Lei aveva soltanto
venti anni quando si era messa con il signor Mario che abitava al piano sopra
l’appartamento dei suoi genitori, mentre lui aveva già superato abbondantemente
i quaranta. Naturalmente tutto era stato fatto ed era proseguito in grande
segreto, tenendo conto di orari, situazioni, possibilità. Lui svolgeva una
normale attività di commercialista, ed era regolarmente sposato con una gentile
signora che lei salutava cortesemente ogni volta che incontrava lungo le scale,
sorridendo anche al figlio sempre tenuto per mano, che frequentava già la
scuola primaria.
Lei era soltanto una
studentessa al quarto anno di lettere. Con tutte le limitazioni ed i rischi che
c’erano, di fatto loro erano riusciti a vedersi pochissimo, concordando sempre
i tempi esatti in cui lui riusciva a rimanere in casa da solo, quando lei,
spesso con tutta la fretta possibile, ed accampando sempre delle scuse
generalmente banali per uscire, poteva fare le scale e raggiungerlo. Tutto
durava sempre ben poco, giusto il tempo di scambiare qualche dolcezza,
spogliarsi in fretta, e poi via, un ultimo sguardo, ed ognuno per conto
proprio.
Oggi è trascorso poco
più di un anno da quei primi tempi, e lei ha diradato le volte in cui sale
nell’appartamento del signor Mario, come continua a chiamarlo. Le piace ancora
ritrovarsi con lui, sistemarsi con calma su quel divano in salotto, e poi
sciogliere con lentezza il nodo della sua cravatta, come fosse un inizio già
concordato, e con due parole fare un po’ la sciocchina; ma tutto, negli ultimi
tempi, sembra ormai diventato come una qualsiasi abitudine.
E’ una storia da
chiudere, pensa lei qualche volta, anche quando è lì, proprio su quel divano;
ma non riesce mai a decidersi. Così rimanda sempre qualsiasi iniziativa. Loro
non parlano, non hanno mai parlato di niente, se non sottovoce delle cose
essenziali per tornare a vedersi. Affrontare adesso quell’argomento, cercare
addirittura di spiegarsi, di farsi capire, è qualcosa che almeno a lei torna
addirittura innaturale. Così lascia perdere, rimanda, evita il tema.
Di quella relazione lei non ne ha mai parlato con
nessuno, d'altronde non ha certo avuto bisogno di comprensioni, e neppure di
pareri scandalizzati da parte di amici o colleghi di corso. Però adesso non sa
cosa fare, oscilla tra un pensiero e quell'altro, e qualche volta sente il
bisogno di confidarsi con qualcuno sentendo mancare almeno in parte la voglia
di salire le scale. In fondo si crogiola in questa indecisione, ed anche se da
un lato sa che deve prima o dopo affrontare la cosa, dall’altro tende
spontaneamente a rimandarla. Sa che ha troppo da guadagnare chiudendo quella
storia, lo comprende benissimo. Ed a volte si dice tra sé che non avrebbe mai
dovuto neppure iniziarla, anche se si giustifica che è stato un fatto
d’istinto, senza una vera scelta di fondo.
Ora sta studiando in camera sua, su un vecchio
testo di Schlegel, quando gli giunge la vibrazione di un messaggio sul suo
cellulare. E’ il segnale, adesso può salire da lui, dal suo signor Mario; lei
si prepara, dice qualcosa alla mamma, prende dei libri con sé per avere almeno
una copertura, poi apre la porta. Lui la riceve, la guarda, l’abbraccia, dice
subito però che è l’ultima volta. Lei è sorpresa, prova una vertigine, un
improvviso terribile senso di abbandono, forse ingiustificato: ma poi lo
stringe un attimo, racchiude tutto in un gesto, e infine se ne va, senza
rispondere niente; così si chiude un periodo.
Bruno Magnolfi
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