Corrado si ferma un attimo prima di
aprire con la chiave il portone del suo condominio, e poi si volta come
seguendo un richiamo, forse per osservare quei lampioni di luce bianca
vagamente spettrali che si stagliano lungo la via che ha già percorso,
ovviamente già accesi e necessari vista l’ora ormai tarda, per un attimo immaginando
tutte quelle persone del vicinato già pronte per mettersi a cenare con le
braccia distese sopra ai loro tavoli di casa. Si accende con calma una delle
sue sigarette, si guarda attorno a sé ancora una volta, poi si appoggia con le
spalle a ridosso del muro accanto all’entrata, come per riflettere su qualcosa
che improvvisamente pare quasi tormentarlo. In questo momento non c'è neppure
quell’anziano vicino curioso e un po’ ficcanaso che se ne sta perennemente
affacciato alla sua finestra del primo piano: con il buio avrebbe peraltro la
possibilità di non essere neppure troppo notato, ed allo stesso tempo di
scrutare meglio i fatti ed i comportamenti di tutti i vicini che riesce a
mettere a fuoco, ma si vede che si è messo a cenare anche lui.
In casa di sicuro stanno soltanto aspettando
Corrado, ed hanno già sistemato le cose per il suo impellente ritorno, anche se
lui sa benissimo che cosa troverà una volta rientrato come ogni sera nel suo
appartamento: le solite facce di sua moglie e di suo figlio, i medesimi gesti,
le stesse parole da dire, le identiche espressioni da usare, ed anche se in
tanti casi gli appare quasi rassicurante trovarsi di fronte a quanto lui
conosce oramai più che bene, dall’altro lato sa bene che tutto quanto gli sembra
far parte di un copione già fin troppo abusato, qualcosa che ognuno può ripercorrere
coerentemente a menadito e perfino con gli occhi bendati, tanto da apparire, almeno
al suo sguardo ipercritico, praticamente noioso. Ci vuole determinazione per
andare avanti comunque, o forse un pizzico di coraggio per essere indifferenti
alla serie di abitudini che sono pronte senz’altro a dipanarsi oltre il
portoncino di quel terzo piano.
Poi il vecchio improvvisamente si
affaccia per dare un’occhiata alla strada, e così Corrado lo vede, lo scruta
come un personaggio estraneo ai suoi disegni, l’altro però lo saluta con
cortesia pur senza grande insistenza dal davanzale della sua finestra,
evidenziando un semplice cenno della sua mano grinzosa. Anche un gesto del
genere alla fine fa parte della monotonia della vita, riflette Corrado, eppure
a lui in questo momento tutto questo fa quasi piacere, ne è del tutto
consapevole, ed improvvisamente si sente meno solo di quanto credeva nel semibuio
di quel marciapiede. Cerca, proseguendo una logica assurda, di guardare se
stesso proprio con gli occhi del vecchio, ed all’improvviso non riesce neppure
a spiegarsi cosa ci faccia uno come lui fermo sopra quel marciapiede, e per
questo motivo di colpo si sente proprio a disagio, inspiegabilmente. Dovrebbe
rientrare, è un gesto automatico, la sua sigaretta poi è ormai terminata,
eppure qualcosa lo trattiene ancora là fuori, come se quella attesa portasse
comunque verso qualche momento benefico.
Potrebbe aspettare qualcuno, pensa adesso
Corrado con la testa incuriosita del vecchio; potrebbe avere degli affari da
compiere, oppure attendere il momento più adatto per fare qualcosa, magari
mettere in moto la macchina ed andarsene da qualche parte che sa solo lui; un
viaggio di affari, un incontro importante, una riunione di lavoro d’alto livello.
O forse, sembra quasi suggerirgli quel vecchio intrigante, semplicemente tardare
al massimo possibile il rientro in quel suo appartamento dove lo attende la sua
famiglia; nella paura cosciente di trovarsi anche stasera di fronte alle solite
cose.
Bruno Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento