Sono stanca di osservare questo
lento disfacimento di tutte le cose, questa quotidianità che spesso
semplicemente si autoriproduce, sciupando ad ogni passaggio anche qualcosa di
sé, senza comunque mai limitarsi nelle proprie bassezze. Osservo qualcuno che passa
fuori dalla mia finestra e so per certo che non c'è proprio alcun significato
in questa sfacciata normalità in rotta di collisione con il nulla. Mando avanti
le mie cose quasi senza rifletterle, mi muovo dentro la mia casa oramai solo
per abitudine, quasi come fossi un automa piegato ad un programma sicuramente
stabilito da gente che neanche conosco, del quale solo se riesco almeno per un
attimo a non rifletterne a fondo tutti i dettagli, mi sento poi disposta ad
accettarne ogni risultato con una maggiore tranquillità, come se tutto fosse
davvero determinato soltanto dal mio volere.
Questo dice lei a se stessa davanti
allo specchio della sua camera da letto, mentre da sola si guarda con
sopportazione preparandosi ad uscire. Vanno comunque allontanate dalla mente le
cattive idee, dobbiamo essere positivi, immaginare il giorno seguente sempre
migliore di quello appena tramontato, come se il proprio disporsi verso la
giornata nuova fosse sufficiente a piegare la realtà in funzione dei nostri
desideri. Non c'è catastrofe, non ci sono cambiamenti improvvisi di rotta
dentro ai propri piedi, solo queste doverose riflessioni all’interno di un
ordinario esistere che nessuno si sogna mai di criticare.
Infine lei esce dalla sua
abitazione, si ritrova in strada senza neppure un progetto preciso, soltanto
con la voglia di girare a caso, cercando per le vie qualcosa di cui sente con
sicurezza dentro sé che non potrà riuscire a trovarne neppure traccia in alcun
modo. Ci sono a volte degli scorci di realtà che bussano forsennatamente alla
propria fantasia, mostrandosi unici, irripetibili, anche se tutto ciò che si
osserva spesso appare così effimero da non meritare più di uno sguardo neppure
troppo incantato.
Infine lei trova davvero qualche
cosa, forse un odore, oppure un colore nuovo, o magari una diversa prospettiva,
ed allora segue quella, come se fosse la vera svolta a cui fino ad un momento
prima giurava di non credere, ma che in fondo a se stessa ha sempre un po’
desiderato. Si accende improvvisamente qualcosa tra tutti i suoi pensieri, e
forse c’è proprio la salvezza alla fine di una scia di un non so cosa che la
porta inesorabilmente verso laggiù, dietro ad un caseggiato anonimo, dove si
apre una piccola strada che costeggia un muro. Ma no, non è niente: c’è
soltanto un gatto senza padroni che se ne va in giro per conto proprio, pelo
lucido di un esemplare dominante indifferente a tutto, e per il resto tutto ciò
che c’è lì attorno appare esattamente uguale ad ogni altro particolare che si
può osservare in questo scorcio di città.
Non sono io che lo penso, dice lei a
se stessa alla fine della strada: sono inevitabilmente queste pietre, queste
case, queste facciate di palazzine di periferia che mi indicano la mancanza
completa di qualsiasi volontà, come se un riscatto vero e proprio per me come
per tutti gli altri non si dovesse proprio mai avverare, neppure in casi
estremi, neanche se in diversi individui di un gruppo ben affiatato chiedessimo
la grazia riferendoci a qualcuno che sicuramente conta più di noi.
Bruno Magnolfi
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