Quando
decisi di vendere me stesso al Demonio, immaginai che mi sarebbe rimasta
comunque la possibilità, quando sarebbero andate avanti le cose, di fregarlo lo
stesso con i miei modi sfuggenti e i miei lunghi silenzi incomprensibili a
tutti. Avevo saputo di un libro che aveva trattato la stessa questione, ma a me
non interessava per nulla. Non era per me, niente affatto, era tutto messo su
ad arte per mamma e per babbo, e quella mia decisione sarebbe stata nei miei
convincimenti la maniera migliore per mostrare il mio vero sentire, la mia
personalità più profonda. Il dottore ai controlli scuoteva sempre la testa
mentre ridevo e toccavo gli oggetti della sua scrivania. La mia mamma lasciava
sempre abbondanti spazi di silenzio in mezzo alle sue pacate parole, e quello
che meno riuscivo a sopportare era quel suo modo così sottomesso alle angustie
del mondo, quelle maniere così rassegnate di affrontare ogni giornata, di uscire
da ogni problema accettandolo con insopportabile carità cristiana. Iniziai col
non rispondere più ad alcuna domanda, come se tutti coloro che si incontrava
con la mamma o col babbo nelle passeggiate in paese, fossero estranei, anzi
stranieri, parlassero una lingua diversa, non si rivolgessero a me, ma a
qualcuno che immaginavano parlasse il loro stesso linguaggio. Mi limitavo a
ridere allargando la bocca coi miei denti un po’ guasti, continuando a tenere
la mano alla mamma e lasciando che tutti avessero da dire qualcosa sul fatto
che io fossi più alto di lei, e che avessi più di trent’anni. Sapevo in ogni
momento che c’era il Demonio con me, e che nessuno avrebbe potuto fregarmi. Poi
continuai a spogliarmi di tutti i vestiti, lo facevo in ogni occasione, quando
nessuno se lo aspettava, ma questo era un dispetto che mi divertiva sopra ogni
cosa. Forse la mamma ed il babbo si vergognavano un poco di me, così
cominciarono a portarmi in giro sempre di meno. Un giorno ebbi un attacco di
tosse, ed iniziò a mancarmi il respiro mentre ero da solo. Vidi il Demonio che
soffriva anche lui dentro di me, così mi versai un bicchier d’acqua e lo bevvi
d’un fiato. La tosse passò poco per volta, però quel dolore e quella paura che
avevo provato non riuscivo più a capire se erano da ricondurre a me stesso
oppure al Demonio. Così non ebbi alcuna perplessità quando mi lanciai giù dal
ponte staccando improvvisamente la mano da quella di mamma, senza che lei
avesse minimamente sospettato una cosa del genere. Sapevo in quella maniera di
fregare il Demonio, così in quella breve frazione di tempo prima che arrivasse
lo schianto riuscii a ridere ancora, proprio di Lui.
Bruno
Magnolfi
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