Tutto era
già pronto per la partenza. L’agitazione che provocava quell’alzarsi
prestissimo al mattino dopo una notte di sonno leggero e senza sogni, la
preoccupazione di non aver pensato proprio a tutto, di essersi dimenticato di
qualcosa, di non aver lasciato forse l’ultimo saluto a qualcuna delle persone
più vicine, di fare davvero oppure no la cosa giusta con quell’atto coraggioso,
ecco, tutto questo era nell’aria più di qualsiasi altro elemento. Nella cucina
e nell’ingresso dell’appartamento le luci erano già accese da parecchio, prima
ancora che il giorno avesse minimamente provato a dar segno di sé, e il tepore
della casa mescolato a quel profumo di caffè così familiare, sottolineavano la
distanza profonda con il buio freddo del mondo appena fuori dalla finestra. Le
valigie erano già chiuse, e ormai non c’era più neppure il tempo per ricordarsi
di prendere qualche altra cosa.
L’uomo doveva partire, era come se
tutto negli ultimi tempi fosse precipitato velocemente fino a quel punto, ma
pur con quella sensazione di incombenza delle cose, con quel bisogno di
cambiare tutto della propria vita, pur con quella consapevolezza che non era
più possibile tornare indietro neanche di un passo, che le scelte erano ormai
fatte e si doveva essere forti ed affrontare la nuova realtà, nonostante tutto
un piccolo pensiero pazzo girava ancora fuori e dentro la sua testa. Andò nel
bagno e si guardò nello specchio: si era già sbarbato, la sua faccia era liscia
e seria, le sue rughe ricordavano l’importanza del tempo, della vita, delle
scelte; la sua espressione definiva la realtà assoluta di ogni cosa da cui era
stato circondato fino ad allora, e che stava cambiando, nettamente: “Ora!”,
pareva ripetere l’immagine di fronte; era sufficiente un solo gesto, una
convinzione finale, risolutiva. Tutto era pronto, meno che il suo coraggio, la
sua certezza.
Aveva organizzato ogni particolare
fino a quel momento nella speranza che la sua indole si fosse piegata alla
concretezza delle cose, alla veridicità delle decisioni prese, ma ancora
tentennava, ancora serpeggiava dentro di lui un dubbio, una perplessità
nascosta alla quale era peraltro impossibile anche soltanto pensare, come se un
componente diverso da tutto il resto rimanesse lì ad aleggiare senza neppure un
fine preciso, solo per installare ancora dubbi, come fosse un gioco, un modo
come un altro per scherzare con la vita.
Gli venne in mente in modo automatico
un ricordo di quando era piccolo ed era ancora viva la mamma. Lei, come si
faceva in quegli anni nelle famiglie con pochi mezzi, aveva preparato le
forbici per tagliargli i capelli, un taglio a spazzola, come si usava per i
bambini in quell’epoca. Ma lui era corso a nascondersi, sdraiandosi sotto ad un
letto, e per quanto tutti in casa continuassero a chiamare e a cercarlo, lui
rimase dov’era fino quasi all’ora di cena. Ecco, era lo stesso anche adesso, si
sentiva preda di una situazione che avrebbe voluto evitare, ma purtroppo adesso
era impossibile.
Osservò ancora una volta la sua roba
già pronta, guardò nuovamente fuori dalla finestra, sentì prepotente dentro di
sé quel gusto amaro delle cose che si vorrebbe non affrontare. Infine, con
gesti meccanici, quasi nervosi, aprì tutte le valigie e sparpagliò i vestiti e
gli oggetti sopra al suo letto: “Non è questo il momento”, pensò, “non è l’ora
in cui devo partire”, decise di colpo; e si sentì subito meglio.
Bruno
Magnolfi
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