lunedì 30 novembre 2009

Segnali.

            

            All’interno del Grande Centro Commerciale la gente era quella di un sabato pomeriggio qualsiasi. Ognuno attraversava continuamente gli enormi fasci di luce brillante, oscillando tra i corridoi e i negozi, senza una meta precisa. Era un pullulare continuo di espressioni, risate, sguardi, parole fugaci e pensieri da niente, come un continuo accendersi e spegnersi di una miriade di piccole lampadine. I due ragazzi si erano messi assieme soltanto da una settimana, come fanno tutti a quindici anni. Si erano sentiti grandi del loro rapporto trovandosi assieme agli amici e alle amiche, ma adesso che stavano soli, per mano, in mezzo agli sguardi di tutti, era già un’altra cosa. C’era la preoccupazione di incontrare un parente, o qualche conoscente dei genitori; però, sopra ogni cosa, c’era quel rendere pubblico quel loro rapporto, che probabilmente era anche una forza, però li coglieva in un momento di debolezza di spirito, persi dietro a un comportamento intimo che sacrificava le proprie individualità, il loro sentirsi soggetto pensante, gestore unico delle proprie espressioni e dei propri comportamenti. Le loro mani unite in mezzo alla calca dimostravano l’unione  indissolubile eppure contemporaneamente fugace del loro bisogno di sentirsi più adulti, già grandi, capaci di affrontare i passaggi naturali della loro esistenza. Camminavano, e cercavano di apparire naturali. Poi la ragazza aveva detto qualcosa a proposito della sua voglia di fermarsi a guardare vestiti, ed il ragazzo aveva risposto in modo un po’ brusco che non gli pareva possibile una cosa del genere, così lei aveva messo su il broncio, ritirando la mano da quella di lui. Lui si era sentito deluso del comportamento di lei, e un po’ dispiaciuto del fatto di doversi mostrare in quel modo, anche se non gli era proprio possibile comportarsi in modo diverso. Così erano andati ancora avanti, svogliatamente, scorrendo vetrine e scansando persone, fino a quando non avevano incontrato delle ragazze che lei conosceva. Grandi saluti, grandi sorrisi: in un attimo, senza necessità di spiegazioni di sorta, lei era rimasta con le sue amiche, e lui si era allontanato da solo, senza voltarsi. Probabilmente così terminavano le piccole storie di quei loro anni, senza neppure spiegarsi, mentre tutta la gente del Grande Centro Commerciale proseguiva imperterrita con la giostra di acquisti e di consumo di massa. La ragazza adesso era triste, quel pomeriggio all’improvviso si dimostrava un inferno, e il ragazzo, perso dentro alla calca, continuava a girare chiedendosi ancora che cos’era davvero più importante per lui. Infine si erano incontrati di nuovo, per caso, ma dopo essersi cercati a lungo con gli occhi, senza neppure averne coscienza, comprendendo in un attimo che si erano mancati l’un l’altra. Non c’era molto da dire, era sufficiente allungare una mano e stringere ancora quella dell’altra, e avviarsi assieme e da soli al reparto vestiario.


            Bruno Magnolfi 

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