"Vorrei solo che tutto fosse già finito", dico
piano agli altri con un’espressione di serietà, ma solamente tanto per dire,
mentre resto in piedi con loro accanto alla vetrata del caffè all’interno del
quale quasi ogni giorno lascio volentieri scorrere almeno una parte del mio
tempo. Fuori fervono i lavori per la risistemazione della piazza, e gli operai
vanno avanti e indietro a livellare la terra e a posare i manufatti seguendo le
misure giuste che da poco ha indicato loro il geometra dell’impresa, lasciando
qua e là dei piccoli elementi indicativi e dei segnali color arancione. Ogni
tanto giunge un autocarro con la terra o con il misto cementato da scaricare in
loco, e quasi sempre alza un odioso polverone che va a depositarsi sulle foglie
dei pochi alberi di magnolia che ci sono in giro, sulle panchine deserte
rimaste al margine dei lavori, e in ogni angolo stradale e dei marciapiedi
rimasti. Noi stiamo tutti con le mani sprofondate nelle tasche dentro al
locale, scuotiamo la testa ogni tanto e decidiamo invariabilmente quello che
sarebbe meglio secondo il nostro parere, anche se tutte le nostre opinioni
rimangono tra le mura del caffè.
Si tratta di capire quale sia il progetto principale a cui
tutte le maestranze si stanno allineando, e come infine dovrà essere, in base a
quello, il risultato finale di ristrutturazione della piazza. “Scommetterei che
diventerà addirittura peggiore di quella bella piazza che conoscevamo da
sempre”, dico ancora tanto per smuovere i pareri dei presenti ed infiammare gli
animi, e qualcuno tra quelli che giocano al biliardo dietro di me scuote la
testa tanto per dire che anche secondo lui non c’è proprio da attendersi niente
di buono. In fondo quale argomento migliore di questo si potrebbe trovare in
una cittadina dove non succede quasi mai un bel niente: sembra quasi ci sia il
sindaco in persona a cementare i cordonati e a posare le lastre; si tratta
soltanto di prendersela bonariamente con qualcuno, come è normale che sia, ed
in qualsiasi caso il risultato finale non sarà mai di nostro gusto, e se anche
lo fosse si potrebbe subito dire anche in quel caso che sicuramente sono stati
spesi troppi soldi pubblici per una conclusione di quel genere.
Poi arriva d’un tratto un gruppetto di persone a visionare quei
lavori, e mentre stiamo cercando di stabilire chi siano esattamente visto che
ci rimangono di spalle, quelli senza grandi indugi entrano proprio nel nostro modesto
caffè, mostrando all’improvviso la faccia del sindaco, dell’assessore ai lavori
pubblici, del comandante dei vigili urbani e dell’impresario che porta avanti
tutte le opere della piazza. Ammutoliamo tutti quanti di fronte a queste spettabili
presenze, ed anche se a me verrebbe subito la voglia di chiedere qualcosa tanto
per mettermi in mostra e far vedere a tutti che non sono certo un cittadino
passivo, di fatto anche se ci penso con impegno non mi viene la domanda giusta
da porre a qualcuno di questi signori, e così mi limito, come tutti gli altri,
a farmi da parte e ad ascoltare quello che tali autorità dicono tra loro.
E mentre siamo lì a fare contorno nel piccolo locale dove
gli ultimi arrivati si prendono un caffè rigorosamente in piedi presso il
bancone, il sindaco in persona si gira verso di me con espressione seria per
chiedermi cosa io pensi dei lavori così come vengono portati avanti. “E’ tutto
molto bello”, dico subito leggermente intimorito, mentre l’assessore e gli
altri si voltano anche loro d’improvviso verso me. “Forse ci starebbe bene
qualche albero in più”, azzardo senza neanche saper bene cosa dire. “Bravo”, fa
subito il sindaco, “difatti appena saranno pronte le aiuole che stiamo
realizzando, arriveranno i vivaisti a mettere a dimora degli alberelli che fra
un anno o due saranno subito delle piante adulte e rigogliose”. Faccio un cenno
affermativo con la testa, annuisco, mentre dal locale adesso escono tutti, e
subito penso che anche io in questo momento posso proprio andarmene, visto che
oramai è stato già tutto chiarito.
Bruno Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento