Stamani ho iniziato casualmente
a picchiettare con le dita sul piano di legno, mentre stavo seduto al mio
tavolo, durante un momento in cui non avevo proprio nient'altro da fare. Mi
piaceva quel tempo regolare che riuscivo a tenere, così ho replicato quella
figura ritmica parecchie volte, fino a quando ho preso due matite ed ho
ripetuto di nuovo quella stessa scansione del tempo, direttamente sopra la
costola di un libro che avevo accanto. Suonava bene, mi piaceva, fluiva tutto
in modo molto regolare, e quindi ho proseguito così senza neanche cercare di
produrre delle variazioni. Poi ho cominciato a cantarci sopra qualcosa,
inizialmente quasi una nenia infantile senza le parole. La cosa pareva andare, tutto
funzionava, sembrava quasi avessi fatto da sempre della roba di quel genere.
Qualche parola intonata poi ha
iniziato a venire fuori quasi da sola, come seguendo tutto il resto per una
sorta di simpatia. Le sillabe sembravano combaciare con il ritmo, ed anche se
tutto quanto non pareva significare quasi niente, a me sembrava incredibile che
la mia attività pur cosi disimpegnata potesse dare risultati di quel genere. Mi
sono interrotto soltanto per un attimo, giusto per prendere dentro una scatola
nell’armadio un vecchio registratore fino ad allora quasi inusato, e che ho
subito messo in funzione, al fine di non dimenticare quell'idea sonora che
aveva quasi preso forma. Cosi ho continuato a lungo a lavorare ancora sopra le
parole, e la musicalità di tutto l'insieme mi pareva a tratti scaturire in un
modo del tutto naturale, quasi avessi nel sangue delle doti innate per fare
cose di quel tipo. Ho proseguito a registrare a lungo tutto quanto, fino a che,
con lunghi squilli, non è suonato il mio telefono, nel corridoio. Mi sono
precipitato a rispondere, anche se con un certo fastidio, naturalmente dopo
aver schiacciato il pulsante di interruzione della registrazione.
Era soltanto l'amministratore
del condominio dove abito che mi avvertiva di una certa faccenda di cui attendevo
risposta già da un po’ di tempo; ma se normalmente soltanto la voce di quel
ragioniere riusciva ad infastidirmi, adesso al contrario mi faceva quasi
piacere, mi sentivo anzi elettrizzato, anche divertito, tanto da rispondere a
lui quasi intonando le parole che gli dicevo, e immaginando spontanea in me
quella musicalità che non avevo neppure mai cercato, e che adesso, inaspettata,
proseguiva come a fluire naturale dalla mia gola. Poi abbiamo riagganciato, ed
io ho subito pensato che mi conveniva distrarmi ulteriormente, forse uscire
anche di casa, pensare ad altre cose, insomma, in modo da ritrovare in seguito,
al momento del riascolto, tutta la freschezza del brano che avevo
precedentemente registrato.
Così ho preso subito la giacca
con il mazzo delle chiavi, ed ho chiuso la porta alle mie spalle,
precipitandomi per le scale per andarmene subito da Maurino, il bar del mio
quartiere dove mi faccio vedere qualche volta. Ma lungo la strada ho incontrato
di nuovo l’ amministratore del condominio, che fermandomi mi ha dato altre
delucidazioni sulla faccenda di poco prima, sorridendo tra sé di qualcosa che
non ho neppure compreso. Poi ci siamo salutati, e camminando da solo ho
ripensato alle parole del brano di poco prima. Potevo usare un argomento sociale,
pensavo, qualcosa vicino a tutti, un testo libertario, in quella specie di
canzone che stavo componendo. Il ritmo lo avevo già scordato, ma avrei subito
ritrovato tutto quanto una volta tornato a casa e riascoltata la registrazione.
Nel bar ho parlato col mio
amico di tutta la faccenda, e lui mi ha subito
incoraggiato, dicendo che questa cosa poteva essere importante, e che
dovevo darci dentro, e ancora che lui aveva sempre pensato a me come ad un
artista, un tipo estroso, insomma. Cosi mi sono scolato un paio di birre
schernendomi, e quando sono uscito avevo la testa senz’altro più leggera. Ho
immaginato di incontrare per la strada ancora l'amministratore, così per
evitarlo ho fatto un giro molto lungo.
Sono rientrato in casa con la
sensazione di ritrovare le medesime sensazioni di poco prima, quindi ho chiuso
la porta alle mie spalle ben contento di essere lì, di poter riaccendere il
registratore ed ascoltare quanto avevo prodotto. Mi sono seduto, ho premuto il
pulsante, ma mi sono subito reso conto che in quell'aggeggio non era rimasto
impresso niente, neppure un rumore di fondo. Mi è parsa la fine, ma dopo un po'
me ne sono fatta una ragione, e sono subito tornato al bar.
Bruno Magnolfi
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