Sono
quasi indifferente a quanto mi circonda. Cammino con gli altri, in mezzo a
tutti gli altri, e non mi sento mai completamente da solo, proprio perché sono
orgoglioso di me stesso e del mio sentirmi in questa maniera. Incontro un mio
conoscente che mi saluta, ed io gli lancio un semplice cenno senza importanza:
scusi, mi dice invece quello, ma lei, visto che si è lasciato recentemente
intervistare anche da un operatore della televisione locale, non potrebbe
pubblicamente evitare di parlare dei soliti problemi che affliggono questo
quartiere? Credo proprio che una persona della sua stoffa e del suo carisma
riesca ad attrarre anche troppe attenzioni su certe cose del tutto negative. Lo
guardo, tengo un’espressione severa, neanche troppo sorpresa, ed infine dico
solo che forse si sta semplicemente sbagliando, non sono io la persona che
crede, e poi, in quella semplice intervista a cui accennava, parlavo soltanto
di me stesso, e di nient’altro. Quello invece mi guarda con maggiore
attenzione, dice che non ha alcun dubbio, sono proprio io quello che diceva che
va tutto male e che ogni cosa fa schifo, è apparso anche il mio nome in sovrimpressione
sul video, e mentre parlavo sembrava volessi scagliarmi un po’ contro tutti. Adesso
non ho tempo per ribattere, gli dico con un gesto di disappunto; ma quello
insiste, vuole proprio che mi faccia sentire con le persone che contano, e che se
è proprio vero quello che dico in questo momento, spieghi loro con esattezza e precisione
che non volevo intendere affatto quello che è stato trasmesso.
Ma
è proprio così, gli dico con enfasi, non ho mai parlato male di niente e di nessuno,
ci deve essere un errore di persona, oppure sono stato fregato da un falso
montaggio di uno stupido servizio giornalistico. Quello mi guarda, probabilmente
non crede una parola di ciò che sostengo, in ogni caso non trova qualcosa
dentro di sé per ribattere con forza ciò che gli dico. Non ho neanche visto il
servizio, gli spiego, mi sono soltanto fidato di chi mi ha fatto appena un paio
di domande, questo è sicuro, perciò non posso ancora dire niente; e con queste parole
me ne vado, passo oltre, senza salutarlo neppure, tanto mi sento irritato.
Adesso
mi sembra che tutti quanti coloro che incontro mi guardino con espressioni
accigliate, al punto che vorrei quasi fermare tutti questi per strada, dire a
voce alta e decisa che non ho affatto detto le cose di cui mi si accusa, ma
alla fine l’unica maniera di comportamento che riesco ad avere è quella di
allungare il più possibile il passo e rientrare il più velocemente possibile nella
mia casa. Appena arrivato prendo immediatamente il telefono e chiamo la
redazione televisiva, però mi risponde una ragazza che mi tiene in attesa
nonostante le faccia perfettamente comprendere l’importanza che ha quello di
cui devo parlare. Cade la linea, richiamo, dico le medesime cose, attendo, alla
fine mi passano qualcuno che neppure conosco, così dico con voce alterata che
il servizio messo in onda è stato truccato e che io non ho detto niente di ciò
che mi è stato affibbiato, ma quello sta calmo, mi dice che deve verificare,
poi resta in silenzio. Non c’è niente di male, dice alla fine, ci può anche
essere stato un errore, dobbiamo solo sincerarci di tutto; e se è proprio così,
vedrà, le invieremo per scritto le scuse del caso.
Bruno
Magnolfi
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