giovedì 14 novembre 2024

Senza importanza.


Stasera sono solo. Sergio mi ha fatto presente con uno dei suoi soliti foglietti appoggiati sopra al piano della cucina, che oggi non rientrerà a casa, forse per qualcuno dei suoi piuttosto frequenti motivi di lavoro, immagino io. Mi dispiace un po’, ad essere sincero; in questo momento scambiare con lui qualche spiritosaggine, qualche opinione, un parere anche generico sulla giornata trascorsa, magari mentre prepariamo in accordo qualcosa per la nostra cena, ed infine, una volta seduti, tirando tardi al tavolino davanti a due dita di vino insieme ad ulteriori immancabili chiacchiere, mi avrebbe fatto piacere. Ma forse non ha neppure troppa importanza, rifletto, o almeno mi sembra, e d’altra parte non è la prima volta che Sergio lascia l’appartamento tutto per me, e in certi casi anche per diverse giornate di seguito, considerato che a me in fondo non sono mai interessati i suoi affari. Ma adesso, se proprio ci penso un po’ meglio, il fatto che stamattina non sia riuscito neppure a passare per un attimo dall’ufficio protocollo dove lavora Monica, anche soltanto per vederla un momento, e poi ritrovarmi adesso da solo a trascorrere questa serata così vuota di tutto, mi procura una certa malinconia, tanto da farmi decidere, ad un certo punto, di fare un giro in città con la mia utilitaria, e per pura combinazione passare proprio dalla strada dove abita lei. Non sono mai stato a casa sua, la sua riservatezza difatti sembra quasi proverbiale, e neppure si è mai fatta accompagnare da me fino lì, però io so perfettamente dov’è la sua casa, ho annotato l’indirizzo riportato sulla sua scheda personale in bella vista insieme a quella di tutti gli altri impiegati; perciò, posso fingere di capitare per caso da quelle parti, e magari parcheggiare la mia macchina e quindi soffermarmi, con le mani dentro alle tasche, davanti a quel suo portone. In fondo, mi basterebbe soltanto leggere il nome sul campanello condominiale, per sentirmi già rassicurato e andarmene via più tranquillo.

Subito rifletto però che se scoperto da Monica a curiosare là attorno, pur giustificandomi nel caso con qualche motivazione credibile, potrei comunque fare la figura del ficcanaso, di colui che cerca di intromettersi nella vita degli altri in modo non troppo legittimo, e in un attimo la nostra conoscenza basata proprio sul rispetto reciproco, potrebbe addirittura vacillare e prendere addirittura una brutta piega. Anche soltanto essere colto ad osservare le finestre illuminate della facciata di casa sua, potrebbe in un attimo compromettere tutto, e dare un’immagine di me differente da quella che invece sto cercando di mostrare con tutto me stesso. La mia curiosità è forte, questo è chiaro, ma devo resistere. Più che altro vorrei sapere che cosa pensa Monica di me dietro alle lenti dei suoi occhiali, almeno nei momenti in cui si trova da sola; e poi come trascorre le sue serate, come riesce a riempire i suoi momenti di solitudine, mostrandosi sempre capace di non cercarmi, se non lo faccio io per primo, e se proprio lo desidera, di non farsi neppure vedere da me. In certi momenti mi pare di conoscere tutto di Monica, di comprenderla appieno anche se non parla mai troppo di sé, ma in seguito, se ci penso più attentamente, riconosco che si comporta in modo piuttosto sfuggente, quasi avesse qualcosa da nascondere a tutti, e quindi anche a me.

Ci sono i suoi genitori, dove dice di recarsi spesso per fargli compagnia, ma lei è una persona di trentadue anni, come recita la sua scheda, non è possibile che le sue giornate siano destinate soltanto al lavoro e a compiere delle visite ai propri genitori. Perciò inizio ad avvertire un tarlo dentro di me, un dubbio insistente che non mi lascia tranquillo. Alla fine, esco da casa. La mia auto va in moto fedelmente come sempre, e la direzione che prende immediatamente sembra quasi predefinita. Non ci vuole poi molto, e dopo appena un quarto d’ora sono già lì, fermo al semaforo davanti a quella strada dove sta la sua abitazione. Improvvisamente provo però un moto di vergogna, e poi rifletto che le sue finestre potrebbero aprirsi sul retro del caseggiato, e poi non so neppure a quale piano lei abiti in questo condominio piuttosto articolato. Mi fermo, il numero civico è proprio quello che adesso ho di fronte, mi basta scendere un momento dalla mia macchina e vedere se appare il suo nome su una delle targhette a fianco dei campanelli. Tutto come pensavo, e a giudicare dalla posizione della targhetta d’ottone Monica Moroni dovrebbe abitare ad un terzo piano. Mi allontano, attraverso la strada, osservo le finestre che riesco a sbirciare, ma non noto nessuno. Mi sembra di irrompere dentro ai segreti di chi cerca invece una propria riservatezza, ma non riesco a fare a meno di scrutare a lungo ciò che forse potrei anche soltanto immaginare. Poi qualcuno manovra la tenda: è lei, ne sono quasi sicuro, ed un tuffo al cuore mi prende. Potrei suonarle, scusarmi, dirle che non riuscivo più a stare un attimo senza vederla, che sono innamorato di lei, che ormai non riesco a pensare ad altro che a lei. Poi, la luce nella stanza si spegne. Tutto passato, rifletto, adesso non ha più importanza.

 

Bruno Magnolfi

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