mercoledì 18 maggio 2016

Davanti agli occhi

         

            La macchia sopra al muro tende ad espandersi, praticamente ne sono certo. Anzi, sono sicuro che  in questo momento è senz’altro molto più grande di qualche tempo fa, anche se adesso sembra costituita solamente da una leggera ombreggiatura, evidenziandosi come una chiazza leggermente scura ed omogenea, che però dimostra, almeno secondo me, quanto qualcosa di vivo e di vegeto stia lentamente lavorando appena sotto la superficie dell’intonaco, e lo faccia in maniera del tutto indisturbata. Mio genero, quando l’ho informato su quanto stava accadendo, ha detto solamente che secondo lui non c’era proprio nessuna parete della casa da dover rimbiancare, e la medesima cosa hanno immediatamente detto anche tutti gli altri componenti della mia famiglia, alzando perfino le spalle subito dietro ogni mia indicazione.
            In certi giorni poi a me pare addirittura che si muova quella macchia. Mi piazzo là seduto, nella stessa posizione di ogni volta, e vedo quei contorni che si aprono, lentamente si slabbrano, mandano in avanti piccole lingue come in avanscoperta, e infine richiudono con calma tutti gli spazi guadagnati, riprendendo in seguito la stessa forma rotondeggiante che quella chiazza in fondo ha sempre avuto. Adesso non dico più niente a nessuno, naturalmente, tanto non riesco ad ottenere dagli altri un bel niente, però proseguo a tenere quella macchia costantemente sotto controllo, ed è come se nella mia testa ogni giorno si formasse un’immagine precisa e pressoché duratura di ciò che si mostra sul muro, tale da essere confrontata per sovrammissione a quella che vedo nel momento che ritorno a guardarla.
            Confronto le immagini di quella macchia, ogni volta che posso, e mi accorgo subito con certezza che qualcosa è cambiato, e che mille sottili peduncoli hanno fatto lentamente la loro comparsa, variando le proporzioni, la forma, le sfumature, ed in certi casi anche il colore di tutto quell’insieme. La mia famiglia mi controlla mentre osservo ancora la parete, ed ho quasi l’impressione che tutti loro non riescano neppure a distinguere le differenze di pigmentazione che si sono prodotte nel tempo sopra quel muro: forse pensano che la mia sia soltanto un’invenzione per attirare il loro interesse, o che io riesca a vedere qualcosa che per loro è del tutto impossibile.
            Così ho immaginato di fingere un certo distacco da quell’impronta, e di lasciare che la vita di quell’intonaco proseguisse ad avere un suo corso, un’esistenza del tutto autonoma da qualsiasi attenzione le si possa prestare, e con tale intento mi sono perciò imposto di disinteressarmi del tutto di quella macchia, ed al centro della stessa parete piazzare con del nastro adesivo un cartoncino che avevo da parte, uno di quelli con un disegno qualsiasi stampato sopra. Per qualche giorno tutto è parso andare piuttosto bene, ma ad un tratto mi sono accorto che la carta magicamente aveva iniziato a cedere: da un lato si era un po' deformata, dall’altro le increspature parevano seguire ogni irregolarità della superficie del muro, e nell’insieme il quadretto stava lasciandosi modificare perfino nell’immagine che c’era disegnata.
            Allora ho compreso che non era più possibile andare avanti così; perciò, di nascosto a chiunque, sono uscito da casa, e in un negozio vicino ho acquistato con i miei pochi risparmi una densa vernice rossa, la tonalità più sgargiante che sono riuscito ad avere, e con un pennello sono subito andato a spalmare di colore tutta la zona della parete. Adesso secondo me va tutto molto meglio: la macchia è ricoperta da una macchia maggiore, molto più forte, più spessa ed anche estremamente evidente, e quindi mio genero, anche se inizialmente si è parecchio arrabbiato, in seguito ha alzato le spalle, disinteressandosi di tutto, ed io in quello stesso esatto momento ho compreso che non c’era da provare più alcuna paura; ho vinto, rifletto ancora adesso, non ci sono assolutamente dei dubbi.


            Bruno Magnolfi

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