Lui sta fermo sul
marciapiede. Finge di leggere qualcosa che tiene con apparente interesse tra le
sue mani, anche se in realtà, non sapendo prendere una decisione, cerca
soltanto di perdere tempo e di concentrarsi su come sia meglio comportarsi nei prossimi
minuti. Ciao, gli dice un ragazzo che lo conosce da sempre mentre passa sopra
al marciapiede di fronte. Lui gli risponde di malavoglia soltanto con un cenno,
quasi scacciando da sé quell’incontro casuale, forse anche senza importanza, ma
che infine gli fa decidere di non andare per niente davanti al negozio di
Clara. Lei non è stata precisa l’ultima volta che loro due si sono visti, e non
gli ha dato nessun appuntamento per farsi rivedere, forse immaginando che in
qualsiasi momento per lui sia possibile arrivare facilmente fino alla merceria,
piazzarsi là davanti, magari poco prima dell’orario di chiusura, ed attendere
la sua uscita inevitabile. Ma Tommaso non vuole certo mostrarsi a tutto il
paese mentre staziona come un fesso là davanti a quella bottega, quasi non
riuscisse più a vivere senza incontrarsi con quella ragazza, come se non fosse
capace di gestire le cose in un’altra maniera, come una stupida forzatura,
quasi un obbligo quell’aspettarla all’uscita, che peraltro non lascia alcuna
libertà di scelta neanche per lei, ed è per questo che se anche gironzola per
le strade pensando solo a Clara, cerca di evitare il passaggio da quelle parti.
Perciò svolta per le vie
minori che circondano tutto quel quartiere centrale, osserva attentamente ogni
cosa che incontra nel suo camminare, riflette cercando di ponderare al meglio
tutti i dettagli che devono essere presi in considerazione, ed alla fine,
proprio all’angolo con la strada principale del centro abitato, avvista
parcheggiata proprio la macchina di Clara. Non è sicurissimo che sia proprio la
sua, però gli sembra impossibile che possa essercene una così uguale a quella
che lui già conosce, così strappa velocemente un foglietto tra quelle quasi inutili
carte che tiene regolarmente dentro le tasche, e scrive un saluto indirizzato a
lei con una matita, lasciando il messaggio piegato sotto ad un tergicristallo.
Poi se ne va, anche se gli pare di non aver completato perfettamente l’opera
come vorrebbe: domani sarà la medesima cosa riflette, mi dovrò inventare ancora
qualcosa; così dopo pochi passi torna subito indietro, riprende lo stesso
foglietto e scrive sul retro che il giorno seguente l’aspetterà proprio a
quell’angolo, lì dove adesso staziona l’automobile, perché deve dirle qualcosa
di estremamente importante.
Non c’è qualcosa di così
fondamentale da dirle ad essere sinceri, però nello spazio temporale di un’intera
giornata qualcosa si farà pur venire alla mente. Quindi se ne va verso la
piazza: può fermarsi dai soliti ragazzi a fare due chiacchiere, bere una birra
con calma, ed infine rincasare senza problemi. Ma quando arriva proprio nei pressi delle panchine dove tutti stanno
seduti, si accorge che c’è Renato che gli sta andando
incontro con passo minaccioso. Gli si para davanti, lo guarda, e senza neppure aprire la
bocca per dirgli qualcosa, gli sferra un pugno in piena faccia, facendolo
cadere a terra indolenzito e con un rivolo di sangue sopra le labbra. Tommaso incredulo si rialza con calma, gli altri lo guardano senza aiutarlo,
quindi si asciuga lentamente la bocca con il suo fazzoletto; poi se ne va, senza trovarci niente da dire.
Bruno Magnolfi
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