Sto bene, continuo a ripetermi. Non
ho ulteriormente bisogno di intravedere la mia immagine riflessa nel vetro
della finestra per sapere che sono qui, nel mio giardinetto davanti la casa, praticamente
come ogni giorno. Cerco di lavorare, di trovarmi delle cose da fare, di
occupare le mani per non lasciare alla testa troppo tempo per insistere a pensare.
Eppure, nonostante la leggera preoccupazione che provo, una parte di me continua a volersi sentire
contenta, ad apprezzare in qualche modo quanto sta succedendo. È come se la
perdita di controllo sulle cose che ho attorno, adesso non mi spaventasse più
come faceva un tempo.
Marisa, sento chiamare con voce bassa
e calma di là dalla staccionata con cui confina il giardino. Mi volto subito,
alzo una mano per salutare, poi mi accosto pacatamente dalla parte dove sta
sorridendo dolcemente il mio vicino. Mi chiedevo se ti andasse di prendere un
caffè insieme a me, ma vedo che sei troppo impegnata, mi fa. Sono sciocchezze
quelle di cui mi sto occupando, gli dico mentre tolgo i guanti da lavoro; anzi,
una piccola pausa in questo momento è proprio ciò di cui sento maggiormente
bisogno.
Mi piace il mio vicino, mi piace
parlare con lui, scambiare i nostri differenti punti di vista, ascoltare le sue
parole sempre rassicuranti, che spesso riescono a sminuire di colpo tutte le
mie preoccupazioni. Persino quando poi resto in silenzio, una volta terminato
di spiegargli qualcosa, o quando lui non ha più niente da dire o da aggiungere,
e se ne sta lì soltanto a guardarmi, senza neppure cercare di rompere quella
quiete che all’improvviso sembra più forte di qualsiasi altra cosa, non ho mai la
sensazione di avere di fronte degli spazi vuoti che dobbiamo sforzarci di
colmare al più presto. La sua presenza mi pare già un elemento che sussurra le
cose che a me piace ascoltare, come se le parole fossero in qualche modo quasi
superflue.
Dai allora, fa lui sorridendo, sto
già aspettando il momento di mettermi seduto di fronte a te. Mi sciacquo le
mani alla fontanella, mi asciugo al grembiule con naturalezza, mi tocco i
capelli con un gesto femminile che fino ad adesso non ha mai fatto parte dei
miei comportamenti usuali, poi esco dal cancello senza affrettarmi, per entrare
nella sua proprietà. Speravo tanto mi venisse a chiamare come effettivamente lui
ha fatto, quasi rispondendo ad un mio richiamo. Mi manca la sua persona quando
non sono con lui, e se fino a pochissimo tempo fa mi sarebbe sembrato
impossibile quello che mi sta succedendo, adesso poco per volta inizio come a
lasciare che le cose vadano avanti per conto proprio.
Ho voglia di fare qualcosa con te,
gli dico sincera mentre entro nella sua casa. Non montarti la testa, aggiungo
subito, non è niente di strano; è soltanto che vorrei andare in giro con te,
visitare qualcosa, sentire il tuo parere su tutto ciò che guardiamo. Anche se
la nostra età non è più giovanile, in ogni caso sento forte la possibilità di
aiutarci, di aspirare ad una nostra complicità, e ritrovare insieme quegli
aspetti da cui siamo stati costantemente circondati in tutto questo tempo, ma che
probabilmente da troppo abbiamo oscurato nelle nostre percezioni.
Bruno Magnolfi
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