Potrei forse arrivare fino alla fine di tutta questa strada
diritta e antipatica, se soltanto lo volessi: poi fermarmi davanti alla sua
finestra e magari restarmene li, ad attendere gli eventi possibili. Lei, con
ogni probabilità, ad un tratto si potrebbe affacciare, come per rendersi conto
del tempo che fa, oppure se magari è più caldo o più freddo di quanto ha già
immaginato. Senz’altro rimarrebbe stupita vedendomi, magari potrebbe abbozzare
un sorriso, chissà. Invece io evito anche oggi di arrivare fino a quel punto, e
mi fermo ad una distanza di almeno un buon centinaio di metri, restando lì un
attimo appena, giusto il tempo che serve per immaginarmi qualcosa che
probabilmente sa soltanto di consolatorio, anche se poi riflettendo mi lascia
assaporare ancora una volta il gusto amaro del niente, perché alla fine, in
questa maniera, non faccio altro nella realtà che allontanarmi da ogni mio vero
proposito.
Rientro a casa, masticando qualcosa che adesso nella mia
fantasia sembra almeno in parte compiuto, anche se non lo è; ma immaginare lei che
magari in questo stesso momento resta ferma in casa sua ad attendere qualcosa
che non sembra proprio arrivare, mi fa sentire comunque al di fuori dalla
sintonia di questa giornata, come se soltanto per una mia colpa, niente fino ad
ora fosse successo. Inizio così, come altre volte è capitato, a scrivere almeno
una frase sopra un biglietto che in seguito quasi sicuramente potrei strappare,
come tutti gli altri biglietti che ho cercato di mettere assieme nei giorni
passati, per andare ad infilarli in qualche maniera tra la sua posta; messaggi
che servono soltanto, almeno in parte, a scaricare il mio bisogno continuo di
comunicazione con lei. Vorrei tanto vederti, le dico sul foglio; ma forse in
fondo se ci penso non provo neppure tutto questo bisogno: mi basterebbe sapere,
le scrivo, che certe volte ti affacci alla tua finestra, che scruti ogni tanto l’orizzonte
che vedi da lì, per sincerarti se tra tutte le persone che stanno girando sul
marciapiede di fronte, non ci possa per caso essere anch’io, perso in mezzo ad
altre persone, proprio come uno qualsiasi, senza alcuna pretesa di essere
notato da te per un qualche motivo.
Infine torno ad uscire di nuovo da casa, e ad incamminarmi
verso la parte opposta da dove abiti tu: non posso lasciarti pensare che in
tutti gli individui che incontro continuo a cercare di te. Perciò mi distraggo
pensando che forse di persone come sei tu ne posso incrociare lungo le strade tante
quante ne voglio. Due ragazze per esempio ridono tra loro mentre passo vicino a
dove si trovano: forse qualcosa nel mio modo di camminare e di guardarmi
attorno tradisce le mie aspettative, rifletto. Non ha alcuna importanza, penso dopo
con calma; in fondo basterà soltanto far passare del tempo e tutto sarà presto
dimenticato, come la tua finestra, sempre più piccola, lontana nei miei
pensieri, fino a ridursi ad un piccolo punto in fondo alla città. Rientro,
imbocco la strada che porta al mio appartamento, vicino al palazzo già tiro
fuori le chiavi per aprire il portone, appallottolo in mano il biglietto che
avevo preparato ben ripiegato dentro una tasca, e tu eccoti qui, che mi
aspetti, come se ogni mio desiderio fosse diventato anche tuo, reciprocamente.
Bruno Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento