Sono confuso ed anche
indolenzito, però mi guardo attorno e mi rialzo, seppure con un’estrema lentezza,
dopo essere caduto a terra in malo modo, quasi scivolando ma solo per la
semplice sorpresa che ho provato, dopo aver perso il contatto con la pavimentazione
della piazza, nella ricerca strenua, contemporaneamente, di comprendere che
cosa fosse successo per davvero, e soprattutto perché non fossi riuscito ad
immaginare, almeno un attimo prima che proprio succedesse, quello che stava sul
serio per accadermi, senza alcun preavviso. Lui mi guarda truce, con la stessa
espressione di estrema cattiveria che aveva ancora sulla faccia appena un
attimo prima, ma a me pare ancora inverosimile che abbia potuto colpirmi così,
senza essere stato neppure provocato. Mi sembra tutto assurdo, penso che
ricorrere alle mani sia qualcosa assolutamente di ridicolo per chiunque tenti
di affidare a questo sciatto comportamento l’unico sistema per rimediare alla
propria deficienza di parole per spiegarsi e farsi comprendere. Questo forse gli
vorrei dire adesso a voce alta, mostrandogli l’errore, l’insensatezza, la
stupidità, però riflessivamente evito di farlo, come per un senso di sopportazione
ed anche di tolleranza per quanto già accaduto.
Lui, dopo un momento,
ancora un po’ rigido nelle sue movenze di persona che agisce solamente
d’istinto, con ogni evidenza preferisce allontanarsi, come per non avere più
niente a che fare con un essere che neppure si ribella ad un comportamento
scellerato come il suo, che non replica un bel niente, non accetta neanche di scendere
sullo stesso medesimo livello, e forse per questo non merita neppure alcuna azione
reiterata. Lo guardo, ma pur osservandolo in ogni suo dettaglio, lo fisso senza
trovare in lui un interesse vero. In fondo ho capito perfettamente il messaggio
che ha voluto porre in questo modo strambo alla mia attenzione. Tutto così mi
pare ancora più ridicolo, ed adesso che ci penso meglio, perfino parlargli mi
parrebbe fuor di luogo. Sanguino dal labbro, è il minimo che possa essermi
accaduto, così sputo a terra un bolo semplice di schiuma rossa, come a mostrare
il succo della mia sofferenza che ingloba in sé anche la sopportazione che
tento di mostrare per il suo comportamento stupido, erroneo, privo del senso
che generalmente si cerca dalle cose, e che io cerco negli altri soprattutto.
I ragazzi poco
lontani immagino ci guardino ed abbiano già preso posizione entro se stessi, in
genere si sta sempre col più forte in questi casi, anche se adesso non mi
interessa per niente il loro inutile pensiero, ed io non appaio certo quello
che ne esce meglio da questa situazione, anche se mi sento comunque superiore,
non fosse altro per essere riuscito almeno in qualche modo a conservare la mia
calma, a non aver accettato una sfida da ragazzi sciocchi e senza stile,
comportamento che reputo non mi appartenga affatto. Mi rialzo e resto lì, sopra
i miei piedi, nell’attesa che sia lui a togliersi di torno, o che comunque
dimostri che il suo modo di pensare è di fatto definito soltanto dall’uso delle
mani, e da nient’altro. Poi avverto qualcosa di grottesco in tutta la faccenda,
così mi volto da una parte, mi asciugo con un fazzoletto, e senza dire niente
vado con calma ad infilarmi dentro al bar Soldini, giusto per bere un goccio
d’acqua ed andare in bagno a controllare nello specchio cosa sia successo alla
mia faccia. Quando torno ad uscire sono tutti ancora lì, nessuno dice niente,
ed a me viene persino da sorridere, non per un moto di sfida, quanto per il
senso di patetico di tutta la faccenda. Poi me ne vado, non ho niente da fare
in quei paraggi.
Bruno Magnolfi
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