sabato 30 novembre 2024

Profondo desiderio.


            Sono sicuro che Monica non mi abbia notato dalla sua finestra accesa, mentre gettava uno sguardo sulla strada sotto casa sua. Ormai era buio, con dei lampioni che illuminavano ben poco, spandendo ognuno un piccolo chiarore soltanto sotto di sé, ed io sono stato rapido nel mettermi al riparo di qualche terrazza che impediva dagli appartamenti la mia vista sopra al marciapiede; e poi la mia macchina, in fondo, è soltanto una semplice utilitaria anonima come ce ne sono tantissime altre in giro per tutta questa città. Ho corso un bel rischio però, ne sono cosciente, praticamente un rischio in grado di vanificare persino tutti i miei sforzi per far apparire abbastanza vago il mio interesse verso di lei, proprio per darle la convinzione che la costruzione del nostro rapporto fosse esclusivamente un progetto da intraprendere da noi due assieme, consapevolmente, e non qualcosa perseguito solamente da una parte e per questa ragione già del tutto zoppicante, secondo me. Poi sono tornato sui miei passi fino a casa mia, nella convinzione di aver comunque tentato qualcosa altrimenti quasi impossibile da neutralizzare nella mia testa, tanto da sentirmi improvvisamente meglio, più rilassato, pago di aver provato una sortita assolutamente necessaria. Anche il mio stesso tentativo, una volta rientrato al sicuro del mio accogliente appartamento, non mi è parso più come un’uscita disperata, così come mi era sembrato in un primo tempo, ed anche se Monica mi avesse visto realmente dalla sua finestra illuminata, tutto ciò ripensandoci mi avrebbe colmato solo di orgoglio, pari al compimento di un gesto quasi eroico, deciso, forse coraggioso, anche ai suoi occhi.

<<Ciao Sergio>>, avrei adesso voluto dire a Sergio rientrando, se lo avessi trovato in casa stasera, magari intento a sonnecchiare davanti alla televisione accesa e con il volume a zero, come a volte usa impostarla per farsi compagnia; <<C’è una ragazza, anzi una donna, a dire il vero, che lavora come impiegata all’ufficio protocollo nel piano inferiore degli uffici sotto a dove io stesso ho la scrivania, e ci stiamo frequentando, anche se siamo solo agli inizi, rivelando poco alla volta l’uno all’altra tutto quello che ci pare giusto che si sappia>>. Lui mi avrebbe guardato senza dire niente, magari alzandosi dal divano per prendersi una birra fresca, o qualcosa del genere, quasi a togliere solennità alla mia rivelazione. <<Non riesco oramai a pensare ad altro>>, gli avrei spiegato, <<e mi sento così preso da questa conoscenza che spesso ho paura di combinare con lei qualche pasticcio, pur senza volerlo. Per questo sono continuamente a frenarmi, a riflettere meglio, a tentare di essere meno impulsivo di quello che vorrei. Ma non è facile, almeno in questa fase>>.

Sergio allora avrebbe spento definitivamente la televisione, sarebbe tornato a sedersi, magari scuotendo la testa come a volte fa quando riflette. <<Non forzare le cose>>, mi avrebbe spiegato con ogni probabilità: <<Queste situazioni hanno sempre bisogno del loro tempo prima di disvelarsi completamente. Rilassati, non insistere nel conoscere subito ogni dettaglio di tutta la vita di questa donna. Lasciala respirare, fatti vedere da lei, ma senza essere insistente, e con facilità ogni cosa, in questo modo, potrà giungere a maturazione senza alcun intoppo>>. Allora avrei preso anch’io una birra dentro al frigo, mi sarei seduto di fronte a lui con un sorriso, riconoscendo la sua maggiore esperienza in cose affini a questo genere, e poi avrei soltanto detto: <<Mi piace, mi piace molto, adesso non riesco quasi a dire altro di lei>>. In seguito con calma ci saremmo dati la buonanotte, rientrando ognuno nella propria camera, proprio come facciamo quasi ogni sera, ed io alla fine mi sarei coricato nel mio letto con ancora un po' di adrenalina lasciata circolare dentro di me, anche soltanto per essere riuscito a rivelare tutto quanto al mio amico coinquilino.

Adesso però tutto sembra farsi più complesso: devo prendere delle decisioni sui miei comportamenti, stilare un piano dettagliato per non trovarmi di nuovo ad improvvisare, come ho fatto fino adesso, stupidamente e senza seguire nemmeno una principale idea di fondo, quasi senza un criterio esatto tramite il quale stabilire cosa io desideri realmente da questa Monica, e soprattutto in quale modo posso riuscire ad avere da lei ciò che desidero, senza farle sospettare neppure l’ombra di un sotterfugio, o magari l’impressione di mettere in campo una vera strategia. È difficile comportarsi in modo naturale quando la tua testa è attraversata da mille pensieri raziocinanti, lo so, me ne rendo perfettamente conto. Così come sarà parecchio complicato dopo stasera tornare ad osservare Monica senza che lei abbia il minimo sentore dell’impegno che sto affrontando giorno dopo giorno dentro di me. In ogni caso non approvo alcun desiderio di una strada già spianata per giungere frettolosamente fino a lei: dovrò affrontare momenti difficili, cadute, improvvisi entusiasmi ed altrettante delusioni, ne sono già cosciente. Però so anche che niente mi farà tornare indietro rispetto a ciò che sento ormai consolidato dentro me stesso: seguirò con pazienza questo percorso, lo so perfettamente, perché sono convinto che sia ciò di cui provo il più profondo e inconfessabile desiderio.

 

Bruno Magnolfi

mercoledì 27 novembre 2024

Abbastanza assiduo.


            <<Mi si è accostato questo ragazzone di una quarantina d’anni circa, mentre mi trovavo al banco del solito locale a prendermi un caffè, proprio qui di fronte>>, spiega il marito di Caterina a Caterina; <<Perché ovviamente sapeva chi fossi io, e difatti mi ha subito detto con un sorriso: “Buongiorno ragioniere”, tanto che io sul momento credevo di averlo già conosciuto da qualche parte, perciò l’ho salutato con tranquillità. Però lui mi ha subito spiegato di aver fondato una Associazione Onlus qualche tempo addietro, e di avere il bisogno disperato di una mia particolare consulenza, per cui io ho subito risposto che non conoscevo molto bene la materia del Volontariato e degli annessi, e che svolgevo il ruolo di un semplice commercialista, ma lui ha insistito, così gli ho proposto di prendere un appuntamento e di portare con sé tutte le relative documentazioni>>. La moglie lo guarda, poi osserva il foglietto su cui è stato annotato in fretta un nome che non conosce ed un numero telefonico, ma infine sfoglia l’agenda ed inserisce i dati nella pagina del giorno di martedì mattina, alle ore 11. <<Ma forse sarebbe meglio se prima passasse dagli uffici del Comune, dove si occupano dei Servizi Sociali, e magari chiedere lì qualche delucidazione>>, dice lei pur con poca convinzione, conoscendo piuttosto bene le scarse capacità di quegli impiegati. <<Magari vuole soltanto inserire la propria Associazione tra quelle richiedenti il cinque per mille sulle dichiarazioni dei redditi>>, dice svelto il marito di Caterina a Caterina, <<non potevo certo chiedergli dei dettagli in un locale dove mi conoscono e dove tutti sanno che non mi metto mai con nessuno a parlare di lavoro, e soprattutto dei dati sensibili di qualche cliente, proprio per una rigida etica professionale>>.     

            <<Va bene>>, fa lei, <<comunque ho già l’impressione che questo sia un altro squattrinato, come ne è già capitati, che cerca di rimediare qualche fondo per chissà quali ideali>>.  <<Può essere>>, fa lui; <<In ogni caso una possibilità la posso riservare anche a questa Onlus Culturale, come la chiama lui, e poi vedere che cosa intendono farne, lui e gli altri suoi soci>>. Caterina sembra perplessa, non ci sono molti clienti in agenda negli ultimi tempi, o almeno quella spinta a crescere che c’era stata diverso tempo addietro sembra ormai decisamente arrestata, e le consulenze che da un po’ di tempo vengono richieste allo studio di suo marito sembrano tutte senza particolare futuro, quasi mancanti di quella fiducia che una volta sembrava incrollabile verso certi professionisti. Più tardi lei fa squillare il telefono nell’ufficio di Monica, e così le spiega il caso, tanto per vedere che cosa ne possa pensare lei. <<Certo>>, risponde Monica dopo aver compreso la faccenda; <<Puoi mandarlo qui da noi, e dirgli di cercare di Renato Nesti, agli uffici del secondo piano, dove si stanno occupando proprio dei finanziamenti verso associazioni cittadine non-profit tramite un bando comunale. Oppure dirgli di passare da me, che posso almeno fornire qualche indicazione utile>>.  Poi le due amiche parlano d’altro senza riprendere più quell’argomento, ed infine riagganciano dandosi un vago appuntamento per una tazza di tè in un pomeriggio della settimana seguente.

            Rimasta senza altri compiti, Caterina avvia una breve ricerca per nome negli elenchi delle Associazioni, ma non trova niente di particolare, se non un breve corso di lezioni tenute su alcuni temi storici presso una piccola biblioteca di quartiere. Anche il nome del Presidente, fornito da quel ragazzo a suo marito, non risponde a nessuna spiegazione, a meno che i dati non siano ancora stati depositati all’Agenzia incaricata. <<Probabilmente abita in zona>>, pensa però subito dopo, non riuscendo a smettere di fantasticare attorno a questo potenziale nuovo cliente; <<Non avrebbe senso cercare lo studio di un commercialista in una zona distante da dove si risiede. E poi, il fatto di conoscere almeno di vista mio marito dimostra che si trova a passare spesso da questa stessa strada, magari per delle ragioni di lavoro, anche se la sede della Associazione è posta in un diverso quartiere della città. In ogni caso Monica si è mostrata disponibile a dargli una mano per le sue questioni, e questo fatto appare quasi nuovo rispetto ai soliti comportamenti della mia amica, sempre restia a conoscere degli uomini e a fornire notizie sulle finalità degli uffici dove lei lavora>>. Poi si alza dalla scrivania, indossa il soprabito e si affaccia nell’ufficio dove suo marito sta ancora lavorando circondato da carte e documenti. <<È quasi ora di pranzo>>, gli dice in fretta; <<Vado a casa, preparo qualcosa e ti aspetto per il solito orario>>. Lui annuisce quasi senza staccare gli occhi dai suoi fogli sparsi sulla scrivania, e Caterina torna a chiudere la porta, a prendere la propria borsa e ad uscire dagli uffici al piano del marciapiede, senza pensare ad altro, se non a fermarsi lungo la strada per fare qualche acquisto nelle botteghe che frequenta in modo abbastanza assiduo.

 

            Bruno Magnolfi

sabato 23 novembre 2024

Sul piano della scrivania.


            Scendo le scale tenendo ben stretto nel mio pugno il foglietto ripiegato da appoggiare sulla scrivania di Monica, mentre assaporo il momento in cui finalmente mi troverò nel suo ufficio. Sono trascorsi già diversi giorni dall’ultima volta che ci siamo attardati in un caffè poco lontano dagli Uffici Comunali, dopo il termine dell’orario di lavoro, e a me sembra quasi impossibile che a lei non sia ancora tornata di nuovo la voglia di stare per un po' insieme con me. Non voglio apparire il tipo di persona che le sta troppo addosso, cerco anzi di mostrarmi ai suoi occhi, se non indifferente, piuttosto occupato anche al di fuori dell’orario d’ufficio, e comunque di avere una quantità di amici e di conoscenze da riuscire sempre a frequentare qualcuno in qualsiasi momento lo desideri, e a seconda della voglia che mi prende, anche se la verità non sta proprio così. Non mi piace neppure sentirmi debole rispetto ai suoi comportamenti, però ritengo che con ogni probabilità persino in questo esatto momento Monica stia giocando di resistere a cercarmi, proprio per dare a me la possibilità di essere più propositivo. Di fatto, io ho ancora voglia di vedere il suo viso, di misurare il suo sorriso, di parlare insieme a lei di tutto quanto, e soprattutto scambiare delle opinioni su noi due, sulle nostre esperienze, discorrere attorno alle nostre differenti possibilità di esistenza, e di ascoltare la sua voce nel momento esatto in cui le va di farmi sapere i suoi pensieri, e poi anche misurare i suoi modi di fare, le stesse parole che sceglie ed usa per spiegarsi al meglio, e quello che forse si attende con sincerità dal proprio futuro. Naturalmente non devo contorcermi dietro a certi ragionamenti ingarbugliati che per certo so già non mi porterebbero neppure molto lontano, immagino, perché c’è la necessità evidente che io mi mostri il più possibile spontaneo, naturale, come se d’improvviso oggi mi fosse presa la voglia di offrirle una bevanda e magari di trascorrere un’ora qualsiasi insieme a lei, dopo il lavoro.

<<Ti aspetto al solito caffè?>>, ho scritto in fretta difatti sopra al mio foglietto, ma in questo momento, mentre percorro il vasto corridoio che porta dritto fino alla sua stanza, mi sembra che avrei potuto dire ben altre cose sopra questa carta, ed essere maggiormente accattivante, e poi anticipare a Monica che forse desidero chiederle qualcosa, se vorrà avere il buon senso di raggiungermi davvero dentro quel locale. Ho intenzione stavolta di proporle di andare insieme in un cinema, addirittura se ha del tempo libero addirittura questa sera stessa, se fosse anche d’accordo; oppure domani, o magari un altro giorno. Ho già scelto la pellicola adatta a cui assistere: niente di cruento, né di troppo divertente, e neppure di particolarmente romantico, ma qualcosa di culturale, perché il fatto è che vorrei darle una buona impressione di me, e soprattutto farle capire che desidero vederla tutte le volte in cui questo sia possibile, e trascorrere con lei tutto quelle ore che da questo momento in avanti posso concederle, quasi per sopperire al fatto di aver perso tanto tempo, pur lavorando a pochi metri di distanza dalla sua scrivania. prima di avere iniziato a frequentarla e a gettare le basi per un futuro insieme a lei, come adesso fortunatamente sto quasi facendo. Ma ho anche paura di correre un po’ troppo, di scoprire troppo in fretta davanti a Monica le mie vere intenzioni, e così mostrarmi semplicemente un debole, incapace nei suoi confronti di essere maggiormente autonomo e più vagamente distaccato rispetto a una banale relazione come è quella che ci sta capitando. Naturalmente, non posso in questo momento mostrarmi innamorato di lei, è fuori di dubbio, almeno non prima che Monica stessa dimostri con chiarezza di esserlo di me.

Perciò proseguo, chissà ancora per quanto, con questa specie di preliminari sciocchi, che non mi procurano una grande soddisfazione, ma dei quali non credo proprio sia possibile fare del tutto a meno. La saluto, le sorrido, le faccio vedere una pratica d’ufficio e le chiedo con calma quale sia la sua opinione in merito, prima di farle scivolare il mio foglietto davanti agli occhi, senza che le altre due impiegate presenti nella sua stessa stanza si rendano conto di cosa realmente stia facendo. Anche Monica sorride, mi spiega che quel certo numero di protocollo è risultato precedente ad altri atti inoltrati da quella data associazione, ed io annuisco, non facendole comprendere che tutto questo lo sapevo già, e che la cosa più importante che mi ha spinto davanti a lei è la risposta a questo mio piccolo, semplice, forse banale ma anche importantissimo quesito. <<Ma certo>>, scrive subito lei con una matita sopra al mio foglietto, ma subito prende una gomma per cancellare dal cassetto e poi fa scomparire in un attimo quelle sue parole. <<D’accordo>>, dico io come fossi soddisfatto solo del suo parere professionale, e quando infine esco dal suo ufficio mi pare quasi di volare, di non sentire più quel pavimento semilucido di marmo sotto ai piedi, che mi riporta anche troppo rapidamente fino alla mia scrivania, al piano superiore dell’edificio.

 

Bruno Magnolfi  

domenica 17 novembre 2024

Con molta pazienza.


            Lei generalmente si limita a rispondere al telefono, almeno per la maggior parte delle volte, in tutto il tempo in cui resta seduta dietro ad un bancone lucido ed elegante davanti all'ingresso, durante l’orario in cui resta presente nello studio, perché è sempre necessario sapere esattamente cosa rispondere, nel caso che a chiamare sia un cliente di una certa categoria oppure di un’altra. Spesso si trova a dire con professionalità che il commercialista in quel certo giorno non si trova in ufficio, oppure che in quel momento è impegnato in una riunione, o anche che ha ricevuto un altro cliente solo da pochi minuti, provando subito naturalmente a farsi spiegare il motivo della telefonata, o se può essere d’aiuto direttamente lei, magari prendendo qualche appunto utile anche in seguito. Non tutti lasciano detto qualcosa, e la maggior parte delle volte si fanno semplicemente indicare casomai in quale altro orario potrebbero richiamare, e spesso lei risponde con determinazione che è meglio rimandare direttamente all’indomani, tanto per rendere gli impegni dello studio meno stringenti e dare sempre l’impressione di essere dei professionisti pieni zeppi di lavoro. Non dice mai di essere la moglie del commercialista, che cita spesso chiamandolo come il dottor Carletti, lasciandosi a sua volta chiamare semplicemente Caterina, come se là dentro fosse una normale segretaria. Un tempo c’era stata, al posto suo, una vera segretaria, ma lei ad un tratto si era sentita gelosa di quella sua capacità di sapere tutto su suo marito, e poi costava anche un po’ troppo tenerla in ufficio a svolgere in fondo delle attività piuttosto banali e poco redditizie. Così propose di sostituirla, anche perché nell’ufficio comunale dove aveva lavorato fino a quel momento non si trovava affatto bene.

            Per il resto adesso si limita a mettere in ordine qualche documento, e ad esempio stila per ordine d’importanza le pratiche per cui è bene che suo marito si interessi prima di prendere qualsiasi altro impegno, ma per quanto riguarda la compilazione delle dichiarazioni, o l’impostazione delle aliquote, oppure il pagamento delle imposte, lei non se ne occupa minimamente, lasciando tutto alla competenza del suo particolare datore di lavoro. Così, molto spesso Caterina si ritrova a non aver troppo da fare, e lascia che le mattinate in cui si trattiene dietro al bancone, si trascinino nella calma e nella scarsità di impegni. Capita a volte che faccia anche una telefonata a Monica, che ha conosciuto alcuni anni fa, ai tempi del suo lavoro negli uffici comunali, ma generalmente non si trattiene troppo con lei, o almeno non quanto vorrebbe, sapendo benissimo che suo marito non approva le perdite di tempo, e anche sentir parlare qualcuno in termini troppo confidenziali dentro al suo studio. Lui sta chiuso nella stanza a fianco, e lei si trova certe volte ad abbassare la voce per non farsi accorgere di ciò che sta facendo. <<Ciao Monica>>, le dice quelle poche volte; <<Scusa se parlo piano ma mio marito se si accorgesse che sto parlando proprio con te andrebbe facilmente su tutte le furie>>.

            Caterina non conserva un buon parere sul matrimonio in generale, e forse non si ritiene particolarmente fortunata ad essersi fatta sposare dal commercialista, però riconosce che un marito ci vuole per qualsiasi donna, anche se poi nei confronti di Monica riesce a comprendere benissimo la sua allergia per gli uomini e si scopre ad essere persino invidiosa della capacità dell’amica nel farne a meno fin dai tempi della sua separazione. <<Ci vediamo nel pomeriggio per una tisana nel nostro locale lungo il corso?>>, le chiede prima che sia costretta ad abbassare il telefono, e Monica le risponde che va bene, che anzi desidera parlarle di qualcosa che è possibile rivelare solamente a voce. Perciò si danno appuntamento, e poi chiudono la comunicazione. Appare strano a Caterina, quello che ha sentito dire da Monica. Generalmente lei è riservata, persino troppo, e se ha detto in quel modo vuol dire che c’è qualcosa di importante che sta bollendo in pentola, anche se non riesce proprio a immaginare che cosa possa essere. Dopo un momento si fa assorbire dalle carte e dal video che ha di fronte, riprendendo a riordinare l’agenda professionale del signor commercialista, ed archiviando i documenti che si trova a gestire ogni giorno sopra la sua scrivania.

            Quando esce, ormai poco prima dell’ora di pranzo, saluta rapidamente dalla porta suo marito, riprende la sua borsa e si incammina verso casa, anche se la curiosità prosegue quasi a roderla, e le parole che le ha detto la sua amica poco prima, sembrano adesso sempre più enigmatiche, tanto da farla sentire in questo caso del tutto incapace di qualsiasi perspicacia, al contrario di quello che reputa essenziale della propria personalità. Forse qualcosa non va bene in ufficio, pensa con insistenza; oppure improvvisamente si è verificato dell’attrito tra Monica e i suoi genitori. O magari è scappato fuori di nuovo il suo ex marito, combinando qualcosa in cui anche la sua amica, per qualche strano motivo, si sente improvvisamente coinvolta. Non ha alcun elemento per comprendere come stiano effettivamente le cose, e l’unica maniera per capire cosa ci sia dietro le parole che le ha accennato Monica, non può in questo momento essere altro che attendere pazientemente di incontrarla.

 

            Bruno Magnolfi         

giovedì 14 novembre 2024

Senza importanza.


Stasera sono solo. Sergio mi ha fatto presente con uno dei suoi soliti foglietti appoggiati sopra al piano della cucina, che oggi non rientrerà a casa, forse per qualcuno dei suoi piuttosto frequenti motivi di lavoro, immagino io. Mi dispiace un po’, ad essere sincero; in questo momento scambiare con lui qualche spiritosaggine, qualche opinione, un parere anche generico sulla giornata trascorsa, magari mentre prepariamo in accordo qualcosa per la nostra cena, ed infine, una volta seduti, tirando tardi al tavolino davanti a due dita di vino insieme ad ulteriori immancabili chiacchiere, mi avrebbe fatto piacere. Ma forse non ha neppure troppa importanza, rifletto, o almeno mi sembra, e d’altra parte non è la prima volta che Sergio lascia l’appartamento tutto per me, e in certi casi anche per diverse giornate di seguito, considerato che a me in fondo non sono mai interessati i suoi affari. Ma adesso, se proprio ci penso un po’ meglio, il fatto che stamattina non sia riuscito neppure a passare per un attimo dall’ufficio protocollo dove lavora Monica, anche soltanto per vederla un momento, e poi ritrovarmi adesso da solo a trascorrere questa serata così vuota di tutto, mi procura una certa malinconia, tanto da farmi decidere, ad un certo punto, di fare un giro in città con la mia utilitaria, e per pura combinazione passare proprio dalla strada dove abita lei. Non sono mai stato a casa sua, la sua riservatezza difatti sembra quasi proverbiale, e neppure si è mai fatta accompagnare da me fino lì, però io so perfettamente dov’è la sua casa, ho annotato l’indirizzo riportato sulla sua scheda personale in bella vista insieme a quella di tutti gli altri impiegati; perciò, posso fingere di capitare per caso da quelle parti, e magari parcheggiare la mia macchina e quindi soffermarmi, con le mani dentro alle tasche, davanti a quel suo portone. In fondo, mi basterebbe soltanto leggere il nome sul campanello condominiale, per sentirmi già rassicurato e andarmene via più tranquillo.

Subito rifletto però che se scoperto da Monica a curiosare là attorno, pur giustificandomi nel caso con qualche motivazione credibile, potrei comunque fare la figura del ficcanaso, di colui che cerca di intromettersi nella vita degli altri in modo non troppo legittimo, e in un attimo la nostra conoscenza basata proprio sul rispetto reciproco, potrebbe addirittura vacillare e prendere addirittura una brutta piega. Anche soltanto essere colto ad osservare le finestre illuminate della facciata di casa sua, potrebbe in un attimo compromettere tutto, e dare un’immagine di me differente da quella che invece sto cercando di mostrare con tutto me stesso. La mia curiosità è forte, questo è chiaro, ma devo resistere. Più che altro vorrei sapere che cosa pensa Monica di me dietro alle lenti dei suoi occhiali, almeno nei momenti in cui si trova da sola; e poi come trascorre le sue serate, come riesce a riempire i suoi momenti di solitudine, mostrandosi sempre capace di non cercarmi, se non lo faccio io per primo, e se proprio lo desidera, di non farsi neppure vedere da me. In certi momenti mi pare di conoscere tutto di Monica, di comprenderla appieno anche se non parla mai troppo di sé, ma in seguito, se ci penso più attentamente, riconosco che si comporta in modo piuttosto sfuggente, quasi avesse qualcosa da nascondere a tutti, e quindi anche a me.

Ci sono i suoi genitori, dove dice di recarsi spesso per fargli compagnia, ma lei è una persona di trentadue anni, come recita la sua scheda, non è possibile che le sue giornate siano destinate soltanto al lavoro e a compiere delle visite ai propri genitori. Perciò inizio ad avvertire un tarlo dentro di me, un dubbio insistente che non mi lascia tranquillo. Alla fine, esco da casa. La mia auto va in moto fedelmente come sempre, e la direzione che prende immediatamente sembra quasi predefinita. Non ci vuole poi molto, e dopo appena un quarto d’ora sono già lì, fermo al semaforo davanti a quella strada dove sta la sua abitazione. Improvvisamente provo però un moto di vergogna, e poi rifletto che le sue finestre potrebbero aprirsi sul retro del caseggiato, e poi non so neppure a quale piano lei abiti in questo condominio piuttosto articolato. Mi fermo, il numero civico è proprio quello che adesso ho di fronte, mi basta scendere un momento dalla mia macchina e vedere se appare il suo nome su una delle targhette a fianco dei campanelli. Tutto come pensavo, e a giudicare dalla posizione della targhetta d’ottone Monica Moroni dovrebbe abitare ad un terzo piano. Mi allontano, attraverso la strada, osservo le finestre che riesco a sbirciare, ma non noto nessuno. Mi sembra di irrompere dentro ai segreti di chi cerca invece una propria riservatezza, ma non riesco a fare a meno di scrutare a lungo ciò che forse potrei anche soltanto immaginare. Poi qualcuno manovra la tenda: è lei, ne sono quasi sicuro, ed un tuffo al cuore mi prende. Potrei suonarle, scusarmi, dirle che non riuscivo più a stare un attimo senza vederla, che sono innamorato di lei, che ormai non riesco a pensare ad altro che a lei. Poi, la luce nella stanza si spegne. Tutto passato, rifletto, adesso non ha più importanza.

 

Bruno Magnolfi

martedì 12 novembre 2024

Motivazioni giuste.


            Oltre le piccole preoccupazioni di ogni giorno, gli impegni quotidiani a cui ognuno è chiamato a dare seguito, gli appuntamenti semplici oppure estremamente importanti che scandiscono le ore, non c’è nient’altro, se non il risultato concreto e tangibile di quanto ciascun individuo riesce ad ottemperare con il proprio impegno, con la strenua dedizione, e certe volte anche tramite l’entusiasmo necessario per portare avanti tutte le cose più o meno ordinarie che si trova ad affrontare. Questo pensa Sergio quando controlla e organizza la sua agenda degli impegni, ed al di là del suo normale daffare con il mestiere che si ritrova a svolgere come venditore su appuntamento di apparati per la sicurezza domestica, ed anche di alcuni piccoli impianti di allarme antintrusione, non gli pare che ci sia molto altro a cui concedere il proprio interesse. Il suo compito principale resta quello di apparire a tutti piuttosto sorridente, loquace, in grado di decidere come semplificare e migliorare la vita di chi incontra, e su questa base in seguito fornire delle spiegazioni esaurienti a chiunque si trovi di fronte, aiutandosi necessariamente con degli accattivanti cataloghi a colori, composti da carta patinata, di strumenti eccellenti ed efficaci per ciò a cui sono stati destinati, semplici nell’uso, fedeli agli scopi previsti, in grado di togliere definitivamente molti dei grattacapi a cui ogni cittadino è costantemente sottoposto. Non ci sono controindicazioni, tutto quanto funziona esattamente nella maniera per cui è stato previsto e confezionato, ed è sufficiente installare correttamente i sensori in dotazione ai vari impianti, che tutto poi va avanti anche da solo, come se la possibilità di dimenticarsi persino della presenza di un sistema di allarme in dotazione nel proprio alloggio, fosse una sorpresa, nel caso in cui se ne riscontrasse una sua improvvisa attivazione.        

            Sergio sorride, riempie i moduli di richiesta, mette in contatto i fornitori con gli utenti, ed infine intasca le percentuali previste, facendole versare direttamente sul suo conto bancario. Ci sono dei periodi migliori, ed altri in cui le cose vanno anche maluccio, ma in tutto quanto lui riesce comunque ad avere una buona rendita e soprattutto a lavorare senza essere sottoposto ad obblighi e ad orari prefissati. Certe volte si lamenta, dice che desidererebbe proprio smettere, e poi magari trovarsi un impiego come un normale sottoposto, e togliersi dalla mente tutte le sue preoccupazioni. <<Ci sono delle giornate in cui giro come una trottola e non riesco a combinare niente di buono>>, dice a Renato quando come sempre lo ritrova la sera nell’appartamento che dividono. <<Sono i momenti peggiori>>, spiega; <<I clienti potenziali non ti prendono sul serio, ti fanno spiegare tutto quanto fingendo un certo interesse, e poi finiscono col dirti che “non è il momento”, oppure che vogliono interpellare qualche amico o qualche parente che se ne intende più di loro. Puoi sperticarti quanto vuoi, ma non li smuovi, ed alla fine devi rassegnarti ad andartene con i tuoi cataloghi senza avere in mano neppure una possibilità ulteriore>>.

            Renato ascolta questi sfoghi, annuisce, comprende l’amarezza che si può provare, mentre mostra l’espressione di chi solidarizza con l’amico per certe afflizioni, ma poi in cuor suo si sente subito contento di svolgere al contrario un lavoro forse un po’ monotono, forse privo di veri stimoli, ma in cui non giungono mai certe delusioni oppure delle sorprese negative. Adesso poi che ha preso ad uscire con la sua collega di lavoro per la quale già manifesta dentro sé stesso un attaccamento che non credeva fino a poco fa neanche possibile, andare in ufficio per lui è diventato un richiamo a cui per niente al mondo vorrebbe mai astenersi, persino se le sue condizioni di salute si facessero precarie. Per lui in breve tempo è diventato fondamentale quell’incrocio di sguardi con l’impiegata Monica Moroni, quando scende al piano sottostante dell’edificio comunale; davanti a lei ritrova subito in un attimo ogni fondamentale motivazione per trovarsi lì, ed anche se lei non si concede troppo, ponendo avanti le sue normali resistenze di cui hanno già parlato qualche volta, in ogni caso lui sa perfettamente come tutto questo sia destinato presto a scomparire, nel giorno vicino in cui potranno finalmente dimostrare a tutti i colleghi di lavoro che loro due ormai sono una coppia, ed è questo il punto di arrivo che lui assapora già, tanto lo sente così prossimo. <<Ho iniziato a vedermi qualche volta con una mia collega>>, confessa alla fine a Sergio, e subito si sente sollevato.

            <<Lei è molto riservata, non si concede troppo, anche perché ha già un matrimonio fallito alle sue spalle, ed ovviamente adesso va avanti con i piedi di piombo nel concedersi ad una nuova relazione. Però io sento che tutto andrà avanti a gonfie vele insieme a lei, e quando la guardo semplicemente mi sento già felice>>. Sergio subito solleva qualche ironia, cerca di prenderlo un po’ in giro, prova a dirgli delle spiritosaggini su questo argomento, ma infine si congratula: <<Sono contento che tu possa trovare vicino a te delle motivazioni così importanti. Sono convinto che in seguito si dimostreranno senz’altro quelle giuste>>.

 

            Bruno Magnolfi

domenica 10 novembre 2024

Accondiscendere ai desideri.


            In questi giorni in ufficio mi ritrovo come incaricato in prima persona nello stilare una serie di regole da far seguire a tutte quelle associazioni di volontariato che richiedono dei finanziamenti tramite un bando comunale messo a disposizione con una recente delibera, e sinceramente non è propriamente un impegno molto leggero, ed anche se è chiaro che il mio lavoro una volta completato verrà controllato interamente dal mio capufficio e in seguito anche dal nostro funzionario, a correzione di eventuali sviste, decisamente però mi sento ugualmente piuttosto sotto pressione. Per questo motivo ogni tanto alzo su la testa dalla scrivania, giusto per tirare il fiato, e con la scusa di avere alcuni documenti da far protocollare, almeno una volta durante ogni mattinata, scendo fino al piano sottostante, dove lavora Monica. A volte mi soffermo sulla porta ad osservarla mentre sembra impegnata nelle sue occupazioni, magari mentre fingo di riguardare qualcosa nei fogli che tengo tra le mani, e lei dopo un attimo si volta verso di me, sorride, mi incoraggia subito ad entrare e accomodarmi. Mi sento buffo nel tentativo di fare il distaccato nei suoi confronti nello stesso momento in cui vorrei semplicemente abbracciarla e stringerla, ma ci sono altri colleghi che lavorano nella sua stanza, ed io devo cercare di dominare il più possibile ogni mio entusiasmo.  

            <<Ciao Renato, come stanno andando le cose con il bando di finanziamento?>>, chiede subito lei con quella sua maniera sempre un po’ professionale di stare al gioco che ci troviamo a dover portare avanti tra noi due. <<Con fatica>>, dico io con poca voce; <<Ma insomma devo dire che alla fine procede tutto bene>>. Più che altro non vorrei che la sua collega di ufficio iniziasse a fare le sue solite domande piene di curiosità, così cerco di rivolgermi espressamente a Monica, standole anche piuttosto vicino, quasi escludendo nella nostra minima conversazione qualsiasi altra persona. A me piacerebbe poter dire a tutti i colleghi che stiamo insieme, che ci vediamo, che abbiamo una mezza relazione io e Monica, però lei non desidera dare risalto a questo aspetto, e così proseguiamo a rivolgerci tra noi in una maniera abbastanza distaccata, e soprattutto parlando esclusivamente di attività d’ufficio. <<Devo finire tutto quanto prima del termine del mese>>, aggiungo ancora; <<perciò mi sento del tutto impegnato e coinvolto in qualcosa che non posso certo tralasciare>>. Mi è venuta voglia, nel dirle delle cose anche piuttosto banali, di parlare usando dei concetti a doppio senso, in modo da riuscire a rendere le nostre piccole conversazioni maggiormente esclusive, ma lei ha subito bloccato ogni mio tentativo in questo senso, forse per non scoprirsi troppo, oppure solo perché non si sente ancora pronta ad avere con me uno scambio di idee così selettivo.

            Anche darci dei semplici appuntamenti in questo modo risulta assai difficile. Io mi limito a passargli dei foglietti con sopra scritte delle richieste, e Monica si limita a rispondere a matita su quelli: “d’accordo”, suggella certe volte, oppure: “rimandiamo ad un altro giorno”. Questa tattica può sembrare divertente, ma alla lunga ci fa soltanto sentire degli scolaretti che tentano di fare fessi gli insegnanti. In ogni caso lei desidera comportarsi in questo modo, ed io, pur provando la voglia scatenante di dire a tutti i nostri colleghi di lavoro che noi due ci incontriamo molto spesso dopo l’orario di lavoro, devo resistere e proseguire chissà per quanto tempo ancora a comportarmi proprio così come lei ha definito. Poi le faccio un cenno di saluto e torno al piano superiore e al mio lavoro, ma mi sento molto meglio dopo averle fatto una visita, e soprattutto dopo essermi reso conto che tutto è ancora esattamente come lo avevo immaginato. Perché certe volte mi prende il dubbio che Monica non faccia troppo sul serio nei miei confronti, e che le basti incontrarmi qualche volta, parlare un po’ con me, lasciarsi stringere per quando è possibile, e poi nei miei confronti tenere quel piccolo distacco che non so neanche del tutto spiegarmi, ma che in lei appare innato e quindi forse del tutto naturale.  

            D’altra parte, devo considerare che lei è già stata sposata, ed anche se mi ha subito fatto presente quanto io sia differente da quel suo marito così poco sensibile nei suoi confronti, resta comunque il fatto che Monica sicuramente possa provare ancora una certo distacco da tutto il genere maschile, e che non provi al momento una completa fiducia in ciò che io in qualche maniera rappresento. Quando ci vediamo cerco il più possibile di rassicurarla, di essere accondiscendente in tutto ciò che desidera, ma questo mio comportamento sembra non cambiare di molto i suoi modi di stare con me. <<Adesso devo lasciarti>>, dice ogni volta che a me sembra al contrario il momento migliore per poter stare assieme. Ribatto qualcosa, tento di replicare, mi irrigidisco, ma in seguito ovviamente sono costretto dai fatti a dover accondiscendere ai suoi desideri.

 

            Bruno Magnolfi

venerdì 8 novembre 2024

Con nessun altro.


Tu. Sei solo tu che credi ancora nella possibilità che questo individualismo che impera e che si esaspera ad ogni livello attorno a te, possa d’improvviso cedere alla semplice e straripante importanza dei tuoi pensieri quasi ossessivi attorno alla maternità, almeno così come certe volte te la raffiguri davanti agli occhi. Di fatto, nessuno intende darti corda lungo questa strada, a meno che non sia qualcuno rimasto per qualche motivo a pensare la realtà con una mente desueta, incapace di relazionarsi concretamente con l’attualità. Tu lo sai, ne hai perfetta consapevolezza, e forse quando immagini ad occhi aperti un figlio tuo, sei anche cosciente inevitabilmente che il tuo pensiero sia soltanto un frutto di egoismo, una proiezione di te stessa nel futuro, un concentrato di sentimenti teneri a cui dedicare nei tuoi desideri tutta te stessa, come se questo possibile legame ne annullasse per importanza qualsiasi altro. Quale altro scopo possibile, elabora la tua mente periodo dopo periodo; ed anche se il tuo matrimonio forse è fallito troppo precocemente, ciò non significa che i tuoi sogni imperniati attorno all’idea di generare un figlio prima o dopo, siano del tutto tramontati. Monica va rapidamente in corto circuito quando riflette queste cose, ma la sua simpatia reciproca per il collega di lavoro le fanno sperare che qualcosa sia ancora possibile, in questo momento in cui la propria età non è ancora eccessiva per l’eventualità di generare un figlio. Un sogno romantico, un desiderio di sempre, qualcosa che va ben oltre il soffuso desiderio di un rapporto sentimentale con un uomo.

Ti guardi attorno e vedi ormai solo relazioni che vanno rapidamente a rotoli, coabitazioni che non mostrano futuro, matrimoni che terminano invariabilmente davanti al giudice, in cui tutto diviene un semplice pugno di frasi urlate in faccia, insieme alla ricerca di quell’equilibrio materiale, dopo la separazione, per ciò che resta di un rapporto, proprio così come è accaduto a te. In fondo tutto sembra destinato a sgretolarsi, in questa fretta contemporanea di riuscire a compiere tutto quanto nell’arco di una rapida manciata d’anni, quando è facile accorgersi, una volta raggiunta l’età della ragione, e prima che la fertilità venga a mancare, che non è semplice incrociare sulla propria strada qualcuno che pensa e desidera le stesse cose che per te appaiono così importanti. Di tutto quanto insomma resta solamente la capacità soltanto femminile di generare da sé una nuova vita, ed è questo l’elemento scatenante di ogni desiderio, la voglia più recondita ma anche essenziale che sta all’interno della stessa esistenza, quel riprodurre e poi procrastinare in qualche modo la vita presente verso il futuro. Come possibile parlarne a qualcuno intorno a te? Con quali parole descrivere il tuo intento? In che maniera definire ciò che in te sembra sgorgare in questa maniera così spontanea ed emergente?   

<<Ciao Renato>>, dici a Renato mentre assieme a lui ti siedi ad un tavolino del caffè poco lontano dagli uffici dove ogni giorno svolgete ognuno dei due il proprio lavoro. Lui ti guarda con occhi espressivi, con lo sguardo dolce di chi vede in te in questo momento una persona a cui dedicare il suo tempo e i suoi pensieri, ammorbidendo la sua simpatia ed il suo affetto verso di te nella maniera più congeniale ad una fase delicata di questo genere. Ma tu, pur falsificando facilmente i tuoi sentimenti più intimi, non lo ricambi con il medesimo modo di guardare verso lui, anche se è impossibile decifrare solo da questo i tuoi pensieri più nascosti. Tu hai in mente qualcosa d’altro, perché non credi più nella famiglia, non percorri la strada del rapporto esclusivo per la vita. Tu desideri soltanto un figlio, ed è tramite lui che ti è di fronte, e nonostante lui, che potrai davvero averlo, e tutto ciò improvvisamente è quanto di più vero, in un modo che riconosci quasi estremo, che ti si allarga in questi attimi dentro la mente. Non potrai mai confessarlo, però Renato di fronte a te adesso rappresenta solamente un tramite per cui avere tra poco tempo ciò che più desideri.     

<<Dobbiamo vederci fuori da questi luoghi che ancora ci ricordano troppo l’ufficio>>, dice lui; e tu annuisci, sorridi, ti mostri d’accordo; non ci sono dei problemi, le cose stanno andando bene, il tuo disegno prende forma, poco per volta, così come lo avevi già desiderato, senza neppure svelarlo neanche a te stessa. <<Monica, mi piaci, io ti voglio bene>>, dice lui, e tu rispondi nella maniera che Renato si attende già da te, e pur sapendo che stai correndo forse troppo, lo inviti a casa tua, presto, in uno dei prossimi giorni, per una semplice cenetta a due, per trovare quell’intimità che ancora manca, quello scambio di opinioni semplici eppure così essenziali, che fondano un rapporto. <<D’accordo?>>, gli chiedi mutuando qualcosa che quasi avevi scordato. <<Dobbiamo essere bravi, ed intrecciare le nostre mani come mai vorremmo fare in egual modo con nessun altro>>.

 

Bruno Magnolfi

mercoledì 6 novembre 2024

Giungere a desiderare.


            La domenica, nella tarda mattinata, vado sempre a fare una visita ai miei genitori. Per prima cosa faccio suonare brevemente il campanello dell’appartamento, poi però infilo la chiave nella serratura del portoncino, ed infine entro con calma e cortesia nella loro casa. Mia madre mi viene subito incontro lungo il corridoio riconoscendo benissimo i rumori che provoco ed il mio stile; mio padre, invece, generalmente resta seduto nel soggiorno a fingere di leggere il giornale o a guardare distrattamente qualcosa alla televisione, anche se poi mi stringe la mano, si alza sorridendo, e quindi mi assesta una leggera pacca sulla spalla, come per congratularsi con me di qualcosa che sa soltanto lui, evitando però di abbracciarmi, anche se probabilmente ne avrebbe anche la voglia, forse perché secondo il suo parere sarebbe questo un gesto troppo pacchiano e poco edificante, quasi come il mostrare del tutto scoperta una propria debolezza. Lo so, lo capisco benissimo quanto sia triste e grigio tutto questo, ma i miei si sono rapidamente abituati ormai a questo comportamento del loro unico figlio, ed è chiaro che adesso ci tengono moltissimo all’appuntamento domenicale, ed io non desidero in nessun modo rompere degli schemi ormai così assodati tra di noi. Resto a pranzo, naturalmente, e mia madre cerca sempre di proporre ogni volta i miei piatti preferiti; perciò, io mi trovo a rinnovarle i complimenti per la cucina, e quindi a mostrare la mia gratitudine ed il mio sincero apprezzamento, e le cose si ripetono volta dopo volta quasi identiche, senza alcuna novità o qualche semplice scossone. È una specie di piccolo teatro, dove ognuno conosce a menadito la propria parte, e sembra che nulla sia capace di scalfire questi comportamenti che teniamo tra di noi.

            Si parla poi del mio lavoro, dei colleghi d’ufficio, della mia coabitazione con Sergio, che loro conoscono naturalmente, ma che fin dall’inizio hanno cercato pacatamente di avversare, ed io mi mostro sempre tutto proteso a rassicurarli e a dissipare in loro ogni pur piccola preoccupazione, secondo quello schema ormai invariabile. Quindi tiriamo fuori qualche volta delle opinioni generali sulla vita politica della nazione, avanzando qualche commento generico, oppure sul vicinato che anche io conosco sin dal tempo in cui abitavo in quella casa, oppure su altre piccole faccende che riguardano il condominio o anche tutto il quartiere, spesso ripetendo impressioni e pareri già tirati fuori negli incontri precedenti. Certe volte mi piacerebbe avere qualche bella novità da portare nell’appartamento dei miei genitori, come parlare loro di un acquisto importante, chiedendone l’opinione, o di un’amicizia nuova da presentargli, oppure di un piccolo viaggio che magari vorrei intraprendere, ma è difficile immaginare a priori se davvero sarebbero contenti nel variare le calme chiacchiere a cui da tempo ci siamo tutti e tre abituati. Ho pensato qualche volta di cambiare il mio comportamento nei loro confronti, ma poi troverei davanti a me soltanto due musi lunghi, delle domande asciutte contenenti già un’opinione negativa, dei comportamenti da persone che stanno quasi per offendersi, così evito di variare ogni dettaglio, anche se ogni tanto un po’ mi pesa.  

            Mi sento nelle condizioni di chi fornisce esattamente ciò che gli viene richiesto, senza immettere nel proprio argomentare qualcosa di maggiormente personale, però ritengo che questa sia la maniera migliore per rassicurarli e farli stare bene. Comunque, credo che una di queste volte dovrò per forza parlare ai miei genitori di questa collega di lavoro, questa Monica che sembra non volermi più uscire dalla mente: si tratterà di farmi scappare dalla bocca il suo nome, quasi per caso, e poi spiegare superficialmente della nostra amicizia, niente di più. In seguito, potrei approfondire il tema, e forse attendere con calma qualche domanda di mia madre sul suo conto, che normalmente riesce a porre sempre dei piccoli quesiti molto a proposito, e così forse dilungarmi sulle doti e la simpatia di questa compagna d’ufficio, fino ad introdurla poco per volta all’interno dei discorsi di famiglia, e così incuriosire loro fino al punto di chiedermi di poterla conoscere, una volta o l’altra. Niente di male, credo, in fondo sarebbe il percorso migliore per dimostrare anche a Monica il mio progressivo attaccamento a lei, tanto che alla fine non ci sarebbe neppure necessità di grandi e improvvise decisioni per noi due, e tutte le cose verrebbero a snodarsi quasi da sole un po’ per volta. Mi sento bene, sono sincero, quando sto con lei; mi pare quasi che tutti gli anni che ho vissuto fino adesso non fossero altro che il semplice preludio a questa insperata conoscenza, a questa simpatia reciproca che spero possa presto sfociare anche in qualcosa di più tangibile. Ambedue abbiamo i nostri anni, e probabilmente, senza fare dei colpi di testa, potremmo renderci conto ben presto che può essere ancora apprezzabile un’esistenza in comune, e mettere su una relazione stabile tra di noi in questo momento è quanto di meglio si possa giungere a desiderare.

 

            Bruno Magnolfi       

lunedì 4 novembre 2024

Estremamente chiaro.


            Caterina sostiene che secondo lei è del tutto inutile tentare sempre di analizzare ciò che accade, pensare di poter seguire e comprendere quei percorsi che portano ad una certa scelta compiuta da qualcuno che conta e che determina l’esistenza di molti altri individui, oppure cercare di spiegarsi i motivi che hanno accompagnato certi dati di fatto ormai consolidati o certe realtà probabilmente inevitabili, oppure persino quello che comunque quotidianamente abbiamo tutti sotto agli occhi. È soltanto una perdita di tempo, un’illusione che non porta mai da nessuna parte, se non alla conferma consolidata di ogni amarezza che ci troviamo a vivere. <<Non cambia un bel niente sapere il perché sia successa ieri o il giorno avanti una cosa oppure l’altra>>, dice spesso; <<Non è certo il fatto di individuare il percorso preciso per cui si è arrivati a certe conclusioni, oppure lo scoprire la maniera per cui si verificano alcuni comportamenti da adottare inevitabilmente, che per noi cambierà qualcosa>>. Monica annuisce, anche se non è d’accordo. Però anche a lei farebbe piacere vivere in una realtà dove non ci si interroga mai sugli avvenimenti, e quindi si prende tutto oramai per definito, così com’è, modificando le proprie azioni semplicemente in funzione di una realtà ormai data una volta per tutte, e perciò immodificabile da certe semplici opinioni. Naturalmente Caterina non va neanche ad esprimere il suo voto di cittadina al momento in cui vengono indette delle elezioni politiche o amministrative. <<Hanno già deciso tutto alle nostre spalle>>, dice spesso; <<Non è certo la mia scheda singola a modificare qualche cosa>>.  

            Si conoscono da molto tempo, loro due, e quindi comprendono benissimo le loro differenze di opinione, anche se certe volte a Monica non piace sentire l’amica parlare in questo modo. Però sa che è del tutto inutile mettersi a battibeccare con lei mentre magari sono sedute a sorseggiare un tè o un aperitivo nel solito localetto lungo il corso dove vanno spesso. Perciò la lascia dire, senza neanche interromperla, solo cambiando l’argomento delle chiacchiere appena le è possibile. Non le ha ancora rivelato di questa recente simpatia per il suo collega di lavoro, ma non vorrebbe farle nascere delle curiosità buone per ulteriori domande poco edificanti, così preferisce tacere su tutto l’argomento, anche se prova sempre più forte la necessità di parlare di quest’uomo e di confidarsi con qualcuno. <<In ufficio ultimamente le cose vanno piuttosto bene>>, le rivela molto alla lontana. <<Niente di particolare, però il clima appare più disteso, ed il mio capo sembra non abbia più la voglia di starmi addosso fino a farmi diventare pazza con quella manìa di ordinare e organizzare ogni scartoffia in maniera logica, corretta e condivisibile, come dice a volte, per cui mi sento maggiormente rilassata>>. Caterina la guarda per un attimo, come provasse un debole moto di avversione, lei che lavora soltanto per qualche ora al giorno nello studio da commercialista di suo marito, e ad ogni occasione scappa subito da quelle stanze e dalle telefonate in arrivo, pronta per uscire con qualche scusa certe volte anche inventata. <<Non so come tu faccia a sopportare questa situazione>>, dice a Monica. <<Là dentro dove stai tu è solo un covo di vipere, dove il tutti contro tutti è l’andamento quotidiano, e la tua dedizione ed il tuo impegno non riescono a procurarti proprio alcun piacere>>.

            Per un certo periodo, diversi anni fa quando si sono conosciute, loro due sono state anche colleghe dell’ufficio protocollo del Comune, perciò lei possiede ancora una perfetta cognizione di quello di cui parla, anche se è evidente, da quando si è dimessa per andare ad aiutare suo marito che intanto aveva ampliato il suo raggio d’azione con la clientela, Caterina non riesce a far altro che scagliarsi contro quel mestiere a cui quel giorno aveva chiuso la porta con soddisfazione, anche se ovviamente ci sono stati nel frattempo degli spostamenti ed alcune variazioni d’organico tra quelle scrivanie, e quindi le cose hanno subìto delle variazioni poco spiegabili nel dettaglio con delle semplici parole. <<Ci sono stati momenti peggiori>>, afferma adesso Monica; <<E in ogni caso, poco per volta, come da un pezzo continuo a dirti, mi sono creata uno spazio mio che mi fa sopravvivere in maniera più tranquilla, nonostante le vipere>>, dice sorridendo. Poi guarda il suo orologio, spiega che adesso deve proprio andare, così si alzano dal tavolino, si salutano di fretta e si dividono appena raggiunto il marciapiede. Uno di questi giorni dovrò proprio cominciare a parlarle di Renato, pensa Monica mentre cammina verso il negozio del suo fidato parrucchiere, dove ha fissato un appuntamento per rifare il colore dei capelli e qualche piccolo ritocco. Tiene di più al suo aspetto, in quelle ultime settimane; eppoi, curarsi maggiormente nell’abbigliamento e nella persona è diventato qualcosa che la fa sentire più aperta agli altri, più disposta ad ascoltare e a confrontarsi con chiunque, forse persino più sicura di sé stessa. Difficile rivelarlo a Caterina, pensa ancora adesso mentre si affretta; per lei, in quel caso, diverrebbe tutto estremamente già chiarito.      

 

            Bruno Magnolfi