Sono quasi venti anni che proseguo a fare esercizio in questa mia
disciplina. Non perché abbia in mente qualcosa di preciso per i prossimi tempi
o per chissà quando, ma per non farmi trovare impreparato nel caso mi si
chiedesse di esprimere quello che a volte reputo, probabilmente con un briciolo
di esagerazione, il mio talento in questo campo. Forse per me allenarmi è
diventata addirittura un'attività che somiglia molto ad una semplice abitudine,
però non riesco ad esimermi dal praticarla quasi ogni giorno, e dal cercare in essa soluzioni che non siano
soltanto una serie di ordinari rudimenti. Sorrido a volte pensando a come
alcuni, probabilmente anche tra coloro delle persone che conosco, sarebbero
sicuramente pronti a sostenere che tutto questo tempo che io dedico alla mia
attività sia sostanzialmente gettato via, ma io penso che forse non sarei
neppure come sono se non avessi proseguito a fare pratica per tutto questo
tempo, coltivando la necessità di sentirmi costantemente pronto, in grado di
affrontare qualsiasi prova con risultati secondo il mio parere più che accettabili.
Quando ho appena finito di allenarmi sento di star bene, di essere in pace
con me stesso, e questo mi pare importante. Poi un giorno conosco una ragazza,
la invito a casa mia per più di una volta, sto bene insieme a lei, proviamo
diverse affinità tra di noi, ed alla fine lei mi chiede cosa io faccia in
quella stanza sempre chiusa, quella dedicata a questa mia personale attività.
Le spiego che là dentro cerco di dare sfogo alla mia passione, a qualcosa in
cui ho sempre creduto, ma che non ho mai espresso in pubblico, forse per
timidezza, o per una sorta di personale sottostima, non saprei. Lei mi chiede
anche altre cose, ma corre troppo, la sua curiosità vorrebbe andare sicuramente
oltre, ma io le taglio subito il discorso: per il momento non mi va di
affrontare con lei delle spiegazioni che coinvolgono completamente le mie più
segrete intimità.
Proseguo ad allenarmi, sempre da solo, senza mai neppure il sostegno di
qualcuno. La mia ragazza da qualche settimana ha iniziato a fare delle
allusioni poco divertenti riguardo la mia stanza, circa le mie esercitazioni,
il mio comportamento, così ho iniziato a diradare i nostri appuntamenti. Credo
che la nostra storia dovrà inevitabilmente arrivare alla fine, non vedo alcuna
altra possibilità, visto che non ho nessuna voglia di confidare a lei i motivi
per cui coltivo la mia passione, anche ammesso che questa disciplina probabilmente
non mi porterà mai da alcuna parte.
Come ogni giorno, porto avanti i soliti esercizi, iniziando da quelli
semplici per arrivare fino a quelli più complessi e impegnativi. Non vado tanto
male, penso; se mi chiamasse qualcuno in questo momento credo non sfigurerei,
anzi, potrei addirittura lasciare di stucco più di una persona. La cosa
sostanziale è che il perseguire con impegno questo mio esercitarmi, fa in modo
che io mi senta ricco, a mio agio con tutti gli altri, addirittura in certi
casi soddisfatto delle mie capacità. Spesso penso che questa, comunque vada,
sia esattamente la mia strada, quella che reputo la mia più forte aspirazione.
Osservo gli altri, in tanti casi, e mi pare impossibile che ognuno di loro
non abbia qualcosa che tiene in serbo per sé, da qualche parte. Forse un
pensiero, un sogno, un piccolo segreto da coltivare. Poi ricomincio con gli
esercizi: dovrò smettere una volta o l'altra, e dire a me stesso che non ha
avuto senso andare avanti così per tutti questi anni. Salgo sopra un mezzo
pubblico, mi siedo, nessuno mi conosce; eppure se qualcuna delle persone
presenti mi guardasse con attenzione, seguisse le mie mani, il mio modo di
ordire il tempo che scorre, forse potrebbe cominciare a comprendere qualcosa di
me, dei miei modi, dei miei interessi, ed in questa maniera potrebbe addirittura
giungere a capire cosa sia che io tengo racchiuso dentro me. Poi sorrido: che cosa
importa, penso alla fine; ognuno segua pure nel suo interno le proprie
aspirazioni.
Bruno Magnolfi
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