giovedì 14 maggio 2015

Testi musicali.

            

Stamani ho iniziato casualmente a picchiettare con le dita sul piano di legno, mentre stavo seduto al mio tavolo, durante un momento in cui non avevo proprio nient'altro da fare. Mi piaceva quel tempo regolare che riuscivo a tenere, così ho replicato quella figura ritmica parecchie volte, fino a quando ho preso due matite ed ho ripetuto di nuovo quella stessa scansione del tempo, direttamente sopra la costola di un libro che avevo accanto. Suonava bene, mi piaceva, fluiva tutto in modo molto regolare, e quindi ho proseguito così senza neanche cercare di produrre delle variazioni. Poi ho cominciato a cantarci sopra qualcosa, inizialmente quasi una nenia infantile senza le parole. La cosa pareva andare, tutto funzionava, sembrava quasi avessi fatto da sempre della roba di quel genere.
Qualche parola intonata poi ha iniziato a venire fuori quasi da sola, come seguendo tutto il resto per una sorta di simpatia. Le sillabe sembravano combaciare con il ritmo, ed anche se tutto quanto non pareva significare quasi niente, a me sembrava incredibile che la mia attività pur cosi disimpegnata potesse dare risultati di quel genere. Mi sono interrotto soltanto per un attimo, giusto per prendere dentro una scatola nell’armadio un vecchio registratore fino ad allora quasi inusato, e che ho subito messo in funzione, al fine di non dimenticare quell'idea sonora che aveva quasi preso forma. Cosi ho continuato a lungo a lavorare ancora sopra le parole, e la musicalità di tutto l'insieme mi pareva a tratti scaturire in un modo del tutto naturale, quasi avessi nel sangue delle doti innate per fare cose di quel tipo. Ho proseguito a registrare a lungo tutto quanto, fino a che, con lunghi squilli, non è suonato il mio telefono, nel corridoio. Mi sono precipitato a rispondere, anche se con un certo fastidio, naturalmente dopo aver schiacciato il pulsante di interruzione della registrazione.
Era soltanto l'amministratore del condominio dove abito che mi avvertiva di una certa faccenda di cui attendevo risposta già da un po’ di tempo; ma se normalmente soltanto la voce di quel ragioniere riusciva ad infastidirmi, adesso al contrario mi faceva quasi piacere, mi sentivo anzi elettrizzato, anche divertito, tanto da rispondere a lui quasi intonando le parole che gli dicevo, e immaginando spontanea in me quella musicalità che non avevo neppure mai cercato, e che adesso, inaspettata, proseguiva come a fluire naturale dalla mia gola. Poi abbiamo riagganciato, ed io ho subito pensato che mi conveniva distrarmi ulteriormente, forse uscire anche di casa, pensare ad altre cose, insomma, in modo da ritrovare in seguito, al momento del riascolto, tutta la freschezza del brano che avevo precedentemente registrato.
Così ho preso subito la giacca con il mazzo delle chiavi, ed ho chiuso la porta alle mie spalle, precipitandomi per le scale per andarmene subito da Maurino, il bar del mio quartiere dove mi faccio vedere qualche volta. Ma lungo la strada ho incontrato di nuovo l’ amministratore del condominio, che fermandomi mi ha dato altre delucidazioni sulla faccenda di poco prima, sorridendo tra sé di qualcosa che non ho neppure compreso. Poi ci siamo salutati, e camminando da solo ho ripensato alle parole del brano di poco prima. Potevo usare un argomento sociale, pensavo, qualcosa vicino a tutti, un testo libertario, in quella specie di canzone che stavo componendo. Il ritmo lo avevo già scordato, ma avrei subito ritrovato tutto quanto una volta tornato a casa e riascoltata la registrazione.
Nel bar ho parlato col mio amico di tutta la faccenda, e lui mi ha subito  incoraggiato, dicendo che questa cosa poteva essere importante, e che dovevo darci dentro, e ancora che lui aveva sempre pensato a me come ad un artista, un tipo estroso, insomma. Cosi mi sono scolato un paio di birre schernendomi, e quando sono uscito avevo la testa senz’altro più leggera. Ho immaginato di incontrare per la strada ancora l'amministratore, così per evitarlo ho fatto un giro molto lungo.
Sono rientrato in casa con la sensazione di ritrovare le medesime sensazioni di poco prima, quindi ho chiuso la porta alle mie spalle ben contento di essere lì, di poter riaccendere il registratore ed ascoltare quanto avevo prodotto. Mi sono seduto, ho premuto il pulsante, ma mi sono subito reso conto che in quell'aggeggio non era rimasto impresso niente, neppure un rumore di fondo. Mi è parsa la fine, ma dopo un po' me ne sono fatta una ragione, e sono subito tornato al bar.


Bruno Magnolfi

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