Fuori
da qui c’è il mondo, lo so, me lo hanno già detto in tutti i modi possibili. Ma
quando io guardo questa mia mano so di stare bene, di non avere più bisogno di
nient’altro, neppure di uscire da questa stanza. Nella mia mano c’è tutto il
potere di cui ho bisogno, nella mia mano c’è tutto il mio mondo, il resto mi è
estraneo, e anche se non mi fa paura, però mi rimane indifferente. La mia mano
si muove, accoglie, stringe, è capace di essere benevola, o dolce, oppure violenta,
ma questo no, non si può fare. Il dottore lo ha detto tante volte, devo
dimenticarmi della mia mano, devo guardarmi attorno, guardare le altre persone,
le altre mani di tutti gli altri. Io sorrido, dico sempre che ha ragione, ma so
che lui non ha capito, perché pensa alla mia mano come ad una mano qualsiasi,
ma non è così. La mia mano è forte, ma sa anche essere dolce, accarezzare i
petali dei fiori, per esempio, prendersi cura di me, dei miei oggetti, dei miei
capelli, a volte, e lisciarli all’indietro in un solo gesto distensivo. Quando
mi amputarono il braccio, dopo l’incidente, non lo sapevo, forse non potevo
neanche immaginarlo, che quello era il braccio della mano superflua, di cui non
mi interessava un bel niente. Però, fu solo in quel momento che riuscii a
comprendere tutto della mia mano, di quella vera, quella da cui nessuno mi
separerà mai.
Bruno Magnolfi
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