Dopo
molte incertezze, intuizioni, tentativi, anche la sequenza di posizioni era
stata messa insieme, ed adesso non restava che “montare” il meccanismo e
riprovare tutto da capo. Quasi tutti i bambini di quella quinta classe per
tutto quel periodo erano stati attenti, partecipi, propositivi, esclusi i
soliti due o tre per cui quello che facevamo era una cosa assurda e basta. La
sequenza ritmica era basata su suoni elementari, legno, vetro, metallo, battito
delle mani, voce, esclusi due rudimentali strumenti, una scatola di latta
tagliata e circondata da un filo metallico che pizzicato dava un suono ronzante
e prolungato, e una scatola di cartone chiusa, dove, nel suo interno, degli
elastici vibravano in modo sordo e sfumato. Le lunghe strisce di carta riportavano
i simboli degli strumenti che ognuno usava, e via via che venivano fatte
scorrere ogni bambino interveniva con il proprio suono, a volte accoppiato ad
altri suoni, a volte sovrapposto alla voce. I cinque che battevano le mani,
anche loro seguendo la sequenza come gli altri strumenti, di fatto ampliavano
al massimo il loro gesto, facilitando la loro sincronizzazione e sottolineando
in questo modo la cucitura di ogni fase che teneva in qualche modo insieme
tutto quanto, non essendoci un ritmo riconoscibile ma solo un percorso di suoni
dentro al tempo. Maurizio, che con la sua voce roca e il suo comportamento
disattento e un po’ violento disturbava regolarmente tutti quanti, fu insignito
del ruolo di direttore, impegnandolo a fondo in questo modo nel far rispettare
il giusto tempo con cui interpretare la sequenza. La coordinazione con i sei
danzatori era fondamentale. Si trattava di seguire un’altra sequenza di
posizioni coordinate con i suoni, però usando movimenti plastici, morbidi, ed
ottenere questo era risultato un po’ più complicato. Quando fu deciso che c’era
la necessità di vestirsi con dei costumi per immedesimarsi bene nella
coreografia, furono portati da casa gli involucri di carta metallizzata delle
uova di pasqua appena trascorsa, e l’effetto fu meraviglioso, in quanto il
fruscio continuo ed entrante che provocava la carta dette un risalto perfetto a
tutto l’insieme. Quando tutto fu portato a compimento eravamo tutti
soddisfatti, ma siccome era stato il percorso intrapreso che soprattutto ci era
piaciuto, decidemmo di non esibirci in alcun spettacolo finale, e l’unica
traccia di tutto il lavoro fu una registrazione filmata di quanto era stato
fatto, e di quella ogni bambino se ne portò a casa una copia con l’avvertenza
di farne esattamente quello che riteneva più opportuno.
Bruno
Magnolfi
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