nuova
bandiera, uno slogan, un ideale a cui andare dietro. Un paio di ragazzi si fa
venire qualche altra idea, alcuni poi aggiungono qualcosa, e la data sembra già
fissata: tutti in quel giorno deciso dovranno semplicemente sfilare lungo
quella strada gridando qualcosa, si dice; qualcosa di forte, di estremamente
spiazzante, che lasci di stucco anche chi, per evidente disinteresse, persino in
un’occasione del genere non ha saputo far altro che restarsene a casa propria.
E’ il sindaco che fa schifo, dice lui, e gli altri scuotono la testa in
segno di approvazione. Dobbiamo costringerlo alle dimissioni, la nostra
manifestazione sarà contro di lui. Si cercano le parole giuste, le frasi più
adatte, si pensa agli striscioni da approntare, le idee da gridare in un coro. Si
annota tutto ciò che viene detto: qualsiasi idea nei giorni seguenti dovrà
essere valutata con attenzione, ed intanto i ragazzi sembrano come elettrizzati,
sono sicuri che in futuro potranno tenere in pugno le cose, dare una svolta
decisa anche alla vita monotona della provincia.
Infine finiscono le loro birre e poi se ne vanno, ognuno a casa propria.
L’appuntamento è per il giorno seguente: serviranno altre idee, e anche
sostegno, condivisione, accordi con tutti. Lui è soddisfatto: qualcosa si sta
muovendo qua attorno, pensa; in fondo non ci voleva poi molto.
Bruno Magnolfi
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