Respiro,
forse un po’ troppo affannosamente, e difatti qualcuno che incontro per la strada
mi osserva con una certa intensità, quasi immaginasse di vedere un ladro che ha
appena messo a segno un colpo ai danni di qualche negoziante della zona. La
giornata appare una semplice fotocopia di mille altre giornate, e anche l’aria sembra
praticamente immobile e ricca come al solito di impurità, nella stessa esatta
maniera delle persone che mi vedo intorno, mentre si preoccupano di dare l’impressione
di essere come sempre le medesime. Spicco delle piccole corsette, ogni tanto,
giusto per darmi qualche importanza, poi però mi fermo e infine cerco di
respirare a fondo, ma solo per
riprendere appena un po’ di fiato. In certe occasioni, per camuffare la mia asma,
fingo addirittura di avere dei problemi ad una gamba, e così mi metto a
zoppicare, poi strascico un piede, mi abbraccio le ginocchia mostrando del dolore,
e qualche volta non posso fare a meno anche di lamentarmi a voce alta. Non ci
sono veri problemi, dico spesso tra me per confortarmi: tutto va avanti in
qualche modo, e l’importante è la capacità di stabilire ciò che davvero abbia ancora
un senso.
Poi mi volto, considerato che
davanti a me in questo momento non c’è proprio più nessuno, e vedo un tizio che
mi segue fingendo peraltro una certa indifferenza, così penso che forse le mie
riflessioni per qualcuno risultano perfino più importanti di quanto mi sarei
mai atteso. Perciò volto ad un angolo, riprendo a camminare rapidamente lungo
la mia strada, e così facendo cerco di far perdere velocemente le mie tracce,
anche se immagino subito e con certezza che non mi riuscirà molto facilmente.
Corro, zoppico, mi fermo, guardo da ogni parte cercando la salvezza, e poi
riprendo il mio passo regolare, ma chi mi sta seguendo è ancora lì, dietro di
me, alla ricerca di qualcosa che forse non mi appare neanche chiaro, anche se
oramai so quasi per certo che i miei pensieri sono già stati intercettati e
decodificati.
Infine decido di affrontarlo una
volta per tutte: mi giro verso di lui, lo fronteggio, aspetto con fermezza che
mi arrivi più vicino, prima ancora di dirgli con voce calma e decisa che le
cose stanno cambiando in modo rapido, e che non c’è da aspettarsi niente di
buono da certi sconosciuti incontrati per la strada, ma le mie parole pronunciate
a mezza bocca sembrano non portare proprio a niente. Quello sta zitto, però mi
guarda, sembra quasi una persona senza alcuna caratteristica, uno come potrebbe
essere chiunque, che magari soltanto per capriccio sarebbe capace di fare di me
qualsiasi cosa. Così riprendo a camminare in balia dell’apprensione, con
quest’individuo che adesso sembra starmi ancora più vicino, appena pochi metri
dietro me, mentre prosegue imperterrito col suo evidente obiettivo di inseguirmi,
usando una sempre più apparente indifferenza.
Entro in un bar, e di nuovo provo l’affanno
di sempre, così mi guardo attorno per prendere del tempo, e per abitudine ordino
un caffè al barista senza neppure averne voglia. L’altro mi viene dietro, si
accosta al bancone dove io mi trovo, ma evita testardamente di guardarmi, anche
se io so che sta ancora captando tutti i miei pensieri, lasciandomi in balia
dei suoi voleri, preda di un meccanismo che in poco tempo annullerà ogni mia voglia
e qualsiasi tipo di entusiasmo.
Addolcisco il mio caffè, mentre quello
intanto chiede un'informazione al cameriere, forse per sviare in qualche
maniera tutte le mie illazioni, e infine esce dal locale senza più guardare
verso la mia parte. Ha già saputo con rapidità ciò che gli interessava
maggiormente, rifletto, ed oramai i miei piccoli segreti non sono più neppure
tali. Esco velocemente anche io da là dentro per ritornare sulla strada, ma del
tizio intorno non c’è più nessuna traccia, ed allora subito riprendo come prima
a zoppicare: devo trovarmi una nuova copertura, penso con una certa determinazione;
qualcosa che provochi maggiori difficoltà a chiunque voglia sapere qualcosa su
di me; non posso continuare a starmene in giro cosi stupidamente.
Bruno Magnolfi
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