Mi piace
stare fermo, fingere indifferenza e intanto osservare le persone che mi
rimangono distanti. Quando poi qualcuno si avvicina a me non ne sopporto più la
presenza: provo un senso di fastidio, gli stessi individui attorno ai quali
curiosavo fino ad un momento prima, perdono improvvisamente per i miei occhi
qualsiasi attrattiva, quell’ interesse con cui guardavo verso di loro si
volatilizza, e la vicinanza di chiunque mi risulta a dir poco sgradevole. Non
ho mai capito perché mi venga così naturale la repulsione verso qualsiasi
persona, quando questa si avvicina verso di me. Non è che provi paura o che mi
paia di subire un danno in qualche maniera. No, piuttosto è un po’
quell’obbligatorietà a visionare dettagli, espressioni, rughe, difetti più o
meno marcati del corpo o della pelle, che mi torna insopportabile. Si potrebbe
volgere lo sguardo altrove, in quei casi, mi si potrebbe obiettare, ma non è
così semplice: la presenza la subisco, ed anche se non vedo la persona vicina,
magari perché sono voltato in un’altra direzione, ugualmente ne sento la
vicinanza, ed immagino così l’alito pesante, l’odore della sudorazione, le mani
sporche, e poi tutti quei dettagli che attraggono la mia mente lasciandola
svuotata. Da lontano le persone sono migliori. Si intravedono gli arti, la
testa, il colore del vestito, e poco più. Il mio luogo privilegiato è il
terrazzino di casa. Da lì osservo tutti, ed affacciandosi da un primo piano
sulla strada, mi permette di vedere, valutare, immaginare, senza che alcuno mi
veda o si possa avvicinare. Certe volte vorrei parlare con qualcuno che magari
passa spesso sotto casa mia, e qualche volta ho provato ad attrarre
l’attenzione di una persona che vedo più spesso di altre, ma mia sorella in
quei casi mi ha subito fatto rientrare. Non accetto in alcun modo neanche lei,
mia sorella, quando con quegli insopportabili modi calmi e paternalistici, mi
guarda negli occhi da una distanza che obiettivamente è troppo ravvicinata, e
disarmando ogni mia intenzione mi impone la sua volontà, mi prende per un
braccio e qualche volta me lo stringe, per farmi capire dove sto sbagliando,
forse, oppure solo perché a lei piace avere le persone vicine, toccarle,
sentirle presenti. A volte mi sono chiesto cosa farebbe mia sorella, se solo
riuscissi a sfuggire alla sua presa sul mio braccio, se solo riuscissi a
tenerla distante, a non permetterle di disarmarmi con la sua presenza.
Bruno
Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento