Gli elaboratori subiscono un
sobbalzo di energia: alcuni si spengono, altri azzerano i programmi in corso.
Molti utenti delle applicazioni di intercomunicazione appaiono immediatamente
disperati, anche se diversi tra di loro lanciano immediatamente i piani
previsti per il riallineamento delle attività su ogni macchina, mostrandosi questi
piuttosto lenti, anche se, pur con una certa fatica, le cose sembrano poter
prendere rapidamente la strada verso una normalità almeno fittizia. LEI si alza
quasi subito dal suo sgabello ergonomico, e gira per la sua stanza varie volte nell’attesa
che giunga, almeno su qualcuno tra i suoi schermi, qualche messaggio
tranquillizzante da parte delle autorità che gestiscono tutte le attività di
comunicazione. Per qualche attimo, mentre tutto quanto prosegue a mostrare una
desolante luce grigia indefinibile, l’azzeramento di ogni operazione possibile
tramite i mezzi in dotazione, porge una sensazione nuova di profonda
solitudine, quasi il senso di una terribile segregazione alla quale nessuno
riesce a porre con definita sicurezza un termine temporale. “Potrebbe essere
così per giorni e settimane”, pensa già qualcuno forse nell’osservazione
sconfortante di quel vuoto elettronico che si ritrova davanti agli occhi. Naturalmente
nessun altro mezzo di comunicazione anche semplice appare in questo momento
funzionante, e l’isolamento in cui si sente cadere il numero enorme di persone
che resta comunque attaccato al proprio schermo con la speranza di un ritorno
rapido alle consuetudini, rimane comunque fortissimo.
“Potrei scendere direttamente in
strada”, pensa LEI mentre cerca di porre un qualche freno all’angoscia che
sente alzarsi rapidamente dentro di sé. Con questa idea si avvicina ad una delle
sue finestre, naturalmente oscurata, per osservare dai palazzi che ha di fronte
se stia giungendo qualche segnale incoraggiante, o magari l’evidente
dimostrazione della ricerca spasmodica di qualcuno immerso nel tentativo di una
soluzione possibile al problema capitato. Nessuno però in questo momento sembra
essere presente dietro a tutte le prese di luce naturale che riesce a vedere
dalla sua postazione, ed anche in basso, sull’asfalto alla base delle costruzioni,
non si apprezzano dei movimenti tali da indicare un vero cambio nell’ordinarietà
delle cose di ogni giorno. A questo punto perciò, giusto forse per tentare qualcosa,
LEI decide di uscire dal suo appartamento e di verificare il funzionamento
regolare degli ascensori disposti lungo il pianerottolo. Tutti fermi anche
loro, come già stava immaginando. Così, quasi senza pensare, decide di bussare
con le nocche di una mano alla porta blindata del suo vicino, simmetricamente
di faccia al proprio ingresso.
Non trascorre molto tempo, ed alla
fine ecco, con una certa timidezza, che si affaccia LUI, esattamente uno degli
interlocutori con i quali LEI si intrattiene quasi ogni giorno quando sta davanti
al suo elaboratore per lo scambio di opinioni, soprattutto per dar seguito,
come previsto espressamente dai piani governativi, al programma di connessione
e correlazione dei cittadini tra di loro in quella esatta zona geografica del
paese. Sembra sorpreso, e probabilmente appare poco abituato ad avere degli
scambi reali di persona con altri utenti. Resta fermo per un attimo
nell’osservazione della donna che si trova di fronte, poi dice soltanto:
“abbiamo dei problemi comunicativi”. La sua voce esce flebile dalla bocca, la
sua espressione non pare effettivamente tesa alla ricerca di un diverso
argomento con cui iniziare una trasmissione diretta di opinioni con la sua
vicina di appartamento. Ma in fondo questo è quanto LEI si aspettava esattamente
di trovarsi di fronte, ed anche se l’angoscia che seguita a provare per l’isolamento
dai suoi contatti le rimane come un elemento fermo, adesso le basta di sapere
che c’è qualcuno in carne ed ossa nella sua stessa situazione, e questo al
momento sembra più che sufficiente.
Bruno Magnolfi
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