sabato 30 maggio 2009

Rido di lui.



            Quando decisi di vendere me stesso al Demonio, immaginai che mi sarebbe rimasta comunque la possibilità, quando sarebbero andate avanti le cose, di fregarlo lo stesso con i miei modi sfuggenti e i miei lunghi silenzi incomprensibili a tutti. Avevo saputo di un libro che aveva trattato la stessa questione, ma a me non interessava per nulla. Non era per me, niente affatto, era tutto messo su ad arte per mamma e per babbo, e quella mia decisione sarebbe stata nei miei convincimenti la maniera migliore per mostrare il mio vero sentire, la mia personalità più profonda. Il dottore ai controlli scuoteva sempre la testa mentre ridevo e toccavo gli oggetti della sua scrivania. La mia mamma lasciava sempre abbondanti spazi di silenzio in mezzo alle sue pacate parole, e quello che meno riuscivo a sopportare era quel suo modo così sottomesso alle angustie del mondo, quelle maniere così rassegnate di affrontare ogni giornata, di uscire da ogni problema accettandolo con insopportabile carità cristiana. Iniziai col non rispondere più ad alcuna domanda, come se tutti coloro che si incontrava con la mamma o col babbo nelle passeggiate in paese, fossero estranei, anzi stranieri, parlassero una lingua diversa, non si rivolgessero a me, ma a qualcuno che immaginavano parlasse il loro stesso linguaggio. Mi limitavo a ridere allargando la bocca coi miei denti un po’ guasti, continuando a tenere la mano alla mamma e lasciando che tutti avessero da dire qualcosa sul fatto che io fossi più alto di lei, e che avessi più di trent’anni. Sapevo in ogni momento che c’era il Demonio con me, e che nessuno avrebbe potuto fregarmi. Poi continuai a spogliarmi di tutti i vestiti, lo facevo in ogni occasione, quando nessuno se lo aspettava, ma questo era un dispetto che mi divertiva sopra ogni cosa. Forse la mamma ed il babbo si vergognavano un poco di me, così cominciarono a portarmi in giro sempre di meno. Un giorno ebbi un attacco di tosse, ed iniziò a mancarmi il respiro mentre ero da solo. Vidi il Demonio che soffriva anche lui dentro di me, così mi versai un bicchier d’acqua e lo bevvi d’un fiato. La tosse passò poco per volta, però quel dolore e quella paura che avevo provato non riuscivo più a capire se erano da ricondurre a me stesso oppure al Demonio. Così non ebbi alcuna perplessità quando mi lanciai giù dal ponte staccando improvvisamente la mano da quella di mamma, senza che lei avesse minimamente sospettato una cosa del genere. Sapevo in quella maniera di fregare il Demonio, così in quella breve frazione di tempo prima che arrivasse lo schianto riuscii a ridere ancora, proprio di Lui.

            Bruno Magnolfi


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