In questi
giorni in ufficio mi ritrovo come incaricato in prima persona nello stilare una
serie di regole da far seguire a tutte quelle associazioni di volontariato che
richiedono dei finanziamenti tramite un bando comunale messo a disposizione con
una recente delibera, e sinceramente non è propriamente un impegno molto
leggero, ed anche se è chiaro che il mio lavoro una volta completato verrà
controllato interamente dal mio capufficio e in seguito anche dal nostro funzionario,
a correzione di eventuali sviste, decisamente però mi sento ugualmente piuttosto
sotto pressione. Per questo motivo ogni tanto alzo su la testa dalla scrivania,
giusto per tirare il fiato, e con la scusa di avere alcuni documenti da far
protocollare, almeno una volta durante ogni mattinata, scendo fino al piano
sottostante, dove lavora Monica. A volte mi soffermo sulla porta ad osservarla
mentre sembra impegnata nelle sue occupazioni, magari mentre fingo di
riguardare qualcosa nei fogli che tengo tra le mani, e lei dopo un attimo si
volta verso di me, sorride, mi incoraggia subito ad entrare e accomodarmi. Mi
sento buffo nel tentativo di fare il distaccato nei suoi confronti nello stesso
momento in cui vorrei semplicemente abbracciarla e stringerla, ma ci sono altri
colleghi che lavorano nella sua stanza, ed io devo cercare di dominare il più
possibile ogni mio entusiasmo.
<<Ciao
Renato, come stanno andando le cose con il bando di finanziamento?>>, chiede
subito lei con quella sua maniera sempre un po’ professionale di stare al gioco
che ci troviamo a dover portare avanti tra noi due. <<Con fatica>>,
dico io con poca voce; <<Ma insomma devo dire che alla fine procede tutto
bene>>. Più che altro non vorrei che la sua collega di ufficio iniziasse
a fare le sue solite domande piene di curiosità, così cerco di rivolgermi
espressamente a Monica, standole anche piuttosto vicino, quasi escludendo nella
nostra minima conversazione qualsiasi altra persona. A me piacerebbe poter dire
a tutti i colleghi che stiamo insieme, che ci vediamo, che abbiamo una mezza
relazione io e Monica, però lei non desidera dare risalto a questo aspetto, e
così proseguiamo a rivolgerci tra noi in una maniera abbastanza distaccata, e
soprattutto parlando esclusivamente di attività d’ufficio. <<Devo finire
tutto quanto prima del termine del mese>>, aggiungo ancora;
<<perciò mi sento del tutto impegnato e coinvolto in qualcosa che non
posso certo tralasciare>>. Mi è venuta voglia, nel dirle delle cose anche
piuttosto banali, di parlare usando dei concetti a doppio senso, in modo da
riuscire a rendere le nostre piccole conversazioni maggiormente esclusive, ma lei
ha subito bloccato ogni mio tentativo in questo senso, forse per non scoprirsi
troppo, oppure solo perché non si sente ancora pronta ad avere con me uno
scambio di idee così selettivo.
Anche darci
dei semplici appuntamenti in questo modo risulta assai difficile. Io mi limito
a passargli dei foglietti con sopra scritte delle richieste, e Monica si limita
a rispondere a matita su quelli: “d’accordo”, suggella certe volte, oppure:
“rimandiamo ad un altro giorno”. Questa tattica può sembrare divertente, ma
alla lunga ci fa soltanto sentire degli scolaretti che tentano di fare fessi
gli insegnanti. In ogni caso lei desidera comportarsi in questo modo, ed io,
pur provando la voglia scatenante di dire a tutti i nostri colleghi di lavoro che
noi due ci incontriamo molto spesso dopo l’orario di lavoro, devo resistere e
proseguire chissà per quanto tempo ancora a comportarmi proprio così come lei
ha definito. Poi le faccio un cenno di saluto e torno al piano superiore e al
mio lavoro, ma mi sento molto meglio dopo averle fatto una visita, e
soprattutto dopo essermi reso conto che tutto è ancora esattamente come lo
avevo immaginato. Perché certe volte mi prende il dubbio che Monica non faccia
troppo sul serio nei miei confronti, e che le basti incontrarmi qualche volta,
parlare un po’ con me, lasciarsi stringere per quando è possibile, e poi nei
miei confronti tenere quel piccolo distacco che non so neanche del tutto spiegarmi,
ma che in lei appare innato e quindi forse del tutto naturale.
D’altra
parte, devo considerare che lei è già stata sposata, ed anche se mi ha subito
fatto presente quanto io sia differente da quel suo marito così poco sensibile
nei suoi confronti, resta comunque il fatto che Monica sicuramente possa provare
ancora una certo distacco da tutto il genere maschile, e che non provi al
momento una completa fiducia in ciò che io in qualche maniera rappresento. Quando
ci vediamo cerco il più possibile di rassicurarla, di essere accondiscendente
in tutto ciò che desidera, ma questo mio comportamento sembra non cambiare di
molto i suoi modi di stare con me. <<Adesso devo lasciarti>>, dice
ogni volta che a me sembra al contrario il momento migliore per poter stare
assieme. Ribatto qualcosa, tento di replicare, mi irrigidisco, ma in seguito ovviamente
sono costretto dai fatti a dover accondiscendere ai suoi desideri.
Bruno
Magnolfi
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