Lei osserva attentamente
un angolo della parete che ha di fronte. Pare assurdo che questo forte senso di
solitudine si faccia sentire proprio adesso, quando sembra non abbia più alcun
significato. Il silenzio però è come una coltre densa certe volte, che pare
avvolgere in un bozzolo tutta la casa; come il freddo di queste sere invernali,
ad esempio, insieme al buio profondo all’intorno, che quasi gli impedisce di
manifestarsi degnamente a quei tre o quattro lampioni là di fuori, sul bordo
della strada, in questa località probabilmente anche troppo isolata. Passa
un'automobile ogni tanto, a ricordare un’esistenza reale là intorno, con un
percorso indiscutibile che ha un inizio ed anche una fine, di un viaggiatore
che forse nota vagamente, anche se per un solo attimo, quelle case senz’altro
abitate da qualcuno, al di fuori dal suo parabrezza - da dentro le finestre
s’avverte leggermente il rombo di ogni vettura quasi in ogni stanza -, ma poi
basta, tutto passa, rapidamente: un semplice momento, ed è già tutto finito. La
campagna aperta ed anche i boschi fitti poco lontano sembrano quasi incombere,
come sempre hanno fatto peraltro, anche se adesso sembrano più immobili,
cristallizzati ed innocui dentro la notte, come una vecchia fotografia rimasta
in un cassetto fino a diventare un qualsiasi oggetto inutile.
Posso alzarmi da questa
sedia, pensa lei senza convinzione. Posso trovare qualcosa di cui occuparmi per
riempire questa lunga pausa, come ogni volta, perdendomi con facilità in
piccole operazioni di manutenzione delle cose, oppure in grandi progetti che
perdono di senso e di importanza soltanto con il tempo, che riesce a
neutralizzarli lentamente ma con facilità, rendendo tutto quasi indolore. Posso
leggere un libro, magari, e perdermi rapidamente nella fantasia di qualcun
altro, respirando vicende e descrizioni che forse non sono esattamente quelle
mie, ma in parte probabilmente le assomigliano, o che potrebbero addirittura
essere state inventate da qualcuno dal pensiero vivace come il mio, e che
magari mi è vicino, in qualche modo, che quando sogna, forse, ecco che fa i
miei stessi sogni, ripercorrendoli come un sentiero già tracciato. Odio gli
altri, a volte, questa è la verità; o almeno tutti coloro nei confronti dei quali
posso scagliarmi facilmente con il mio spirito ipercritico, quelli che sento
estranei, diversi, lontani, quelli dei quali non conosco niente, e che forse
proprio per questo mi fanno paura, rendendo il mio pensiero instabile, senza le
sue basi solide.
Non ho mai sofferto di
solitudine, deve esserci un’altra spiegazione. Mia figlia è fuori, rientrerà
più tardi, forse sono preoccupata per lei, ed è tutto qua. Oppure,
all’improvviso, sento che qualcosa si sta modificando, ed io ho paura delle
variazioni, non vorrei dover affrontare qualcosa a cui non sono preparata. Ma
come prepararmi, come tentare di accogliere ciò che forse è già dietro
quell’angolo, senza sapere prima cosa sia. Meglio guardare ancora questa
parete bianca, immaginarla senza spigoli, senza asperità, e disegnarci sopra qualcuna delle mie fantasie, per poi pensare ancora che tutto sarà sempre così,
invariabilmente.
Bruno Magnolfi
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