martedì 12 novembre 2024

Motivazioni giuste.


            Oltre le piccole preoccupazioni di ogni giorno, gli impegni quotidiani a cui ognuno è chiamato a dare seguito, gli appuntamenti semplici oppure estremamente importanti che scandiscono le ore, non c’è nient’altro, se non il risultato concreto e tangibile di quanto ciascun individuo riesce ad ottemperare con il proprio impegno, con la strenua dedizione, e certe volte anche tramite l’entusiasmo necessario per portare avanti tutte le cose più o meno ordinarie che si trova ad affrontare. Questo pensa Sergio quando controlla e organizza la sua agenda degli impegni, ed al di là del suo normale daffare con il mestiere che si ritrova a svolgere come venditore su appuntamento di apparati per la sicurezza domestica, ed anche di alcuni piccoli impianti di allarme antintrusione, non gli pare che ci sia molto altro a cui concedere il proprio interesse. Il suo compito principale resta quello di apparire a tutti piuttosto sorridente, loquace, in grado di decidere come semplificare e migliorare la vita di chi incontra, e su questa base in seguito fornire delle spiegazioni esaurienti a chiunque si trovi di fronte, aiutandosi necessariamente con degli accattivanti cataloghi a colori, composti da carta patinata, di strumenti eccellenti ed efficaci per ciò a cui sono stati destinati, semplici nell’uso, fedeli agli scopi previsti, in grado di togliere definitivamente molti dei grattacapi a cui ogni cittadino è costantemente sottoposto. Non ci sono controindicazioni, tutto quanto funziona esattamente nella maniera per cui è stato previsto e confezionato, ed è sufficiente installare correttamente i sensori in dotazione ai vari impianti, che tutto poi va avanti anche da solo, come se la possibilità di dimenticarsi persino della presenza di un sistema di allarme in dotazione nel proprio alloggio, fosse una sorpresa, nel caso in cui se ne riscontrasse una sua improvvisa attivazione.        

            Sergio sorride, riempie i moduli di richiesta, mette in contatto i fornitori con gli utenti, ed infine intasca le percentuali previste, facendole versare direttamente sul suo conto bancario. Ci sono dei periodi migliori, ed altri in cui le cose vanno anche maluccio, ma in tutto quanto lui riesce comunque ad avere una buona rendita e soprattutto a lavorare senza essere sottoposto ad obblighi e ad orari prefissati. Certe volte si lamenta, dice che desidererebbe proprio smettere, e poi magari trovarsi un impiego come un normale sottoposto, e togliersi dalla mente tutte le sue preoccupazioni. <<Ci sono delle giornate in cui giro come una trottola e non riesco a combinare niente di buono>>, dice a Renato quando come sempre lo ritrova la sera nell’appartamento che dividono. <<Sono i momenti peggiori>>, spiega; <<I clienti potenziali non ti prendono sul serio, ti fanno spiegare tutto quanto fingendo un certo interesse, e poi finiscono col dirti che “non è il momento”, oppure che vogliono interpellare qualche amico o qualche parente che se ne intende più di loro. Puoi sperticarti quanto vuoi, ma non li smuovi, ed alla fine devi rassegnarti ad andartene con i tuoi cataloghi senza avere in mano neppure una possibilità ulteriore>>.

            Renato ascolta questi sfoghi, annuisce, comprende l’amarezza che si può provare, mentre mostra l’espressione di chi solidarizza con l’amico per certe afflizioni, ma poi in cuor suo si sente subito contento di svolgere al contrario un lavoro forse un po’ monotono, forse privo di veri stimoli, ma in cui non giungono mai certe delusioni oppure delle sorprese negative. Adesso poi che ha preso ad uscire con la sua collega di lavoro per la quale già manifesta dentro sé stesso un attaccamento che non credeva fino a poco fa neanche possibile, andare in ufficio per lui è diventato un richiamo a cui per niente al mondo vorrebbe mai astenersi, persino se le sue condizioni di salute si facessero precarie. Per lui in breve tempo è diventato fondamentale quell’incrocio di sguardi con l’impiegata Monica Moroni, quando scende al piano sottostante dell’edificio comunale; davanti a lei ritrova subito in un attimo ogni fondamentale motivazione per trovarsi lì, ed anche se lei non si concede troppo, ponendo avanti le sue normali resistenze di cui hanno già parlato qualche volta, in ogni caso lui sa perfettamente come tutto questo sia destinato presto a scomparire, nel giorno vicino in cui potranno finalmente dimostrare a tutti i colleghi di lavoro che loro due ormai sono una coppia, ed è questo il punto di arrivo che lui assapora già, tanto lo sente così prossimo. <<Ho iniziato a vedermi qualche volta con una mia collega>>, confessa alla fine a Sergio, e subito si sente sollevato.

            <<Lei è molto riservata, non si concede troppo, anche perché ha già un matrimonio fallito alle sue spalle, ed ovviamente adesso va avanti con i piedi di piombo nel concedersi ad una nuova relazione. Però io sento che tutto andrà avanti a gonfie vele insieme a lei, e quando la guardo semplicemente mi sento già felice>>. Sergio subito solleva qualche ironia, cerca di prenderlo un po’ in giro, prova a dirgli delle spiritosaggini su questo argomento, ma infine si congratula: <<Sono contento che tu possa trovare vicino a te delle motivazioni così importanti. Sono convinto che in seguito si dimostreranno senz’altro quelle giuste>>.

 

            Bruno Magnolfi

domenica 10 novembre 2024

Accondiscendere ai desideri.


            In questi giorni in ufficio mi ritrovo come incaricato in prima persona nello stilare una serie di regole da far seguire a tutte quelle associazioni di volontariato che richiedono dei finanziamenti tramite un bando comunale messo a disposizione con una recente delibera, e sinceramente non è propriamente un impegno molto leggero, ed anche se è chiaro che il mio lavoro una volta completato verrà controllato interamente dal mio capufficio e in seguito anche dal nostro funzionario, a correzione di eventuali sviste, decisamente però mi sento ugualmente piuttosto sotto pressione. Per questo motivo ogni tanto alzo su la testa dalla scrivania, giusto per tirare il fiato, e con la scusa di avere alcuni documenti da far protocollare, almeno una volta durante ogni mattinata, scendo fino al piano sottostante, dove lavora Monica. A volte mi soffermo sulla porta ad osservarla mentre sembra impegnata nelle sue occupazioni, magari mentre fingo di riguardare qualcosa nei fogli che tengo tra le mani, e lei dopo un attimo si volta verso di me, sorride, mi incoraggia subito ad entrare e accomodarmi. Mi sento buffo nel tentativo di fare il distaccato nei suoi confronti nello stesso momento in cui vorrei semplicemente abbracciarla e stringerla, ma ci sono altri colleghi che lavorano nella sua stanza, ed io devo cercare di dominare il più possibile ogni mio entusiasmo.  

            <<Ciao Renato, come stanno andando le cose con il bando di finanziamento?>>, chiede subito lei con quella sua maniera sempre un po’ professionale di stare al gioco che ci troviamo a dover portare avanti tra noi due. <<Con fatica>>, dico io con poca voce; <<Ma insomma devo dire che alla fine procede tutto bene>>. Più che altro non vorrei che la sua collega di ufficio iniziasse a fare le sue solite domande piene di curiosità, così cerco di rivolgermi espressamente a Monica, standole anche piuttosto vicino, quasi escludendo nella nostra minima conversazione qualsiasi altra persona. A me piacerebbe poter dire a tutti i colleghi che stiamo insieme, che ci vediamo, che abbiamo una mezza relazione io e Monica, però lei non desidera dare risalto a questo aspetto, e così proseguiamo a rivolgerci tra noi in una maniera abbastanza distaccata, e soprattutto parlando esclusivamente di attività d’ufficio. <<Devo finire tutto quanto prima del termine del mese>>, aggiungo ancora; <<perciò mi sento del tutto impegnato e coinvolto in qualcosa che non posso certo tralasciare>>. Mi è venuta voglia, nel dirle delle cose anche piuttosto banali, di parlare usando dei concetti a doppio senso, in modo da riuscire a rendere le nostre piccole conversazioni maggiormente esclusive, ma lei ha subito bloccato ogni mio tentativo in questo senso, forse per non scoprirsi troppo, oppure solo perché non si sente ancora pronta ad avere con me uno scambio di idee così selettivo.

            Anche darci dei semplici appuntamenti in questo modo risulta assai difficile. Io mi limito a passargli dei foglietti con sopra scritte delle richieste, e Monica si limita a rispondere a matita su quelli: “d’accordo”, suggella certe volte, oppure: “rimandiamo ad un altro giorno”. Questa tattica può sembrare divertente, ma alla lunga ci fa soltanto sentire degli scolaretti che tentano di fare fessi gli insegnanti. In ogni caso lei desidera comportarsi in questo modo, ed io, pur provando la voglia scatenante di dire a tutti i nostri colleghi di lavoro che noi due ci incontriamo molto spesso dopo l’orario di lavoro, devo resistere e proseguire chissà per quanto tempo ancora a comportarmi proprio così come lei ha definito. Poi le faccio un cenno di saluto e torno al piano superiore e al mio lavoro, ma mi sento molto meglio dopo averle fatto una visita, e soprattutto dopo essermi reso conto che tutto è ancora esattamente come lo avevo immaginato. Perché certe volte mi prende il dubbio che Monica non faccia troppo sul serio nei miei confronti, e che le basti incontrarmi qualche volta, parlare un po’ con me, lasciarsi stringere per quando è possibile, e poi nei miei confronti tenere quel piccolo distacco che non so neanche del tutto spiegarmi, ma che in lei appare innato e quindi forse del tutto naturale.  

            D’altra parte, devo considerare che lei è già stata sposata, ed anche se mi ha subito fatto presente quanto io sia differente da quel suo marito così poco sensibile nei suoi confronti, resta comunque il fatto che Monica sicuramente possa provare ancora una certo distacco da tutto il genere maschile, e che non provi al momento una completa fiducia in ciò che io in qualche maniera rappresento. Quando ci vediamo cerco il più possibile di rassicurarla, di essere accondiscendente in tutto ciò che desidera, ma questo mio comportamento sembra non cambiare di molto i suoi modi di stare con me. <<Adesso devo lasciarti>>, dice ogni volta che a me sembra al contrario il momento migliore per poter stare assieme. Ribatto qualcosa, tento di replicare, mi irrigidisco, ma in seguito ovviamente sono costretto dai fatti a dover accondiscendere ai suoi desideri.

 

            Bruno Magnolfi

venerdì 8 novembre 2024

Con nessun altro.


Tu. Sei solo tu che credi ancora nella possibilità che questo individualismo che impera e che si esaspera ad ogni livello attorno a te, possa d’improvviso cedere alla semplice e straripante importanza dei tuoi pensieri quasi ossessivi attorno alla maternità, almeno così come certe volte te la raffiguri davanti agli occhi. Di fatto, nessuno intende darti corda lungo questa strada, a meno che non sia qualcuno rimasto per qualche motivo a pensare la realtà con una mente desueta, incapace di relazionarsi concretamente con l’attualità. Tu lo sai, ne hai perfetta consapevolezza, e forse quando immagini ad occhi aperti un figlio tuo, sei anche cosciente inevitabilmente che il tuo pensiero sia soltanto un frutto di egoismo, una proiezione di te stessa nel futuro, un concentrato di sentimenti teneri a cui dedicare nei tuoi desideri tutta te stessa, come se questo possibile legame ne annullasse per importanza qualsiasi altro. Quale altro scopo possibile, elabora la tua mente periodo dopo periodo; ed anche se il tuo matrimonio forse è fallito troppo precocemente, ciò non significa che i tuoi sogni imperniati attorno all’idea di generare un figlio prima o dopo, siano del tutto tramontati. Monica va rapidamente in corto circuito quando riflette queste cose, ma la sua simpatia reciproca per il collega di lavoro le fanno sperare che qualcosa sia ancora possibile, in questo momento in cui la propria età non è ancora eccessiva per l’eventualità di generare un figlio. Un sogno romantico, un desiderio di sempre, qualcosa che va ben oltre il soffuso desiderio di un rapporto sentimentale con un uomo.

Ti guardi attorno e vedi ormai solo relazioni che vanno rapidamente a rotoli, coabitazioni che non mostrano futuro, matrimoni che terminano invariabilmente davanti al giudice, in cui tutto diviene un semplice pugno di frasi urlate in faccia, insieme alla ricerca di quell’equilibrio materiale, dopo la separazione, per ciò che resta di un rapporto, proprio così come è accaduto a te. In fondo tutto sembra destinato a sgretolarsi, in questa fretta contemporanea di riuscire a compiere tutto quanto nell’arco di una rapida manciata d’anni, quando è facile accorgersi, una volta raggiunta l’età della ragione, e prima che la fertilità venga a mancare, che non è semplice incrociare sulla propria strada qualcuno che pensa e desidera le stesse cose che per te appaiono così importanti. Di tutto quanto insomma resta solamente la capacità soltanto femminile di generare da sé una nuova vita, ed è questo l’elemento scatenante di ogni desiderio, la voglia più recondita ma anche essenziale che sta all’interno della stessa esistenza, quel riprodurre e poi procrastinare in qualche modo la vita presente verso il futuro. Come possibile parlarne a qualcuno intorno a te? Con quali parole descrivere il tuo intento? In che maniera definire ciò che in te sembra sgorgare in questa maniera così spontanea ed emergente?   

<<Ciao Renato>>, dici a Renato mentre assieme a lui ti siedi ad un tavolino del caffè poco lontano dagli uffici dove ogni giorno svolgete ognuno dei due il proprio lavoro. Lui ti guarda con occhi espressivi, con lo sguardo dolce di chi vede in te in questo momento una persona a cui dedicare il suo tempo e i suoi pensieri, ammorbidendo la sua simpatia ed il suo affetto verso di te nella maniera più congeniale ad una fase delicata di questo genere. Ma tu, pur falsificando facilmente i tuoi sentimenti più intimi, non lo ricambi con il medesimo modo di guardare verso lui, anche se è impossibile decifrare solo da questo i tuoi pensieri più nascosti. Tu hai in mente qualcosa d’altro, perché non credi più nella famiglia, non percorri la strada del rapporto esclusivo per la vita. Tu desideri soltanto un figlio, ed è tramite lui che ti è di fronte, e nonostante lui, che potrai davvero averlo, e tutto ciò improvvisamente è quanto di più vero, in un modo che riconosci quasi estremo, che ti si allarga in questi attimi dentro la mente. Non potrai mai confessarlo, però Renato di fronte a te adesso rappresenta solamente un tramite per cui avere tra poco tempo ciò che più desideri.     

<<Dobbiamo vederci fuori da questi luoghi che ancora ci ricordano troppo l’ufficio>>, dice lui; e tu annuisci, sorridi, ti mostri d’accordo; non ci sono dei problemi, le cose stanno andando bene, il tuo disegno prende forma, poco per volta, così come lo avevi già desiderato, senza neppure svelarlo neanche a te stessa. <<Monica, mi piaci, io ti voglio bene>>, dice lui, e tu rispondi nella maniera che Renato si attende già da te, e pur sapendo che stai correndo forse troppo, lo inviti a casa tua, presto, in uno dei prossimi giorni, per una semplice cenetta a due, per trovare quell’intimità che ancora manca, quello scambio di opinioni semplici eppure così essenziali, che fondano un rapporto. <<D’accordo?>>, gli chiedi mutuando qualcosa che quasi avevi scordato. <<Dobbiamo essere bravi, ed intrecciare le nostre mani come mai vorremmo fare in egual modo con nessun altro>>.

 

Bruno Magnolfi

mercoledì 6 novembre 2024

Giungere a desiderare.


            La domenica, nella tarda mattinata, vado sempre a fare una visita ai miei genitori. Per prima cosa faccio suonare brevemente il campanello dell’appartamento, poi però infilo la chiave nella serratura del portoncino, ed infine entro con calma e cortesia nella loro casa. Mia madre mi viene subito incontro lungo il corridoio riconoscendo benissimo i rumori che provoco ed il mio stile; mio padre, invece, generalmente resta seduto nel soggiorno a fingere di leggere il giornale o a guardare distrattamente qualcosa alla televisione, anche se poi mi stringe la mano, si alza sorridendo, e quindi mi assesta una leggera pacca sulla spalla, come per congratularsi con me di qualcosa che sa soltanto lui, evitando però di abbracciarmi, anche se probabilmente ne avrebbe anche la voglia, forse perché secondo il suo parere sarebbe questo un gesto troppo pacchiano e poco edificante, quasi come il mostrare del tutto scoperta una propria debolezza. Lo so, lo capisco benissimo quanto sia triste e grigio tutto questo, ma i miei si sono rapidamente abituati ormai a questo comportamento del loro unico figlio, ed è chiaro che adesso ci tengono moltissimo all’appuntamento domenicale, ed io non desidero in nessun modo rompere degli schemi ormai così assodati tra di noi. Resto a pranzo, naturalmente, e mia madre cerca sempre di proporre ogni volta i miei piatti preferiti; perciò, io mi trovo a rinnovarle i complimenti per la cucina, e quindi a mostrare la mia gratitudine ed il mio sincero apprezzamento, e le cose si ripetono volta dopo volta quasi identiche, senza alcuna novità o qualche semplice scossone. È una specie di piccolo teatro, dove ognuno conosce a menadito la propria parte, e sembra che nulla sia capace di scalfire questi comportamenti che teniamo tra di noi.

            Si parla poi del mio lavoro, dei colleghi d’ufficio, della mia coabitazione con Sergio, che loro conoscono naturalmente, ma che fin dall’inizio hanno cercato pacatamente di avversare, ed io mi mostro sempre tutto proteso a rassicurarli e a dissipare in loro ogni pur piccola preoccupazione, secondo quello schema ormai invariabile. Quindi tiriamo fuori qualche volta delle opinioni generali sulla vita politica della nazione, avanzando qualche commento generico, oppure sul vicinato che anche io conosco sin dal tempo in cui abitavo in quella casa, oppure su altre piccole faccende che riguardano il condominio o anche tutto il quartiere, spesso ripetendo impressioni e pareri già tirati fuori negli incontri precedenti. Certe volte mi piacerebbe avere qualche bella novità da portare nell’appartamento dei miei genitori, come parlare loro di un acquisto importante, chiedendone l’opinione, o di un’amicizia nuova da presentargli, oppure di un piccolo viaggio che magari vorrei intraprendere, ma è difficile immaginare a priori se davvero sarebbero contenti nel variare le calme chiacchiere a cui da tempo ci siamo tutti e tre abituati. Ho pensato qualche volta di cambiare il mio comportamento nei loro confronti, ma poi troverei davanti a me soltanto due musi lunghi, delle domande asciutte contenenti già un’opinione negativa, dei comportamenti da persone che stanno quasi per offendersi, così evito di variare ogni dettaglio, anche se ogni tanto un po’ mi pesa.  

            Mi sento nelle condizioni di chi fornisce esattamente ciò che gli viene richiesto, senza immettere nel proprio argomentare qualcosa di maggiormente personale, però ritengo che questa sia la maniera migliore per rassicurarli e farli stare bene. Comunque, credo che una di queste volte dovrò per forza parlare ai miei genitori di questa collega di lavoro, questa Monica che sembra non volermi più uscire dalla mente: si tratterà di farmi scappare dalla bocca il suo nome, quasi per caso, e poi spiegare superficialmente della nostra amicizia, niente di più. In seguito, potrei approfondire il tema, e forse attendere con calma qualche domanda di mia madre sul suo conto, che normalmente riesce a porre sempre dei piccoli quesiti molto a proposito, e così forse dilungarmi sulle doti e la simpatia di questa compagna d’ufficio, fino ad introdurla poco per volta all’interno dei discorsi di famiglia, e così incuriosire loro fino al punto di chiedermi di poterla conoscere, una volta o l’altra. Niente di male, credo, in fondo sarebbe il percorso migliore per dimostrare anche a Monica il mio progressivo attaccamento a lei, tanto che alla fine non ci sarebbe neppure necessità di grandi e improvvise decisioni per noi due, e tutte le cose verrebbero a snodarsi quasi da sole un po’ per volta. Mi sento bene, sono sincero, quando sto con lei; mi pare quasi che tutti gli anni che ho vissuto fino adesso non fossero altro che il semplice preludio a questa insperata conoscenza, a questa simpatia reciproca che spero possa presto sfociare anche in qualcosa di più tangibile. Ambedue abbiamo i nostri anni, e probabilmente, senza fare dei colpi di testa, potremmo renderci conto ben presto che può essere ancora apprezzabile un’esistenza in comune, e mettere su una relazione stabile tra di noi in questo momento è quanto di meglio si possa giungere a desiderare.

 

            Bruno Magnolfi       

lunedì 4 novembre 2024

Estremamente chiaro.


            Caterina sostiene che secondo lei è del tutto inutile tentare sempre di analizzare ciò che accade, pensare di poter seguire e comprendere quei percorsi che portano ad una certa scelta compiuta da qualcuno che conta e che determina l’esistenza di molti altri individui, oppure cercare di spiegarsi i motivi che hanno accompagnato certi dati di fatto ormai consolidati o certe realtà probabilmente inevitabili, oppure persino quello che comunque quotidianamente abbiamo tutti sotto agli occhi. È soltanto una perdita di tempo, un’illusione che non porta mai da nessuna parte, se non alla conferma consolidata di ogni amarezza che ci troviamo a vivere. <<Non cambia un bel niente sapere il perché sia successa ieri o il giorno avanti una cosa oppure l’altra>>, dice spesso; <<Non è certo il fatto di individuare il percorso preciso per cui si è arrivati a certe conclusioni, oppure lo scoprire la maniera per cui si verificano alcuni comportamenti da adottare inevitabilmente, che per noi cambierà qualcosa>>. Monica annuisce, anche se non è d’accordo. Però anche a lei farebbe piacere vivere in una realtà dove non ci si interroga mai sugli avvenimenti, e quindi si prende tutto oramai per definito, così com’è, modificando le proprie azioni semplicemente in funzione di una realtà ormai data una volta per tutte, e perciò immodificabile da certe semplici opinioni. Naturalmente Caterina non va neanche ad esprimere il suo voto di cittadina al momento in cui vengono indette delle elezioni politiche o amministrative. <<Hanno già deciso tutto alle nostre spalle>>, dice spesso; <<Non è certo la mia scheda singola a modificare qualche cosa>>.  

            Si conoscono da molto tempo, loro due, e quindi comprendono benissimo le loro differenze di opinione, anche se certe volte a Monica non piace sentire l’amica parlare in questo modo. Però sa che è del tutto inutile mettersi a battibeccare con lei mentre magari sono sedute a sorseggiare un tè o un aperitivo nel solito localetto lungo il corso dove vanno spesso. Perciò la lascia dire, senza neanche interromperla, solo cambiando l’argomento delle chiacchiere appena le è possibile. Non le ha ancora rivelato di questa recente simpatia per il suo collega di lavoro, ma non vorrebbe farle nascere delle curiosità buone per ulteriori domande poco edificanti, così preferisce tacere su tutto l’argomento, anche se prova sempre più forte la necessità di parlare di quest’uomo e di confidarsi con qualcuno. <<In ufficio ultimamente le cose vanno piuttosto bene>>, le rivela molto alla lontana. <<Niente di particolare, però il clima appare più disteso, ed il mio capo sembra non abbia più la voglia di starmi addosso fino a farmi diventare pazza con quella manìa di ordinare e organizzare ogni scartoffia in maniera logica, corretta e condivisibile, come dice a volte, per cui mi sento maggiormente rilassata>>. Caterina la guarda per un attimo, come provasse un debole moto di avversione, lei che lavora soltanto per qualche ora al giorno nello studio da commercialista di suo marito, e ad ogni occasione scappa subito da quelle stanze e dalle telefonate in arrivo, pronta per uscire con qualche scusa certe volte anche inventata. <<Non so come tu faccia a sopportare questa situazione>>, dice a Monica. <<Là dentro dove stai tu è solo un covo di vipere, dove il tutti contro tutti è l’andamento quotidiano, e la tua dedizione ed il tuo impegno non riescono a procurarti proprio alcun piacere>>.

            Per un certo periodo, diversi anni fa quando si sono conosciute, loro due sono state anche colleghe dell’ufficio protocollo del Comune, perciò lei possiede ancora una perfetta cognizione di quello di cui parla, anche se è evidente, da quando si è dimessa per andare ad aiutare suo marito che intanto aveva ampliato il suo raggio d’azione con la clientela, Caterina non riesce a far altro che scagliarsi contro quel mestiere a cui quel giorno aveva chiuso la porta con soddisfazione, anche se ovviamente ci sono stati nel frattempo degli spostamenti ed alcune variazioni d’organico tra quelle scrivanie, e quindi le cose hanno subìto delle variazioni poco spiegabili nel dettaglio con delle semplici parole. <<Ci sono stati momenti peggiori>>, afferma adesso Monica; <<E in ogni caso, poco per volta, come da un pezzo continuo a dirti, mi sono creata uno spazio mio che mi fa sopravvivere in maniera più tranquilla, nonostante le vipere>>, dice sorridendo. Poi guarda il suo orologio, spiega che adesso deve proprio andare, così si alzano dal tavolino, si salutano di fretta e si dividono appena raggiunto il marciapiede. Uno di questi giorni dovrò proprio cominciare a parlarle di Renato, pensa Monica mentre cammina verso il negozio del suo fidato parrucchiere, dove ha fissato un appuntamento per rifare il colore dei capelli e qualche piccolo ritocco. Tiene di più al suo aspetto, in quelle ultime settimane; eppoi, curarsi maggiormente nell’abbigliamento e nella persona è diventato qualcosa che la fa sentire più aperta agli altri, più disposta ad ascoltare e a confrontarsi con chiunque, forse persino più sicura di sé stessa. Difficile rivelarlo a Caterina, pensa ancora adesso mentre si affretta; per lei, in quel caso, diverrebbe tutto estremamente già chiarito.      

 

            Bruno Magnolfi