domenica 10 maggio 2009

La sequenza.



            Dopo molte incertezze, intuizioni, tentativi, anche la sequenza di posizioni era stata messa insieme, ed adesso non restava che “montare” il meccanismo e riprovare tutto da capo. Quasi tutti i bambini di quella quinta classe per tutto quel periodo erano stati attenti, partecipi, propositivi, esclusi i soliti due o tre per cui quello che facevamo era una cosa assurda e basta. La sequenza ritmica era basata su suoni elementari, legno, vetro, metallo, battito delle mani, voce, esclusi due rudimentali strumenti, una scatola di latta tagliata e circondata da un filo metallico che pizzicato dava un suono ronzante e prolungato, e una scatola di cartone chiusa, dove, nel suo interno, degli elastici vibravano in modo sordo e sfumato. Le lunghe strisce di carta riportavano i simboli degli strumenti che ognuno usava, e via via che venivano fatte scorrere ogni bambino interveniva con il proprio suono, a volte accoppiato ad altri suoni, a volte sovrapposto alla voce. I cinque che battevano le mani, anche loro seguendo la sequenza come gli altri strumenti, di fatto ampliavano al massimo il loro gesto, facilitando la loro sincronizzazione e sottolineando in questo modo la cucitura di ogni fase che teneva in qualche modo insieme tutto quanto, non essendoci un ritmo riconoscibile ma solo un percorso di suoni dentro al tempo. Maurizio, che con la sua voce roca e il suo comportamento disattento e un po’ violento disturbava regolarmente tutti quanti, fu insignito del ruolo di direttore, impegnandolo a fondo in questo modo nel far rispettare il giusto tempo con cui interpretare la sequenza. La coordinazione con i sei danzatori era fondamentale. Si trattava di seguire un’altra sequenza di posizioni coordinate con i suoni, però usando movimenti plastici, morbidi, ed ottenere questo era risultato un po’ più complicato. Quando fu deciso che c’era la necessità di vestirsi con dei costumi per immedesimarsi bene nella coreografia, furono portati da casa gli involucri di carta metallizzata delle uova di pasqua appena trascorsa, e l’effetto fu meraviglioso, in quanto il fruscio continuo ed entrante che provocava la carta dette un risalto perfetto a tutto l’insieme. Quando tutto fu portato a compimento eravamo tutti soddisfatti, ma siccome era stato il percorso intrapreso che soprattutto ci era piaciuto, decidemmo di non esibirci in alcun spettacolo finale, e l’unica traccia di tutto il lavoro fu una registrazione filmata di quanto era stato fatto, e di quella ogni bambino se ne portò a casa una copia con l’avvertenza di farne esattamente quello che riteneva più opportuno.

            Bruno Magnolfi


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