L'uomo guarda la strada.
Nel caffè dove si trova ci sono rimasti ormai pochi individui, qualcuno di loro
gioca a carte, altri si limitano ad osservare il gioco che si svolge sopra ai tavolini, e nessuno sembra interessarsi a qualcosa di diverso, a parte
lui. Sulla piazza, fuori dai vetri del locale, ci sono adesso i soliti ragazzi
di ogni giorno: parlano, ridono, si fanno cenni in genere comprensibili
solamente a loro, e dei quali paiono snodare continuamente un grande
campionario.
L'uomo lì osserva, forse
tenta di decifrare senza impegno qualcuno di quei loro messaggi, anche se a
tratti sembra poco attento a quanto va avanti sulla piazza. Poi accade
qualcosa: un tizio si stacca dal gruppo e si avvicina lentamente ad un altro che
se ne sta da solo, e in un attimo gli sferra un pugno in pieno viso, tanto da
farlo cadere a terra. Resta fermo qualche momento, come a controllare che il
lavoro sia stato eseguito bene, quindi lentamente torna sui suoi passi.
L'uomo sul momento
vorrebbe quasi intervenire, ma in fondo sono cose che non lo riguardano, così
resta immobile dentro al bar, nella stessa posizione di prima. Il ragazzo
caduto a terra peraltro si rialza poco dopo, nessuno sembra dire niente, le
cose paiono proseguire come se nulla di rilevante fosse accaduto. Il ragazzo
che le ha prese si guarda attorno, ma non sembra neppure troppo contrariato,
forse si aspettava già un atteggiamento violento di quel genere, probabilmente
c’era qualcosa rimasto insoluto da tempo tra quei due.
L’uomo immagina che
certe scaramucce magari siano all’ordine del giorno tra quei giovanotti che se
ne stanno tutto il giorno a bighellonare sopra alle panchine; forse non hanno
niente di cui occuparsi veramente, e quindi ogni tanto la loro noia sfocia in
qualcosa che non ha nulla di razionale, qualcosa che permette loro di sfogare
con pochi mezzi tutto il proprio rancore represso. Il ragazzo si tocca la
faccia, gli altri lo guardano senza dire nulla, poi lui entra dentro il bar, si
fa servire dal cameriere qualcosa da bere, e poi chiede del bagno,
probabilmente per controllare meglio
quanto sia successo o meno sopra al suo viso.
L’uomo aspetta che
accada qualcosa, forse si attende una reazione, ma dopo poco il ragazzo
ritorna, beve al bancone la sua ordinazione, si guarda attorno e sembra proprio
non abbia maturato alcun
rancore in quei pochi minuti. Poi se ne va, uscendo
dal locale con molta calma e senza dare alcuna soddisfazione al gruppo dei
ragazzi che sono rimasti là di fronte, sopra le panchine, quasi immobili,
lasciando che quello che ha sferrato il pugno prosegua a darsi forza del
proprio stare immerso in quella compagnia.
L’uomo forse vorrebbe
aver detto qualcosa al ragazzo che le ha prese, ma probabilmente il suo
intervento sarebbe stato preso soltanto per una sciocca curiosità, così alla
fine gli pare che tutto vada bene in questo modo: non ci sono ragioni
importanti che spingono l’uno contro l’altro, sembra pensare; anzi, spesso sono
soltanto dei pretesti quelli che fanno montare la rabbia nella testa di qualche
facinoroso. Lui se ne frega, questo è il punto: non c’è niente di fondamentale
in ciò che avviene, tanto vale reputare ininfluente qualsiasi cosa non riguardi
direttamente ciascuno di noi. Così possiamo proseguire senza indugio nei nostri
compiti, pensa, scansando gli altri quando questi sembrano mostrare troppo
interesse anche per delle emerite sciocchezze.
Bruno Magnolfi