Ho cercato di conservare tutta la
lucidità che mi serve. Adesso però non mi è facile decidere le scelte giuste da
compiere. Sembra quasi un percorso obbligato quello che a volte mi si para
davanti, rispetto al quale adesso devo per forza imporre d’improvviso una
deviazione, un brusco cambiamento, qualcosa che voglio affrontare e sostenere
con tutta la determinazione di cui assolutamente ci sarà largo bisogno. Cammino
per strada e le persone che vedo sembrano venirmi incontro mentre stanno
semplicemente pensando ai fatti propri. Siamo tutti persone qualsiasi, senza
grandi distinzioni, e ci muoviamo all’interno di un piccolo spazio che ci
conserva così come siamo, come fossimo praticamente dei prigionieri. Forse la
gabbia sono i nostri stessi comportamenti, le nostre ordinarie abitudini, le
stesse esatte maniere che utilizziamo ogni giorno per affrontare la
quotidianità. Ma è certo che non siamo nessuno per aspirare alla forza
necessaria con cui ribellarci a tutto ciò che non vogliamo accettare. Possiamo
imporci una strada diversa, d’accordo, ma sarà una immane fatica perseguire
degli obiettivi che noi stessi riteniamo così poco comuni.
La casa dove abito rimane vicina,
semplicemente in fondo a questi miei passi cadenzati, e forse alla fine
riveste, con le sue mura che delimitano tutte le stanze, soltanto un insieme di
normali abitudini. Mangiare, dormire, lavarsi, vestirsi, comportamenti abituali
che certe volte ci sembrano così essenziali ed importanti da farci perdere di
vista qualsiasi altra cosa. Se potessimo guardare tutto quanto con un certo
distacco forse si riuscirebbe ad essere i primi a ridere di noi stessi.
Inevitabilmente qualcosa non va in tutto questo, ed ecco che ci ritroviamo a
cercare qualcosa per noi inafferrabile, come se per un miracolo o un colpo di
fortuna si potesse variare il corso completo di tutte le cose che ci hanno reso
completamente insoddisfatti.
Le scale di questo condominio
portano al mio appartamento. Le potrei salire con calma, lentamente, come se
non sentissi effettivamente la voglia di raggiungere la mia famiglia; oppure
potrei farlo velocemente, con rapidità, come se una furia improvvisa mi desse
la necessità di muovermi in fretta, magari per sentirmi meglio, decisamente a
posto coi miei doveri nei confronti di tutti. Già, perché alla fine la
sofferenza che avverto in certe giornate è anche derivazione diretta da ciò che
la mia stessa morale ha definito una volta per tutte, dandomi un metro di
giudizio preciso per ogni mio comportamento, specialmente nei confronti proprio
di questa famiglia di appartenenza. Così mi sento male se solo cerco di
comportarmi in maniera diversa da ciò che è dettato da questi principi, anche
se in fondo non provo alcuna soddisfazione nell’amalgama casalingo in cui ogni
giorno ritrovo i miei gesti e i miei comportamenti.
La via di fuga è lontana, difficile,
dolorosa oltremodo, e per questo motivo non viene alimentata dentro di me la
considerazione per questa scelta che forse potrei anche fare. Comunque alla
fine credo ci si possa limitare giusto a qualche svolazzo con i propri
pensieri, perché ad osservare ogni tanto qualcosa che sembra essere quasi un
mondo diverso, ed accettare poi passivamente la realtà più concreta, la verità
di ogni fatto, l’oggettività più evidente, sembra un trancio di vita che ci
torna normale, esattamente come la scelta del male minore.
Bruno Magnolfi
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