Certe volte mi pare
di non avere niente da dirti, fa lei; è come se ci fossimo già detti tutto, ed
ogni parola adesso fosse soltanto una ripetizione scialba ed inutile di
qualcos’altro. Poi sbuffa, muovendosi sopra i suoi tacchi dentro la stanza da
ufficio spaziosa e ben illuminata, con i modi di chi ha solo voglia di andarsene
in fretta da lì. Invece alla fine si siede, e con indifferenza apre a caso
sopra le sue gambe accavallate la pagina di una rivista che trova su un piccolo
tavolo. Lui non la guarda, forse è persino controproducente dirle qualcosa,
perciò resta in silenzio, lasciando che l’aria ovattata là dentro sia quasi un
rimedio per quei pensieri ingombranti. Così prosegue a consultare qualcosa
sopra il piccolo schermo su di un lato della sua grande scrivania.
Fuori da quello
studio dell’agenzia di assicurazioni, ogni poco si sentono giungere in sottofondo
delle telefonate alle quali due o tre impiegati cercano di far fronte, ed uno
di loro ad un tratto bussa leggermente alla porta solo per avvertire da uno
spiraglio che c’è in linea un certo dottor Sironi che chiede del direttore. Lui
prende subito un incartamento, quindi alza il ricevitore, ascolta pazientemente
alcune frasi gracchianti, poi risponde per cifre qualcosa di poco
comprensibile, ed infine, una volta dettato un appuntamento per un giorno della
settimana seguente, chiude formalmente la comunicazione. Forse si usano anche
troppe parole, le dice adesso guardandola. Sono i nostri sentimenti che non
riescono più ad emergere, né dai gesti né dai discorsi, e tutto in questo modo
diviene ordinario, scontato, privo di qualsiasi interesse.
Lei adesso si volta,
lo guarda, sembra quasi punta sul vivo, come si sentisse improvvisamente
prigioniera di un modo di comportarsi poco adeguato, ma poi gira nervosamente
un’altra pagina di quel suo giornale forse insignificante, e prosegue a fingere
attrazione per qualcosa scritto là sopra. Va bene, gli dice senza alzare lo
sguardo; così hai già deciso, mi sembra. Poi lascia passare un solo secondo in
cui forse attende una replica pronta, una parola immediata di chiarimento,
magari un gesto veloce di semplice diniego, ma non arrivando da lui alcun
segnale in quel breve lasso di tempo, si alza rapidamente con modo stizzito,
sbatte quasi la rivista sul tavolo, e si gira decisa a raggiungere la porta ed
andarsene.
Con perfetto tempismo a quel punto lui la chiama
per nome, lei sui suoi tacchi si volta mostrando un’ espressione severa, e lui
a bassa voce le dice soltanto: non è proprio tutto da gettare via; i periodi
difficili si possono superare, se si tengono i nervi ben saldi. Lei si ferma,
ha già una mano sulla maniglia, ma dall’altra parte dell'uscio sente bussare.
Si affaccia appena un’impiegata, dice: scusate, ma ha ritelefonato Sironi e
vuole un diverso appuntamento, perché per il giorno fissato ha già un impegno
importante. Lui a quel punto si alza dalla sua scrivania, dice che tra cinque
minuti lo richiamerà; poi, chiusa la porta accompagnandola con una mano, cerca
di scusarsi con lei in qualche maniera: lo vedi anche tu, qui non si può
proprio parlare, qualsiasi decisione così non può essere mai quella giusta.
Va bene, fa lei, abbassando lo sguardo: dentro ad
un ingranaggio metallico qualsiasi cosa soffice rimane stritolata. Lui la
guarda più da vicino restando colpito da quella frase. Forse vorrebbe quasi
chiederle, per una semplice curiosità, se abbia letto qualcosa del genere sulla
rivista che aveva fino ad ora tra le mani curate, ma si limita semplicemente ad
annuire sorridendo. Lei pare intuire quel suo pensiero, cosi aggiunge subito:
certe cose si trovano scritte proprio su quei giornali che voi uomini d'affari
non sfogliereste neppure pagati. Eppure, tra quelle pagine spesso vuote di
senso, certe volte si dicono anche cose sensate.
Bruno Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento