sabato 23 novembre 2024

Sul piano della scrivania.


            Scendo le scale tenendo ben stretto nel mio pugno il foglietto ripiegato da appoggiare sulla scrivania di Monica, mentre assaporo il momento in cui finalmente mi troverò nel suo ufficio. Sono trascorsi già diversi giorni dall’ultima volta che ci siamo attardati in un caffè poco lontano dagli Uffici Comunali, dopo il termine dell’orario di lavoro, e a me sembra quasi impossibile che a lei non sia ancora tornata di nuovo la voglia di stare per un po' insieme con me. Non voglio apparire il tipo di persona che le sta troppo addosso, cerco anzi di mostrarmi ai suoi occhi, se non indifferente, piuttosto occupato anche al di fuori dell’orario d’ufficio, e comunque di avere una quantità di amici e di conoscenze da riuscire sempre a frequentare qualcuno in qualsiasi momento lo desideri, e a seconda della voglia che mi prende, anche se la verità non sta proprio così. Non mi piace neppure sentirmi debole rispetto ai suoi comportamenti, però ritengo che con ogni probabilità persino in questo esatto momento Monica stia giocando di resistere a cercarmi, proprio per dare a me la possibilità di essere più propositivo. Di fatto, io ho ancora voglia di vedere il suo viso, di misurare il suo sorriso, di parlare insieme a lei di tutto quanto, e soprattutto scambiare delle opinioni su noi due, sulle nostre esperienze, discorrere attorno alle nostre differenti possibilità di esistenza, e di ascoltare la sua voce nel momento esatto in cui le va di farmi sapere i suoi pensieri, e poi anche misurare i suoi modi di fare, le stesse parole che sceglie ed usa per spiegarsi al meglio, e quello che forse si attende con sincerità dal proprio futuro. Naturalmente non devo contorcermi dietro a certi ragionamenti ingarbugliati che per certo so già non mi porterebbero neppure molto lontano, immagino, perché c’è la necessità evidente che io mi mostri il più possibile spontaneo, naturale, come se d’improvviso oggi mi fosse presa la voglia di offrirle una bevanda e magari di trascorrere un’ora qualsiasi insieme a lei, dopo il lavoro.

<<Ti aspetto al solito caffè?>>, ho scritto in fretta difatti sopra al mio foglietto, ma in questo momento, mentre percorro il vasto corridoio che porta dritto fino alla sua stanza, mi sembra che avrei potuto dire ben altre cose sopra questa carta, ed essere maggiormente accattivante, e poi anticipare a Monica che forse desidero chiederle qualcosa, se vorrà avere il buon senso di raggiungermi davvero dentro quel locale. Ho intenzione stavolta di proporle di andare insieme in un cinema, addirittura se ha del tempo libero addirittura questa sera stessa, se fosse anche d’accordo; oppure domani, o magari un altro giorno. Ho già scelto la pellicola adatta a cui assistere: niente di cruento, né di troppo divertente, e neppure di particolarmente romantico, ma qualcosa di culturale, perché il fatto è che vorrei darle una buona impressione di me, e soprattutto farle capire che desidero vederla tutte le volte in cui questo sia possibile, e trascorrere con lei tutto quelle ore che da questo momento in avanti posso concederle, quasi per sopperire al fatto di aver perso tanto tempo, pur lavorando a pochi metri di distanza dalla sua scrivania. prima di avere iniziato a frequentarla e a gettare le basi per un futuro insieme a lei, come adesso fortunatamente sto quasi facendo. Ma ho anche paura di correre un po’ troppo, di scoprire troppo in fretta davanti a Monica le mie vere intenzioni, e così mostrarmi semplicemente un debole, incapace nei suoi confronti di essere maggiormente autonomo e più vagamente distaccato rispetto a una banale relazione come è quella che ci sta capitando. Naturalmente, non posso in questo momento mostrarmi innamorato di lei, è fuori di dubbio, almeno non prima che Monica stessa dimostri con chiarezza di esserlo di me.

Perciò proseguo, chissà ancora per quanto, con questa specie di preliminari sciocchi, che non mi procurano una grande soddisfazione, ma dei quali non credo proprio sia possibile fare del tutto a meno. La saluto, le sorrido, le faccio vedere una pratica d’ufficio e le chiedo con calma quale sia la sua opinione in merito, prima di farle scivolare il mio foglietto davanti agli occhi, senza che le altre due impiegate presenti nella sua stessa stanza si rendano conto di cosa realmente stia facendo. Anche Monica sorride, mi spiega che quel certo numero di protocollo è risultato precedente ad altri atti inoltrati da quella data associazione, ed io annuisco, non facendole comprendere che tutto questo lo sapevo già, e che la cosa più importante che mi ha spinto davanti a lei è la risposta a questo mio piccolo, semplice, forse banale ma anche importantissimo quesito. <<Ma certo>>, scrive subito lei con una matita sopra al mio foglietto, ma subito prende una gomma per cancellare dal cassetto e poi fa scomparire in un attimo quelle sue parole. <<D’accordo>>, dico io come fossi soddisfatto solo del suo parere professionale, e quando infine esco dal suo ufficio mi pare quasi di volare, di non sentire più quel pavimento semilucido di marmo sotto ai piedi, che mi riporta anche troppo rapidamente fino alla mia scrivania, al piano superiore dell’edificio.

 

Bruno Magnolfi  

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