Trascorrere il pomeriggio da solo
seduto su di una panchina dei giardinetti vicini al liceo non è certo il
massimo. Eppure è l’unico luogo dove a Francesco è venuta voglia di trascorrere
un’ora per conto proprio, con il suo libro da leggere dentro lo zaino e la
fedele matita morbida per qualche piccolo schizzo sull’immancabile taccuino per
gli appunti. Il Neri negli ultimi giorni si è mostrato più distaccato con lui,
come se fosse un po’ stufo di quei suoi problemi di comportamento con tutta la
classe. In fondo un cambio di posizione del genere proprio adesso è ben
comprensibile: non si può fare a lungo il tutore di uno sfigato che non riesce
ad avere dei rapporti corretti con gli altri, continuando a proteggerlo da tutta
la classe.
Poi, come d’incanto, un paio di
giorni più addietro è arrivata improvvisamente questa ragazza durante
l’intervallo tra le lezioni; un’amica proprio del Neri, compagna di scuola ma
studente di un’altra sezione al piano superiore dell’edificio, e lui l’ha
subito presentata a Francesco come se già fossero assolutamente d’accordo,
cercando proprio di lui in mezzo alla confusione dei ragazzi a quell’ora, e
mostrando immediatamente con delle semplici espressioni del viso che ci teneva
davvero a far saldare una conoscenza del genere. Lei si chiama Cinzia, niente
di speciale, una come quasi tutte le altre, però qualche volta disegna
ritratti, proprio come Francesco, anche se generalmente usa la tecnica
dell’acquerello.
Lui è rimasto praticamente in silenzio
pur apprezzando dentro di sé quel gesto da parte del Neri, ed ha sorriso a
questa Cinzia anche se nella maniera semplice e timida di cui è capace, poi ha
lasciato che le cose prendessero con naturalezza il proprio percorso. Lei
sembra spigliata e divertente, praticamente il contrario esatto di ciò che sa
essere Francesco, ma questa ragazza con lui si è mostrata molto comprensiva,
tanto da dirgli che sarebbe stata molto contenta di vedere almeno qualcuno dei
suoi disegni. Si sono dati appuntamento in un pomeriggio di qualche giorno più
tardi nella birreria vicino alla scuola, e lui adesso, se controlla il
quadrante del suo orologio, è solo perché sa che deve incontrarla, perciò si
alza e si avvia lentamente verso il locale.
Lei è già dentro, sta seduta scambiando
qualche parola con il barista, ma quando arriva Francesco sembra non abbia più
alcuna attenzione per altri che lui. Dallo zaino spunta una grossa cartella con
delle tavole di cartoncino a grana grossa, e sul tavolo lui inizia a spiegare
che cosa gli interessa nella composizione di quei suoi ritratti. Credo di
essere omosessuale, le bisbiglia lui ad un tratto guardandola dritta negli
occhi, come per sgombrare il campo da qualsiasi equivoco. Cinzia però non si
scompone per niente, lo guarda un momento poi prosegue ad osservare i disegni,
chiedendogli infine se nelle espressioni che ritrae cerca di mettere almeno in
parte il proprio disagio. Forse, fa lui, ma non è esattamente questo ciò che cerco
di disegnare, piuttosto quello che vedo normalmente sulle facce di tutti, anzi,
proprio quella sofferenza che attorno a me continuo a percepire negli altri,
evidenziata dalle espressioni di chi in generale mi sta più vicino. Certo, fa
lei, mi sembra l’unico argomento che valga la pena di essere raffigurato: anche
per me in fondo è più o meno così, e forse se ci rifletto, non potrebbe essere
in nessuna diversa maniera.
Bruno Magnolfi
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