Certi giorni vorrei perfino non
avere mai iniziato a lavorare in questa carrozzeria. I clienti mi conoscono, si
fidano di me, restano sempre contenti delle loro automobili riparate e
riportate a nuovo. I ragazzi che si occupano delle automobile insieme a me,
come pure anche il nostro stesso titolare ormai anziano, tutti quanti dimostrano
di volermi bene, e poi si fidano della mia esperienza, spesso lasciano che
porti avanti i lavori in modo completamente autonomo, senza intralciarmi mai. Ma
dietro quella porta ogni mattina c’è sempre lei, la nostra ragioniera, che da forse
troppo tempo cattura ogni mia attenzione, tanto che devo concentrarmi al
massimo su quello che sto facendo con le mani per evitare di lasciarmi prendere
dalla voglia di tornare a guardarla altre quel vetro che mi separa dal suo ufficio.
Le macchine mi piacciono, ho
partecipato anche a qualche gara amatoriale come navigatore insieme ad un amico,
e mi elettrizzo sempre quando sento un motore che pulsa a pieni giri, però
comincio ad avere qualche anno di troppo per fare ancora il ragazzetto dietro a
queste cose, così sorrido quando qualcuno me ne parla, poi abbasso lo sguardo
lasciando intendere che ci sono anche altre cose che hanno una certa importanza
tra le mie passioni.
Anna lascia trasparire intorno a sé
una dolcezza infinita, procurandomi delle sensazioni che non avrei creduto mai
possibili, semplicemente attraverso il suo semplice sguardo. Certe volte mentre
le passo davanti lei sorride, come per stemprare quei turbamenti che
probabilmente immagina in me mentre la sto osservando. Poi tutto riprende il
suo corso, perché non potrebbe essere in alcun altro modo: lei è sposata ed ha
anche un figlio grande, non ci potrà mai essere tra noi alcun contatto reale,
se non questa simpatia, questo volersi bene a distanza, separati indefinitamente
dal vetro sporco di un’officina come quella dove lavoriamo.
Anna, le chiedo a volte quando vado
da lei dentro l’ufficio: ho bisogno del libretto di circolazione di quella
certa macchina; e lei mi guarda, sorride: certo Andrea, risponde, poi prende subito
gli incartamenti delle auto in riparazione, e mi allunga quanto desidero
controllare. Non le dico niente, non faccio neanche un apprezzamento su quanto lei
mi sembri cortese o come elegantemente sia vestita, o magari per i suoi capelli
così ben sistemati oppure altro; mi limito a prendere le mie cose, abbassare lo
sguardo timidamente ed uscire subito da quell’ufficio, come se potesse girarmi
la testa se rimanessi troppo a lungo insieme a lei. Lei lo sa cosa forse vorrei
dirle, e non incoraggia mai nulla nei miei comportamenti, si limita a
guardarmi, a sorridere in quel suo modo leggero, come se il peso di tutto fosse
equamente distribuito tra noi due.
Inizialmente mi facevo trovare quasi
sempre sull’entrata dell’officina nel momento in cui terminava il suo orario di
lavoro e andava via, giusto per darle un saluto più profondo, qualcosa che di
lei mi rimanesse addosso almeno fino alla giornata successiva; ma poi ho smesso,
non ha significato farsi del male in questo modo, ho riflettuto. C’è qualcosa
che ci attrae, indubbiamente, ho pensato fino a convincermi; ma nient’altro ci
potrà essere mai.
Bruno Magnolfi